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 2019  maggio 07 Martedì calendario

I migranti in Europa diventano obesi e depressi

Obesità e malattie mentali. Ecco cosa rischiano, dal punto di vista sanitario, i migranti che giungono in Europa. Oltre al “carico” di malattie infettive che si portano dietro dal Paese d’origine insieme alle speranze di una vita migliore. In sintesi, partono più o meno in buona salute, arrivano – quando arrivano – con buone possibilità di peggiorare. Lo dice l’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, che ieri a Roma ha presentato il primo Rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti nella Regione europea per promuovere la salute dei migranti e contrastare le malattie legate alla povertà. Anzi – spiega Piroska Oestlin, che dell’Oms è il vicedirettore – non solo è importante «fornire cure ai migranti che si ammalano», ma anche «mantenerli in salute» perché «se riusciremo a fare questo i risultati saranno straordinari per tutta la società». 90 milioni Sono 90 milioni in quella che l’Oms definisce Regione europea, che conta 920 milioni di persone (oltre all’Europa, ne fanno parte Russia, Israele, Turchia e Kazakhastan), ovvero il 10% della popolazione generale e il 35% della popolazione migrante mondiale. Di questi il 7,4% gode dello status di rifugiato. È su questi numeri che dal 2014 si è iniziato a lavorare per stilare il primo rapporto del genere, ossia uno scatto sullo stato di salute di chi arriva da un paese straniero. Mentre sono 13mila i documenti sanitari studiati per stilare il rapporto. Ne emerge che le infezioni da virus dell’epatite B e C sono più comuni tra le persone provenienti da Paesi in cui il virus è endemico, che Hiv e microinfezioni da batterio siano le principali cause di morte tra la popolazione di migranti e rifugiati nell’area Europa dell’Oms (nella sola Ue la percentuale è del 33%), ma che i sistemi nazionali, quello italiano in primis, sono preparati a riconoscere e ad affrontare questo tipo di emergenze. I danni si riescono a limitare e la situazione è, tutto sommato, sotto controllo. stress in agguato Ma, e questa è la nota dolente, al momento non si può dire lo stesso per le problematiche legate alle malattie mentali, che possono scaturire anche da un disagio sociale, e quelle legate alla salute materno-infantile. Vivere a lungo in un contesto sociale negativo, si evince dallo studio, caratterizzato da una scarsa propensione all’integrazione, può far “uscire” pazzi. Di numeri non c’è traccia, ma quel che è certo è che con il prolungamento della permanenza nel paese ospitante, i potenziali “pazzi” potrebbero raggiungere quelli dei Paesi ospitanti. La depressione, per esempio, è alle porte, anche perché chi riesce ad arrivare a destinazione, porta con se un bagaglio di traumi non indifferente che va ad aggiungersi all’isolamento sociale e alla povertà economica. pericolo grasso Ma c’è di più. I corpi scolpiti degli uomini e quelli femminili senza un filo di grasso “occidentale” sono a rischio obesità una volta messo piede nella terra tanto sognata. Si presume per via del cibo che non deve essere proprio da stella Michelin, come del resto non lo è per la maggior parte degli italiani. Per questo aumentano anche i rischi di malattie cardiovascolari. E se sono immuni, o quasi, dai tumori, che tanto attanagliano la nostra società, è sul lavoro che sono più sfortunati. Secondo il rapporto dell’organizzazione Onu, infatti, gli incidenti tra gli uomini che riescono a trovare un lavoro sono più frequenti di quelli che avvengono agli autoctoni. Il futuro delle donne in gravidanza, invece, è legato anche al loro grado di istruzione e all’efficacia delle politiche di integrazione. più assistenza In definitiva, si legge nel lavoro dell’Oms, in questi anni ci si è concentrati molto sulle malattie infettive, poco su quelle considerate non-infettive, in cui rientrano la salute mentale, quella delle mamme e dei bambini, quella dei lavoratori. Per questo l’obiettivo è di accorciare le distanze e rendere più facile, secondo l’Oms, l’accesso ai servizi di sanità pubblica. Cosa succederà in questo senso lo sapremo nel prossimo lavoro dell’Oms. «L’esame di circa 13.000 documenti sanitari provenienti dai Paesi della Regione europea dell’Oms dimostrano che non c’è un aumento della trasmissione delle malattie infettive da parte della popolazione migrante», ha osservato il ministro della Salute Giulia Grillo, «bisogna, invece, sottolineare che i migranti hanno tassi di mortalità più bassa per malattie come le neoplasie che per noi rappresentano il più grande problema dal punto di vista della mortalità, e acquisiscono i problemi di salute del territorio dove vanno ad abitare».