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 2019  maggio 08 Mercoledì calendario

Biografia di Gioacchino Caianiello

Un «uomo-partito», capace di imporre candidature e posti ai vertici in aziende pubbliche. Chi ha conosciuto da vicino Gioacchino Caianiello, per tutti «Nino», finito in manette come figura centrale dell’indagine sulla corruzione fra Milano, Brianza e Varesotto, lo descrive così. Il sostituto procuratore milanese Luigi Furno invece usa altre parole, parla di un «sovrano» a capo di un sistema feudale a cui i vassalli riconoscono la decima. Una metafora efficace che mette a nudo un vero e proprio sistema di potere attorno a quello che tutti chiamano «il mullah».
Napoletano del rione Sanità, classe 1958, Nino Caianiello cominciò la sua militanza politica nel Psi ai tempi di Craxi, per poi approdare in Forza Italia. Ma proprio negli anni dell’impegno politico con gli azzurri, in molti si ricordano di quell’esperto di «smorfia» con inconfondibile accento partenopeo che consigliava i numeri da giocare su tutte le ruote nelle tv private. Era lui, «Nino», uomo dalle mille conoscenze, con una ricevitoria del Lotto in pieno centro di Gallarate, nel Varesotto, città da sempre suo quartier generale e dove via via riuscì a ricoprire ruoli di primo piano nel partito, e dove fu anche assessore.
Il sistema
Classe 1958, ha iniziato la sua carriera politica nel Psi. Il sostituto procuratore lo definisce come un «sovrano» a capo di un sistema
Dove c’era da aggiustare, arrivava Caianiello: lo si poteva trovare a tarda sera in una sperduta assemblea nelle valli per «fare» il presidente di una Comunità montana, ai tavoli per decidere i nomi dei futuri parlamentari o per una poltrona in Consiglio regionale. Proprio come avvenuto alle ultime elezioni, in cui bastò l’indicazione di «mancato gradimento» su un candidato (nello specifico Luca Marsico) per favorire il suo protetto, Angelo Palumbo, poi puntualmente eletto al Pirellone. Coinvolto in indagini di peculato per l’uso di telefoni aziendali quando era presidente del Cda della municipalizzata Amsc e poi assolto in Cassazione, è stato invece condannato in via definitiva nel 2017 a tre anni per concussione in merito alla realizzazione di un supermercato a Gallarate.