La Stampa, 7 maggio 2019
Nei vicoli del rione di Napoli dove nessuno piange per la piccola Noemi
C’è un che di sospeso nell’aria del quartiere Vicaria a Napoli, all’epoca dei vicerè la sede del tribunale e ora soltanto un insieme indecoroso di vicoli, edifici demoliti e illegalità al confine tra la Stazione e Poggioreale. Tutti si conoscono, tutti fiutano i forestieri e sanno come reagire. Con il silenzio.
Nessuno parla di Noemi, colpita venerdì pomeriggio da una pallottola mentre giocava in queste strade con la nonna e ora devastata da «una ferita da guerra» –come dicono i medici che da tre giorni stanno facendo di tutto per salvarla – procurata da un calibro 9 «full metal jacket».
Quante persone della Vicaria sono scese in piazza due giorni fa per la marcia anticamorra organizzata per dire ancora una volta basta alla strage degli innocenti? Armandino, gommista, si stringe nelle spalle: «Io tenevo da fare domenica mattina». Su un migliaio di persone in piazza, al massimo qualche decina sarà stata del quartiere. E gli altri? A un certo punto della marcia si è sentito il fragore dei botti. Decine di petardi sparati mentre i manifestanti gridavano basta alla camorra. Era in corso una prima comunione. Una parte degli abitanti della zona stava festeggiando. Tutti gli altri avevano di sicuro i loro motivi per non essere in piazza.
Da tempo esistono due Napoli. C’è la città che urla, si organizza, protesta, scende in piazza per chiedere una vita dove camminare in strada non sia una perenne lotteria criminale. E c’è un’altra Napoli che agisce nell’ombra, resta in silenzio e, quando appare, è per creare problemi. È la Napoli del killer che scavalca il corpo di Noemi come se fosse una busta lasciata in strada, del cameriere che si scansa per allontanarsi da un’eventuale futura scarica di proiettili. «Chiediamo solo normalità», sostiene Fabio Giuliani, referente regionale di Libera Campania. È lui che mentre scoppiavano i petardi durante la manifestazione di domenica ha preso il megafono e ha iniziato a urlare più forte dei botti seguito dall’intera piazza.
«A me hanno insegnato il rispetto, quando c’era un morto non si scendeva con il pallone in strada a giocare. Ora c’è una bambina che sta lottando per rimanere in vita, nessuno è intervenuto quel giorno per impedire a una persona di sparare in strada, nessuno è intervenuto domenica per esigere un momento di rispetto durante la manifestazione». «E chi doveva intervenire? Qui di domenica non ci sta nessuno», commenta Antonietta, commessa in un negozio di scarpe.
Non si vede molta polizia in giro nemmeno di lunedì. Bruno Vallefuoco, padre di Alberto, ucciso a 24 anni dalla camorra per uno scambio di persona. «Noi abbiamo portato le persone in piazza, abbiamo fatto capire che c’è una Napoli che è disposta a mettersi in gioco. Ora tocca ad altri.Si sente l’assenza del ministro degli Interni. E si sente la totale mancanza di risposta politica da parte dello Stato. Non si può intervenire solo con le telecamere o la repressione. Ci sono interi quartieri del centro abbandonati al loro destino, dove i ragazzi hanno una sola possibilità di trovare lavoro: accettare le offerte della camorra. il ministro Salvini parla di grembiuli? Noi abbiamo bisogno di scuole aperte tutta la giornata».
Tutte le forze dell’opposizione ieri hanno sottolineato l’assenza di Salvini. Il ministro deve essersi reso conto di aver commesso un errore, alla fine della sua giornata di campagna elettorale, alle otto di sera, si presenta in ospedale. Nessuna dichiarazione, silenzio stavolta anche per lui.
«In tanti ci hanno promesso di intervenire in questi anni – spiega Gianluca Torelli, 32 anni, della rete “Un popolo in cammino” che ha organizzato la marcia di domenica – Ministri, presidenti di regione, presidenti del consiglio. Tante parole e quasi nessun passo avanti».
Tonino Cesarano, padre di Genny, ucciso a 17 anni anche lui per sbaglio: «Siamo andati in piazza perché è giusto, ma quando si spengono i riflettori sembra che non accada nulla». Sono le parole che nessuno pronuncia quelle che pesano di più. Don Tonino Palmese, prete anticamorra: «Abbiamo una Napoli di miserabili e una Napoli di ricchi. Il loro silenzio è il più colpevole».