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 2019  maggio 07 Martedì calendario

Maria Fida Moro chiede al Papa di non fare beato suo padre

Maria Fida, primogenita di Aldo Moro, ha scritto una lettera al Papa per supplicarlo di non fare beato suo padre, ucciso dalle Brigate rosse l’8 maggio 1978. Gli chiede di bloccare le indagini in corso per accertarne le “eroiche virtù”. La signora è sicura sia santo, ma ritiene che sia un’offesa al proprio genitore il modo con cui si sta cercando di innalzarlo sugli altari. Il processo canonico di beatificazione oggi alle fasi iniziali (Moro è “servo di Dio”) è diventato a suo giudizio un’ignobile gara tra bande ecclesiastiche e politiche per far bottino dell’aureola paterna a scopi di potere. Ci sono, dice, «infiltrazioni ributtanti». Un’accusa gravissima, che è stata accolta da un inspiegabile “silenzio”. Ora Maria Fida lo rompe, perfettamente consapevole di essere considerata «cattiva e anche pazza», come ha dichiarato durante la sua audizione alla commissione d’inchiesta parlamentare sul Caso Moro il 2 novembre del 2016. Al di là della vicenda specifica riguardante lo statista democristiano e le relative beghe, una simile denuncia non meraviglia chi frequenti il sacro retrobottega. La Chiesa – nel procedere su sentieri che il profano immagina liberati dai sassolini grazie al battito d’ali di schiere angeliche – è molto umana, inciampa nella coda del diavolo, ma poi si tira su infallibilmente. Il processo è fin troppo umano, ma la sentenza finale, cioè la proclamazione della santità di un battezzato, è divina: impegna infatti l’infallibilità del Pontefice. Prima può succedere di tutto, a quanto pare. Fonti primarie assicurano sia in possesso di papa Francesco un dossier messo a punto dai tre cardinali inquisitori (Herranz, De Giorgi e Tomko), nominati a suo tempo da Benedetto XVI. In quelle pagine oltre alle diramazioni della lobby gay, si scoprono, è il caso di dirlo, alcuni altarini in riferimento a certe cause di beatificazione. Ci sarebbe qualcosa di più che sospetti riguardo a casi di corruzione e addirittura di riciclaggio per accelerare, ma anche per frenare o inquinare le indagini su candidati all’aureola. Non a caso Bergoglio ha collocato nel 2018 come prefetto al dicastero delle Cause dei Santi, e fatto cardinale, un uomo a lui vicinissimo, come il sardo Giovanni Angelo Becciu.

IL DOLORE DELLA PRIMOGENITA
La lettera di Maria Fida è stata rivelata ieri da Huffington Post. Trasferisce nel lettore il dolore fortissimo di una figlia che non si capacita di silenzi inspiegabili davanti a denunce da lei depositate a chi di competenza. Ecco le parti salienti del testo: «Santità, la prego dal profondo del cuore di interrompere il processo di beatificazione di mio padre Aldo Moro sempre che non sia invece possibile riportarlo nei binari giuridici delle norme ecclesiastiche. Perché è contro la verità e la dignità della persona che tale processo sia stato trasformato, da estranei alla vicenda, in una specie di guerra tra bande per appropriarsi della beatificazione stessa strumentalizzandola a proprio favore». Traduzione: questo processo è deragliato dai binari della legalità. Meglio fermarlo prima che travolga innocenti e la stessa persona di Moro. Se il Papa non ritiene possibile raddrizzare il corso delle cose, per favore chiuda. La richiesta appare nella sua ingenuità irricevibile. Non è in potere di un parente bloccare il diritto dei fedeli di tutto il mondo a conoscere e venerare una persona che sia degna di essere riconosciuta santa. Valgono le stesse regole, rovesciate, di un processo per omicidio. Dopo il rinvio a giudizio, l’imputato di santità o di assassinio va giudicato sulla base di prove. E il fatto che ci siano depistaggi non è un buon motivo per arrendersi nella ricerca della verità. Tanto più che in questo caso Maria Fida, proprio nel momento in cui chiede di non farlo beato, è certa che il papà Aldo è un santo. Scrive infatti al Papa: «… so che mio padre è in salvo per sempre nella perfetta letizia dell’eternità e nessuna bruttura può ferirlo. Ma preferirei mille volte che non fosse proclamato Santo – tanto lo è – se questo deve essere il prezzo: una viscida guerra fatta falsamente in nome della verità». Implora Francesco: «Regali, se può, a mio figlio Luca (nato nel 1978, ndr) ed a me una giornata di pace in mezzo alla straordinaria amarezza di una non vita. Che il Signore la benedica. Mio padre, dal luogo luminoso in cui si trova ora, saprà come ringraziarla».

LA CAUSA
La causa di beatificazione è iniziata nel 2012, e il postulatore (cioè il difensore della candidatura) avvocato Nicola Giampaolo ha raccolto documenti fino al 2016. Dopo di che è salita di livello con l’apertura dell’indagine vera e propria. 50 vescovi e 25 cardinali oltre a personalità politiche e istituzionali a cominciare dall’attuale governatore della Puglia Michele Emiliano, avevano richiesto questo passo. Subito è stato nominato un nuovo postulatore, il padre domenicano Gianni Festa, una scelta che Maria Fida reputa non proprio cristallina. Ma a quali cordate allude? La forte polemica intrapresa dalla primogenita di Moro contro l’ex parlamentare pugliese del Pd, Gero Grassi, che sta svolgendo centinaia di conferenze in tutta Italia, avendone la delega vera e propria dalla Regione Puglia, lascia intendere che la signora tema la strumentalizzazione politica del padre, trasformato in nume tutelare del Partito democratico. Maria Fida Moro è stata parlamentare di Rifondazione comunista, nel 2008 ha aderito a Torino al Vaffa-day di Grillo. Ha dato causa allo Stato. È in rotta con il resto della famiglia. Ovvio che questi siano elementi che non aiutino la sua denuncia. Pare difficile però negare l’evidente pressing di uomini ex Margherita per fare di Moro il patrono del Pd. Quasi a voler far arrivare prima il politico pugliese nella corsa agli altari cui sono già avviati don Sturzo, De Gasperi e La Pira. Certo impressiona leggere l’esordio della citata testimonianza in Parlamento, in gran parte segretata. «Io, Maria Fida Moro, sono quella cattiva e anche pazza, perché ho sempre scelto di fare quello che chiedeva papà, unica in tutta la mia famiglia. Questo mi ha portato dei danni quasi irreparabili, dei quali però sono fiera, perché, se essere pazzi significa restare fedeli, fedeli a una persona che è stata veramente lasciata molto sola, per non dire totalmente sola, allora va bene così. Quindi, sono cattiva e pazza perché ho scelto di fare la volontà di mio padre».