Il Messaggero, 6 maggio 2019
Filippo Tortoriello: «La città non può essere tema di divisioni e aiutarla è nell’interesse di tutto il Paese»
Filippo Tortoriello, presidente di Unindustria, è nato a Baragiano (Potenza).
Filippo Tortoriello, presidente di Unindustria. Su Roma si sta nuovamente infiammando il dibattito politico, dentro e fuori il Governo.
«Intanto non sono d’accordo quando si parla di “Salva Roma”. Non stiamo parlando di un Comune qualunque, ma della capitale d’Italia. Tutte le capitali dei Paesi europei hanno un supporto economico adeguato al ruolo e alla funzione che svolgono».
In Italia è impossibile?
«Roma non ha mai avuto la dignità di capitale d’Italia. Qui non si tratta di salvare Roma, ma di darle quello che merita e che è giusto che abbia. Ciò per permetterle di mettere in piedi una proposta progettuale che le consenta di diventare una capitale internazionale con tutti i requisiti necessari».
Ma i partiti su questo hanno posizioni diverse, come si vede anche dalle affermazioni di leader come Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Come se lo spiega?
«Perché si fa confusione. Qui si confondono tematiche diverse per creare una sorta di do ut des con la Capitale che dovrebbe essere “salvata”. Questa logica va rigettata».
In che modo?
«Roma deve avere gli stessi strumenti che vengono assegnati a città come Parigi, Londra o Madrid. La capitale francese riceve due miliardi l’anno per il suo ruolo. In Italia qualunque evento o manifestazione vede protagonista Roma, che deve avere la capacità economica per sostenere questo peso».
Bastano i finanziamenti dello stato? Non serve altro per rilanciare davvero Roma?
«Affianco a questo ci vuole di certo una proposta progettuale, che attualmente manca».
Resta però il problema del reddito storico, che potrebbe tornare a mettere a rischio i conti del Campidoglio.
«Rispetto al debito passato è stata fatta un’operazione nel 2008 da parte del Governo Berlusconi, di cui faceva parte anche la Lega, affinché Roma fosse liberata dal fardello che portava sulle spalle, anche con l’incremento dell’Irpef e delle tasse aeroportuali».
Spostare la massa debitoria sullo Stato è una mossa necessaria?
«Sì, perché può portare una maggiore autorevolezza nel ricontrattare i mutui accesi. Ciò significa far diminuire gli importi pagati ogni anno per le rate del debito. Ma va capita una cosa».
Cosa?
«Se i 200 milioni annui a carico dei romani restano, vorrà dire che il Campidoglio avrà una maggiore capacità di fare investimenti? Oppure si ridurranno le tasse ai cittadini, come sostiene la sindaca? Lo scenario non è chiaro».
Questo per chiudere i conti con il passato. E per il futuro?
«Bisogna dare alla capitale la capacità di affrontare le problematiche dei rifiuti, della mobilità, del decoro, delle infrastrutture. E poi le periferie, che non devono più essere sinonimo di degrado, come succede ora. Ci vogliono tempo e impegno, ma è su questo che si gioca il futuro di Roma».
Equi torniamo allo scontro politico in atto.
«Rilanciare la capitale non deve essere un problema di questo o di quel partito. Deve diventare un obiettivo comune del Paese, di cui Roma è il biglietto da visita nel mondo».
Le imprese che ruolo possono avere, in questo contesto?
«Noi abbiamo messo in piedi una proposta, chiamata Roma Futura 2030-2050, fatta propria da tutte le associazioni datoriali e approvata dai sindacati. Ma non riusciamo a dialogare con la sindaca e questo è un grosso problema, perché quando si vanno a chiedere finanziamenti, anche al Governo, c’è bisogno di avere una progettualità di base. Finora l’ascolto del Campidoglio è stato completamente mancante».
Il Comune ha però annunciato un’intesa con la Camera di commercio per promuovere lo sviluppo della città.
«Non lo condivido minimamente. La Camera di commercio non è rappresentativa del sistema produttivo di Roma, gli interlocutori del Campidoglio siamo noi, ossia tutte le forze datoriali della città».
Il Comune come risponde alle vostre sollecitazioni?
«Finora non ha risposto».
Il vostro giudizio sull’amministrazione di Virginia Raggi, quindi, è negativo?
«Al momento il dato di fatto è che non c’è alcuns egnoreale, da parte del Comune, verso le forze che rappresentano l’80 per cento del Pil della Città metropolitana e oltre il 70 per cento dell’occupazione. Noi abbiamo messo in piedi una proposta, chiediamo di organizzare un forum internazionale per presentare un masterplan per il futuro di Roma».