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 2019  maggio 07 Martedì calendario

Le miss americane sono nere

"Black is beautiful": cinquant’anni dopo quello slogan emblema dell’orgoglio nero e di tante battaglie per i diritti civili, l’America ammette finalmente che sì, la pelle nera è bella davvero. Lasciando, per la prima volta nella storia, che ad aggiudicarsi il podio dei tre principali concorsi di bellezza del paese siano tre afroamericane. Cheslie Kryst, attivissima avvocatessa di 28 anni con la fascia della Carolina del Nord incoronata Miss Usa giovedì. La diciottenne Kaliegh Garris, aspirante infermiera del Connecticut, nuova Miss Teen Usa. E Nia Franklin, 25 anni, la musicista (ha composto un’opera) vincitrice dell’ambitissima corona di Miss America.
Per carità, era già accaduto in passato che bellezze afroamericane venissero incoronate reginette dei più celebri concorsi. Ma le tre vittorie consecutive rappresentano davvero una piccola rivoluzione: culturale, s’intende. Tanto più nel mondo dei “pageants”, le gare di bellezza appunto, dove gli episodi di segregazione e razzismo sono sempre esistiti. Prendete Miss America, il concorso più antico: nato nel 1921, si è aperto alla sua prima concorrente nera, Cheryl Browne nel 1970. E solo perché erano ancora accesissime le polemiche legate all’edizione 1968: quando, proprio mentre lo slogan “Black is beautiful” adottato nel 1962 da un gruppo di artisti era ormai il mantra del movimento antisegregazionista, gli organizzatori di Miss America sostennero che le donne nere non rientravano nei canoni di bellezza “americani”. Facendo sfilare solo miss bianche. Per protestare contro una visione così stereotipata, nella stessa Atlantic City dove si teneva il concorso “all white” si organizzò, in contemporanea il primo “Miss Black America": vinto dalla diciannovenne Saundra Williams.
Bisogna d’altronde aspettare il 1983 per vedere la corona di Miss America sul capo della prima reginetta afroamericana Vanessa Williams. Peccato che a quel titolo dovette poi rinunciare: per colpa dello scandalo scatenato da certe sue foto nude, scattate anni prima della sua partecipazione al concorso ma ripescate e pubblicate dalla rivista Penthouse dopo la vittoria.
Non era la prima Miss America a posare senza veli: fu l’unica a cui il titolo venne tolto. Solo nel 2016 l’allora organizzatore del concorso – quel Sam Haskell poi costretto a lasciare, dopo la pubblicazione nel 2017 di mail misogine dove derideva le ragazze in gara – le chiese scusa, ammettendo: «Privarla della vittoria fu un grave errore a cui lei rispose con grazia e dignità».
Oggi a cambiare le cose hanno contribuito le istanze del movimento #MeToo. Anche grazie a certe denunce da quest’anno la sfilata in costume da bagno, ad esempio, è bandita. E rispetto alla mera apparenza si pone più attenzione alle qualità lavorative e sociali delle ragazze. «Siete delle apripista, avete vinto alle vostre condizioni», si congratula intanto Kamala Harris, l’ex procuratrice afroamericana in corsa per la presidenza degli Stati Uniti. Nella speranza, forse, che il “black is beautiful” torni ad imporsi anche sulle passerelle della politica.