Libero, 7 maggio 2019
Facci risponde a Manconi
C’era la discussione tra Pietro Senaldi ed Enrico Mentana, su Libero di ieri, che riguardava il rapporto tra titolazione e contenuti, nonché la tendenza dell’Ordine dei Giornalisti a trattare alcuni coi guanti e altri con la bacchetta. E poi c’era l’articolo di Luigi Manconi pubblicato sul Corriere della Sera, domenica, dedicato ai «professionisti dell’anticonformismo» che pure era interessante: spiegava che «dagli esibizionisti agli intellettuali colti, è tutta una corsa a dare scandalo in maniera gratuita. Ma l’aspetto peggiore è attribuire il connotato del coraggio a sparate che sono solo puerili e compiaciute». L’articolo spiegava che nei talkshow fioccano soggetti affetti da sindrome del «Biastiancontrarismo» i quali giungono a esibizionismi patologici da narcisisti disadattati, roba che non di rado viene scambiata per «coraggio» o «sincerità», ma che non fa che risollevare pulsioni oscure e conformistiche. Luigi Manconi cita come campione negativo il dottor Alberico Lemme, conosciuto come dietologo gettonato in tv (Lemme, se crede, si difenderà da solo) ma poi, citando «casi di tutt’altra consistenza», sceglie di citare lo scrivente.
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Pur non risparmiandomi elogi (che aggraverebbero il problema, se autentici) Manconi mi cita tra gli «intellettuali dell’anticonformismo», facendo l’esempio di una mia frase a cui hanno attribuito «sincerità» e «coraggio». Questa: «A me tutte le persone che hanno bisogno di riscoprire le questioni ambientali attraverso quella specie di mostriciattolo di Greta... Lei, mi viene da investirla con la macchina». Ora: la battuta è vera, non è originale né coraggiosa, ma l’ho detta in coda a La Zanzara, programma scanzonato dal quale mi avevano telefonato per parlare di tutt’altro. Non mi sto giustificando: dico solo che Manconi forse poteva fare degli esempi più ficcanti e soprattutto ricorrenti (io in tv vado pochissimo) anziché fare di me e Lemme due simboli: e lo dico perché il tema è interessante e andrebbe esplorato bene. Qui, forse, Manconi non ha difettato di sincerità, ma di coraggio sì. Non di questo m’importa. M’importa di spiegare come tuttavia funziona una certa cosa che riguarda tanti ospiti televisivi e non solo. Parto ancora da me per comodità. Quando ho opinioni relativamente normali o maggioritarie – e ne ho – il primo a non filarmi è proprio il sistema dei media. Oggi, prima di chiamarti come ospite, a meno che tu sia stra-famoso o scontatissimo nelle tue opinioni, ti sondano: e magari, appurato che tu abbia una posizione non estrema o non originaloide, finisce che l’invito salta. Intendiamoci: pazienza, mica si può cambiare opinione per farsi invitare in quelle arene abbruttite che sono diventate molti talkshow. Ma che tutti gli altri facciano lo stesso, beh, non ci giurerei. L’altro giorno mi hanno sondato sulla castrazione chimica: ero favorevole, ma con moderazione; però gli autori del programma forse cercavano, chessò, qualcuno che volesse castrare gli stupratori con le tenaglie. Ecco, se fossi stato io mi avrebbero steso una passatoia. Invece, personalmente, pur snobbando la tv – problema non grave: per andare in tv, oggi, c’è una fila di gente disposta a dire qualsiasi cosa – spesso finisce che m’invitano solo quando ho posizioni che a me sembrano assolutamente normali, ma ad altri – e me ne stupisco ogni volta – no. Io in realtà penso questo: di dire cose ovvie e normali. Dopo 25 anni di tv, quando mi bollano come anticonformista, riesco ancora a stupirmi. Per capirci: penso – ma sembrerà originaloide anche questo – che neanche uno come Sgarbi sia un anticonformista forzato. Ma altri – Manconi ha ragione – penso proprio di sì, complici i giornalisti che li invitano. Anche perché molti talkshow perpetuano lo stesso bipolarismo cretino che a parole dicono di voler combattere: le scalette sono fatte così, con bilancini truccati, si chiedono opinioni precotte che più sono manichee e meglio è.
DISPOSTI A TUTTO
Non interessa che qualcuno conosca o spieghi bene un caso: interessa che qualcuno s’azzuffi anche su quello. Dopodiché, sul caso, ne saprete probabilmente quanto prima: però le risse finiranno in rete o sulle homepage. Mentre le posizioni articolate, terze, che non marchiano dei colpevoli da spedire all’inferno, beh, interessano meno. Ma non si salvano neanche quelle: perché la media tra due posizioni sbagliate resta una posizione sbagliata, o più spesso confusa. E i giornalisti, magari, la scambiano per l’aria che tira («il nostro sondaggio») perché loro sono così, non fanno che parlare del Paese e non fanno che illudersi che possa coincidere con le loro percentuali d’ascolto. Ma stanno solo censendo una retroguardia culturale.