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 2019  maggio 08 Mercoledì calendario

Come deviare un asteroide

Ian Carnelli è responsabile di Hera il satellite che dovrebbe essere lanciato nel 2026 I dinosauri non avevano un’agenzia spaziale”. Ha esordito così, Ian Carnelli, 43 anni, ingegnere milanese, durante il convegno dedicato alla “space safety”, a gennaio nella sede di Darmstadt dell’Agenzia spaziale europea. È il responsabile della missione Hera, la sonda che avrà il compito di misurare gli effetti dell’impatto di una sonda lanciata contro un asteroide: «Siamo la prima generazione ad avere le tecnologie pronte per deflettere un asteroide, i primi a poterle testare per vedere se funzionano», spiega. In un futuro, potrebbero salvarci dalla fine che fecero proprio i dinosauri, evitando un impatto con la Terra. Dopo la laurea al Politecnico di Milano, Carnelli è approdato all’Esa nel 2005, per occuparsi di missioni di questo tipo. «Mi sembrava fantascienza – dice – non avevo mai studiato gli asteroidi ma ho avuto la fortuna di lavorare con i più grandi esperti, come Giovanni Valsecchi e Andrea Milani. È una comunità meno numerosa rispetto ai” marziani”, fatta di persone generose e appassionate. L’Esa è stata tra le prime a occuparsene, ma mai con una missione spaziale. Ora sarebbe un’occasione persa non provarci». Nel 2022 la sonda Dart della Nasa prenderà di mira l’asteroide binario Didyoms, composto da un corpo principale e una” luna” che misura 160 metri di diametro, battezzata Didymoon. Dart andrà a colpire quest’ultima, quando la coppia si troverà molto vicino alla Terra. Cosa può accadere? «Ci aspettiamo che l’impatto possa produrre una coda come quella di una cometa – risponde – e da Terra si potrà seguire in tempo reale una missione spaziale anche con telescopi piuttosto piccoli». Assieme a Dart ci sarà anche LiciaCube, minisatellite dell’Agenzia Spaziale Italiana che documenterà l’impatto. Per la prima volta sarà deviato in maniera misurabile un oggetto del Sistema solare. La scelta di colpire la luna di un asteroide darà la garanzia di non deviarlo col rischio renderlo pericoloso per il nostro Pianeta. Hera arriverà in orbita attorno a Didymos nel 2026. La missione diretta da Carnelli attende di essere finanziata quest’anno, durante la Ministeriale dell’Esa a dicembre: «Senza Hera sarebbe un esperimento un po’ zoppo – riflette l’ingegnere milanese – perché non sapremmo se Dart è stato realmente efficiente e ci mancherebbero tutti i dati necessari a validare i nostri modelli». Hera dovrà dirci se la tecnologia per deviare un asteroide, un giorno, potrà essere usata contro una minaccia che si avvicina: «Gli effetti dipenderanno dalla struttura dell’asteroide, se poroso o monolitico. Se fosse di un materiale molto leggero e poroso, l’urto potrebbe eiettare materiale e questo aumenterà l’efficienza della spinta. Allora potremmo essere in grado di deflettere asteroidi anche molto più grandi di un chilometro di diametro». Bestioni in grado mettere a rischio la vita in tutto il Pianeta. La sonda avrà le camere come strumenti principali, per mappare l’asteroide anche agli infrarossi e fare una scansione 3D del cratere. Sono state prese dagli “scaffali” della missione Dawn della Nasa, che ne aveva realizzate quattro in più: «Due sono già qualificate per operare nello spazio – sottolinea Carnelli – le abbiamo prese noi. Hera è una missione low cost, soprattutto perché metà dell’esperimento ( l’impatto, ndr) è condotto dalla Nasa. In tutto parliamo di 290 milioni di euro. Un costo molto basso per una missione nello spazio profondo. La accompagneranno due minisatelliti, grandi come valigette, con un radar per fare una specie di radiografia alla struttura interna della luna; una camera iperspettrale per analizzare la composizione e un gravimetro per la gravità». La Planetary defence conference tenutasi nel Maryland ha riconosciuto la missione Hera come “cruciale” per testare questa tecnologia, incoraggiando gli Stati membri dell’Esa a supportare la missione alla prossima Ministeriale: «Spero che anche l’Agenzia spaziale italiana cambi idea e mostri interesse – conclude Carnelli – perché ci sono alcune tecnologie innovative prodotte da aziende nel nostro Paese che vorremmo utilizzare, dalle nuove celle solari di Leonardo alle schede Sitael per l’elaborazione delle immagini a bordo. Ma soprattutto, nel caso in futuro dovesse presentarsi un asteroide in collisione certa con la Terra, avremmo un design già testato, solo da costruire e lanciare»