Corriere della Sera, 8 maggio 2019
Le specie «aliene» in cucina
Piccolo e bluastro, una volta lo si trovava solo nei fondali del Mar Rosso. Ma anche lui, insieme a un’altra ventina di specie aliene, sta facendo sempre più spesso capolino tra le reti dei pescatori italiani. Nel caso del granchio blu, a risentirne maggiormente è stata prima la Tunisia, dove è partita la diffusione cambiando gli equilibri ecologici. «Si tratta, però, di una questione di anni – spiega Franco Andaloro, biologo e direttore del centro interdipartimentale siciliano della Stazione Zoologica Anton Dohrn —, poi arriveranno in maggior quantità anche da noi». Come hanno già fatto i pesci flauto o quelli coniglio, parte delle oltre mille specie aliene, appunto, tra crostacei, molluschi, alghe e varietà ittiche, presenti nel Mediterraneo. «Si tratta di una bio-invasione iniziata dall’apertura del Canale di Suez e arrivata a noi a causa delle modifiche delle correnti e il riscaldamento delle acque, cioè della tropicalizzazione dei nostri mari», continua Andaloro.
C’è chi però ha deciso di affrontare il problema e trasformare il danno in una risorsa. Dimostrando come alcune di queste varietà si possano cucinare. I protagonisti di questa resilienza gastronomica saranno presenti alla nona edizione di Slow Fish, l’evento organizzato a Genova da Slow Food, che offrirà nel porto antico della città, da domani fino a domenica, un vasto spaccato del comparto ittico. A partire proprio dal granchio blu, al centro di un progetto internazionale che vede coinvolto sempre Andaloro, membro anche del comitato scientifico della manifestazione, finalizzato a sensibilizzare i consumatori sul suo utilizzo a tavola.
È questo, insomma, uno dei modi per arginare il problema dovuto ai cambiamenti climatici. Come insegna, per esempio, anche Ernesto Palma, proprietario dell’«Antica Osteria la Sciabica» (Brindisi). Il quale per diminuire la quantità di pesci serra – specie termotollerante che si sta spingendo sempre più a nord —, ha cominciato a utilizzarli in cucina, scoprendo come «siano quasi più buoni e gustosi del branzino», assicura Palma.
E anche Vittorio Fusari, chef del «Balzer» (Bergamo) sta affrontando così l’invasione dei pesci siluro nel lago d’Iseo. Originari dell’est Europa, «importati» in Italia per la pesca sportiva, si sono rivelati molto più resistenti. «Sono dei predatori feroci senza antagonisti nei laghi italiani. L’unica soluzione è quella di iniziare a mangiarli, per ridurne la quantità», spiega. Lui allora ha trasformato la carne in un ceviche, tecnica di marinatura sudamericana. E proprio dal Sudamerica arriveranno, questo weekend a Genova, altri esempi di comunità che hanno inserito nei loro ristoranti pesci «alieni». Trasformandoli in piatti di punta, dal nome non così extraterrestre.