Corriere della Sera, 6 maggio 2019
Oltre 500 Comuni sono a rischio paralisi
Un’epidemia si sta diffondendo silenziosamente ma non lentamente in Italia. I suoi sintomi finali sono l’isolamento delle famiglie più deboli nelle periferie di città grandi, medie e piccole incapaci di aiutarli nei loro bisogni essenziali. Il suo decorso vede l’incrinarsi dei conti dei Comuni che dovrebbero fornire loro assistenza, ma a volte non sono più neanche in grado di pagare gli stipendi dei dipendenti senza chiamare in aiuto lo Stato centrale.
Ma le cause di questa epidemia sono triplici, e per questo complesse da affrontare. C’è l’avidità della politica locale, che spesso preferisce la scorciatoia del clientelismo alla ricerca di un consenso più sano. C’è la fuga della politica nazionale dalle responsabilità di un Paese dall’amministrazione scricchiolante. Allo stesso tempo, però, contano anche le maggioranze degli italiani: la difficoltà economica o a volte la miopia di milioni di famiglie i cui livelli di evasione delle imposte locali – astronomici – scava un buco nei conti degli enti locali e ne paralizza il welfare. Le tasse dovute e non pagate sulle seconde case (Imu) o sui rifiuti (Tari) valgono ormai oltre cinque miliardi l’anno. È tutt’altro che raro trovare territori specie al Sud dove il gettito sui rifiuti arrivi a fatica a un quinto di quanto sarebbe da versare.
L’espandersi dei dissesti e dei pre-dissesti è fotografato da Ca’ Foscari sulla base dei dati più recenti resi disponibili dal ministro dell’Interno. Non sono mai stati tanti come negli ultimi tre anni, fino al 2018: il grafico in pagina mostra che sono arrivati a circa trenta l’anno, in parte perché solo ora vengono al pettine i nodi di situazioni precarie da tempo. Si tratta di casi in cui un Comune chiede l’assistenza dello Stato perché non può più pagare i creditori o non riesce a fornire i servizi essenziali, ma quella non arriva gratis: nuovi prestiti a lungo termine da Roma sono condizionati a severi piani di tagli e aumento delle tasse un po’ come il Fondo monetario internazionale fa con i Paesi in crisi finanziaria. C’è poi un numero ancora più grande (quasi 50 all’anno) di pre-dissesti, in cui un Comune ha molti parametri fuori linea ma cerca di evitare il commissariamento della chiamata al salvataggio: anche quelli non sono mai stati così frequenti come negli ultimi anni.
I casi più gravi sono al Sud, ma non ne mancano al Centro-Nord. In Sicilia o Calabria, quasi un terzo degli enti è in queste difficoltà, in Campania un quinto. Reggio Calabria e Messina sono situazioni difficilissime da quasi dieci anni. Napoli, nelle carte del suo pre-dissesto, viaggia con 2,5 miliardi di rosso d’esercizio nel 2016: sono 2.500 euro di deficit per abitante, quando il pur vasto deficit pubblico italiano supera appena i settecento euro per abitante (sul capoluogo campano pesano però i forti accantonamenti per i crediti mai riscossi). In Lombardia spiccano i pre-dissesti di aree come Segrate, Sant’Angelo Lodigiano o Sesto San Giovanni, che con quasi 80 mila abitanti da solo è più grande di tanti capoluoghi. Campione d’Italia è finito in dissesto quando il Casinò ha smesso di pagare i debiti.
In tutto sono oltre mezzo migliaio su ottomila Comuni le situazioni critiche. Per un quarto si concentrano in Comuni sopra i centomila abitanti, più di metà nelle sole Campania, Calabria e Sicilia. Significa che centinaia di migliaia di famiglie indigenti vivono in Comuni che faticano ad assicurare loro il welfare di base. Com’è stato possibile? Una chiave la dà Catania: ogni anno manca all’appello da anni metà del gettito Tari. Tanti residenti ignorano le tasse locali, confidando nell’incapacità di riscuoterle. In Sicilia il 27% dell’Imu viene evaso e in Calabria il 24%, secondo uno studio dell’Osservatorio su Finanza e contabilità degli enti locali del Viminale. La Tari ha esiti anche peggiori: nel Lazio (esclusa Roma) viene evaso il 58% del gettito o 137 euro per abitante, in Calabria e in Campania il 57%, anche in Lombardia manca ogni anno il 25% delle entrate della tassa sui rifiuti, pari a 26 euro per abitante. Quanto alle multe, sul 2016 l’indice medio di riscossione era del 36% in Italia e del 21% in Campania.
Alcuni italiani non possono, ma altri scelgono di non pagare. Aspettano i condoni, quelli arrivano sempre. Possono farlo di fronte a amministrazioni prive di strumenti tecnologici per tracciare e riscuotere. Il governo ha reagito in Legge di bilancio, facendo saltare i tetti alle aliquote comunali sui redditi delle persone. Significa che, come fa da sempre lo Stato centrale, anche i Comuni ora potranno alzare le tasse sui contribuenti fedeli per compensare (e lasciare tranquilli) gli altri.