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 2019  maggio 07 Martedì calendario

Quanti soldi incassano i grillini

Quando i Cinque Stelle dicono che loro non attingono al finanziamento garantito dal “2 per mille” dell’Irpef, sono nel giusto:a differenza degli altri partiti, non hanno presentato richiesta per partecipare. Quando si vantano di non ricevere rimborsi elettorali, vendono fumo: quel sistema è stato abolito nel 2013 e dunque, a partire dalle elezioni dello scorso anno, nessuno ha più diritto (...) sega tale prebenda.Ma quando sostengono che «il Movimento 5 Stelle non riceve finanziamenti pubblici», come si legge in una lettera inviata nei giorni scorsi ai loro eletti, propalano una bugia. Perché quattrini dallo Stato ne prendono eccome, da anni. Sono i soldi che il Senato e la Camera girano ai gruppi dei partiti. E siccome il finanziamento è proporzionale al numero dei parlamentari e i Cinque Stelle in questa legislatura ne hanno più di tutti (326 su un totale di 948), sono anche quelli che incasseranno la cifra più alta: 18,2 milioni di euro l’anno, oltre un terzo della torta complessiva.Nel casoin cuilalegislatura andassea scadenza naturale, sarebbero 91 milioni di euro. Da sommare ai 31 milioni che lo stesso movimento ha ricevuto durante la legislatura passata: non male per chi, ogni giorno, racconta di fare politica senza contributi pubblici. È uno studio pubblicatoieri dallafondazione Openpolis a evidenziare che la pretesagrillina di non ricevere soldi dallo Stato «è falsa e soprattutto nociva». Falsa perchéil sostegno ai gruppi parlamentari «è, a tutti gli effetti, una forma difinanziamento pubblico», e nocivain quanto alimenta il discredito delle istituzionie nasconde conl’ipocrisiail problema centrale, ovvero che fare politica ha un costo, come quelli del Movimento sanno bene. Tanto daimporre ai loro parlamentari un contributofissomensile di 300 euro per l’Associazione Rousseau, di cui Davide Casaleggio è proprietario, presidente, tesoriere e amministratore. «NOTIZIA FALSA E NOCIVA» Grazie a queste poco spontanee elargizioni, la creatura del figlio di Gianroberto ogni anno incassa 1.173.600 euro, equivalenti a 5,9 milioni nell’arco dell’intera legislatura. «Si tratta di una forma di finanziamento formalmente privata (donazioni), ma di fatto pubblica, in quanto derivante da un contributo degli eletti sulla propria indennità», si legge nel documento di Openpolis. I ricchi assegni che i cassieri di palazzo Madama e Montecitorio staccano ai gruppi parlamentari sono importanti per almeno due motivi. Il primo è che, oggi, questa è la principale forma di sostentamento statalealla politica. Il sistema del “2 per mille”, infatti, non è mai decollato, a causa della scarsa collaborazione da parte dei contribuenti: lo scorso anno poco più di un milione di loro, su un totale di quasi 41 milioni, ha scelto di devolvere la quota ai partiti. Il risultato, ricorda Openpolis, è che «per tuttelemaggioriforze politiche,ad eccezione della Lega Nord, il finanziamento pubblico incassato dai gruppi è stato superiore a quello ricevuto dai rispettivi partiti». CHE FINE FANNO QUEI QUATTRINI? La seconda ragione è cheil consistente flusso di soldi erogato da Senato e Camera ha consentito ai partiti di scaricare le loro spese di personale, propaganda, comunicazione, viaggi e così via sul bilancio dei gruppi, risparmiandoin tal modo parecchi milioni di euro. Sebbene il regolamento imponga che quel denaro sia destinato «esclusivamente agli scopi istituzionali», le maglie sono elastiche quanto basta da trasformarlo in unaforma strisciante difinanziamentoai partiti. La voce piùeclatante riguarda proprio le spese peril personale, che per i gruppi parlamentari sono arrivate a 40 milioni di euro l’anno: il quadruplo, rispetto a quelle dei partiti. E che i Cinque Stelle non facciano eccezione lo si era capito già nel 2015, quando venne fuori che l’affitto dell’appartamento vicino al Pantheon in cui vive il portavoce Rocco Casalino era coperto dal loro gruppo al Senato. A oltre un anno dalle elezioni, resta il mistero sucomei due gruppi parlamentari grillini stiano usando i soldi in questa legislatura. Una volta c’era il sito “tirendiconto.it”, dove il movimento pubblicava i documenti relativi all’uso di quel denaro. Si è scoperto così che la senatrice Paola Taverna ha dichiarato spese telefoniche mensili pari a quasi 300 euro, o che Barbara Lezzi, diventata nelfrattempoministro per il Sud, durante la scorsa legislatura ha sostenuto di aver speso 27.258 euroin carburante. Il sito c’è ancora,ma èfermo allo scorso anno. L’ultimo documento relativo al gruppo M5S della Camera riguarda il marzo del 2018. Così sappiamo che la raccolta tra i loro parlamentari ha consentito di donare quasi 26milioni di euroalfondo perilmicrocredito,maignoriamo tutto il resto.