Il Sole 24 Ore, 7 maggio 2019
Fondere Deutsche Bank è uno sbaglio
La Germania non ha bisogno di campioni nazionali ma deve per contro modernizzare il suo sistema bancario abbattendo le barriere tra banche pubbliche e banche private e riducendo il peso dello Stato e delle banche di sviluppo. L’Europa ha invece bisogno di più fusioni transfrontaliere e un mercato bancario europeo in grado di finanziare l’economia reale anche in tempi di crisi. Ne è convinta Isabel Schnabel, economista di spicco, esperta di banche e membro del Consiglio degli esperti economici del Governo federale tedesco: da subito contraria alla fusione Deutsche bank-Commerzbank, non vede bene neanche Unicredit-Coba.
Il fallimento dell’aggregazione tra Deutsche bank e Commerzbank non l’ha colta di sorpresa, lei è stata contraria fin dall’inizio ai colloqui preliminari tra i due colossi. Perché?
Le due banche devono risolvere i loro problemi per conto loro, come quello di tagliare i costi e di sviluppare strategie di business redditizie. E penso che siano in grado di farlo, anche in contesti non favorevoli.
L’operazione DB-Coba in casa è fallita definitivamente: DB e Commerz rischiano ora di divenire facili prede di acquirenti stranieri?
Non penso che Deutsche Bank debba fondersi con un’altra banca: è già troppo grande e troppo complessa così com’è. In quanto a Commerzbank, sì in prospettiva potrebbe essere oggetto di una fusione transfrontaliera e questo avrebbe senso più di un’aggregazione su scala nazionale. E questo perché dovrebbero esserci più fusioni transfrontaliere nel settore bancario europeo.
E come vede allora un’operazione di aggregazione tra Unicredit e Commerz?
Non penso che Unicredit sia il partner giusto per Commerz, entrambe sono esposte pesantemente verso i titoli di Stato italiani. Potrebbero esserci altre banche con migliori sinergie per Commerz. Ma dobbiamo anche stare attenti a non creare banche che siano troppo grandi per fallire, too big to fail, attraverso le fusioni transfrontaliere: questo va evitato.
Ritiene che Deutsche bank debba risolvere i suoi problemi dismettendo DWS e l’attività di asset management?
No, non penso che DB debba dismettere l’asset management, che nel complesso sta crescendo in maniera vigorosa e che potrebbe diventare una delle attività di business più promettenti in futuro. E non penso che venderà DWS, o per lo meno, non totalmente.
Il tentativo di fondere DB e Commerz fa emergere comunque la necessità di cambiamento nel sistema bancario tedesco, così rigidamente diviso nei tre pilastri, le banche private, le Sparkassen/Landesbanken, le banche di credito cooperativo: non crede?
La Germania è overbanked, abbiamo troppe banche e questo ne ostacola la profittabilità. Penso che il governo tedesco dovrebbe ridurre il suo coinvolgimento nel settore bancario e creare più spazio per le banche private. Un’ulteriore ridimensionamento delle Landesbanken, senza più salvataggi, potrebbe essere un primo passo in quella direzione. E al tempo stesso, ritengo che il governo dovrebbe prendere in considerazione la riduzione del peso delle grandi banche di sviluppo, come per esempio la KFW (Kreditanstalt für Wiederaufbau), che sono cresciute enormemente negli ultimi anni. E vedo altrettanto bene una maggiore apertura verso le fusioni “trans-pilastri”, che mettano in collegamento gli istituti dei tre pilastri. Questo sistema radicato nei tre pilastri è eccessivamente inflessibile: e anche le fusioni transfrontaliere dovrebbero essere un’opzione sul tavolo.
Il ministro delle Finanze Olaf Scholz ha provato a creare un campione nazionale per assistere meglio le imprese tedesche nel mondo: la Germania può fare a meno di un suo global champion, per contrastare colossi come JP Morgan e HSBC?
Non ho mai creduto nella necessità di creare un campione nazionale nel settore bancario. I politici farebbero meglio a focalizzarsi su come promuovere il sistema bancario unico europeo. Quello di cui hanno bisogno, la Germania e l’Europa, è un settore bancario solido e un mercato finanziario europeo ben sviluppato per garantire un flusso affidabile di finanziamenti all’economia reale, anche durante le crisi.