Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  maggio 07 Martedì calendario

Luigi Lo Cascio: «Vi leggo la grande favola cosmica di Levi»

Luigi Lo Cascio, attore e regista, è nato a Palermo.
Terzo passo per il progetto «Me, mi conoscete», che la fondazione Tpe dedica a Primo Levi. Dopo la messa in scena di «Se questo è un uomo», interpretato e diretto da Valter Malosti e dei due «racconti minerali» – secondo la definizione dell’autore – «Piombo» e «Mercurio», rispettivamente affidati a Nino D’Introna e Richi Ferrero, tocca ora al «Sistema periodico», in scena da stasera (ore 21) a domenica all’Astra. La drammaturgia è curata da Domenico Scarpa assieme a Malosti, che firma anche la regia, mentre il progetto sonoro è di Gup Alcaro. Protagonista, Luigi Lo Cascio, alla sua prima collaborazione con il Tpe.
Lo Cascio, conosceva già questo libro di Levi?
«No, anzi, non avevo mai letto nulla di suo. Avevo l’idea che Levi fosse uno di quegli autori che non puoi affrontare in modo sporadico. Forse aspettavo l’occasione giusta per avvicinarlo: e non è un caso che oggi a casa mia ci siano tanti suoi libri. È un autore grandissimo, in cui si fondono tre anime distinte e complementari: quella dello scrittore, quella del chimico e quella del testimone. Ciascuna è funzionale all’altra. Per dire, nella sua scrittura emerge molto della sua professione di chimico. La sapienza nello scegliere le parole, nel maneggiarle come fossero elementi, la precisione da scienziato nel raccontare gli eventi, la pazienza di chi sa attendere che la sensazione, l’emozione giusta affiorino e si facciano scoprire, l’urgenza di divulgare con un lessico che non metta in imbarazzo il lettore meno colto».
Cosa l’ha colpita particolarmente nel «Sistema periodico» e come inviterebbe il pubblico a vedere questo spettacolo?
«Sinceramente credo che Primo Levi non abbia bisogno della mia intercessione per avere credito presso il pubblico. Posso dire, però, che siamo davanti al testo più importante in assoluto di Levi: quello che, per dire, lo ha fatto conoscere nel mondo anglosassone. Forse anche per il suo piglio da grande favola cosmica, per una dimensione che dal piccolo orizzonte delle cose umane e dal microcosmo degli elementi di cui noi tutti siamo composti si allarga ad accogliere l’universale».
In che senso definisce questo spettacolo una lettura-concerto?
«Siamo partiti, ovviamente, dal testo di Levi e, per quanto dei ventuno elementi chimici a cui si ispira l’originale, ne abbiamo dovuti selezionare solo alcuni, come idrogeno, cerio e vanadio, direi che siamo riusciti a omaggiare al meglio “Il sistema periodico”. Ma sul testo ha lavorato anche Gup Alcaro, che ha creato un impianto sonoro articolato, per cui la parola si iscrive un’atmosfera acustica, una composizione vera e propria. Come quando Levi racconta il suo rapporto con il dottor Müller, un chimico tedesco che fu suo superiore nel Lager: ecco, Gup, in quel caso, ha mixato il parlato delle epistole che Levi scrive con il ticchettio della macchina, con un esito sonoro quasi rappato».
Lei a Torino ha vissuto bei momenti di vita professionale: che ricordo ne ha?
«Un ricordo molto vivido e l’idea di avere fatto esperienze uniche, a partire da quando, chiamato da un genio assoluto come Luca Ronconi, partecipai a quel grande evento culturale che fu l’allestimento della sua “cinquina olimpica”, in un momento cruciale per Torino, con la città che viveva grande fermento. Tutto era eccezionale in quei giorni: ricordo persino una notte bianca in cui i torinesi, eccezionalmente, si scoprirono tiratardi. Ma in questa città sono stato anche a girare “La meglio gioventù” e poi un film per la televisione, “Il sogno di un maratoneta”, che raccontava la storia di un atleta emiliano, Dorando Pietri: un lavoro che, grazie alla lungimiranza di Filmcommission, fu girato interamente qui, anche se la vicenda si svolge fra l’Emilia, Londra e Parigi. Nei confronti di Torino ho un solo rimpianto: quando ci vengo, lavoro molto e pochissimo tempo per girarla come vorrei».