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 2019  maggio 04 Sabato calendario

RITRATTO AL VETRIOLO DI MICHELA MURGIA BY GIANCARLO PERNA - “È UNA DONNA FRUSTRATA DA UNA VITA DIFFICILE, CHE HA SUPERATO I COMPLESSI COL TALENTO E L'AGGRESSIVITÀ. FU IN ROTTA COL PADRE E SI ATTACCÒ ALLA MAMMA CHE GESTIVA UN RISTORANTINO DA 4 SOLDI SULLA SPIAGGIA. DOVETTE ARRABATTARSI SIA PER CONQUISTARE UN MODESTO DIPLOMA TECNICO, SIA DOPO PER METTERE INSIEME IL PRANZO CON LA CENA. HA DECLASSATO L'EMOZIONE PER IL ROGO DI NOTRE DAME IN PIAGNISTEO E DANNA TUTTO CIÒ CHE NON LE PIACE…” -

Nel mese di aprile testé trascorso, Michela Murgia ha suscitato diverse polemiche innalzando la media dei suoi continui predicozzi. Temperamento fiammeggiante, incline a educare il prossimo ai suoi valori con dure lavate di capo, la letterata sarda ha stavolta usato i social, come in passato i libri. Per lei, l'imperativo è separare i buoni dai cattivi, imporre la propria visione, dannare ciò che non le piace. Il suo credo è riassunto in questa frase: «A me di scrivere romanzi non frega niente, io sento la scrittura come un dovere civile».

Ad aprile, dunque, mentre eravamo tutti attoniti per l'incendio di Notre Dame, e ci pareva incenerito un simbolo dell'Europa, Michela ci ha richiamati all' ordine. Ha declassato il nostro dolore a piagnisteo, ricordandoci che la cattedrale era ancora in piedi, sarebbe stata restaurata e non c'erano vittime. Ma che invece il colpo mortale allo spirito europeo si era consumato altrove nell' indifferenza di tutti. E ha puntato l'indice sul Mediterraneo dove «tra gennaio e marzo sono morte 274 persone per mancanza di corridoi umanitari».

Ergo, frignare per Notre Dame è «guardare dal lato sbagliato il colpo al cuore dell'Europa». C'è tutto l' autoritarismo di Murgia in questo stabilire lei per cosa possiamo emozionarci, fissando per noi le gerarchie dei nostri affetti. Questa prepotenza a fin di bene, per darci una coscienza civica e salvarci l'anima, sono retaggio della sua doppia fede, cattolica e di sinistra.

DALLA PARTE DEI MIGRANTI Per via dei migranti, Michela detesta Matteo Salvini che vieta l'ingresso degli africani in Italia. Perciò, sempre in aprile, ha bruscamente rifiutato di confrontarsi sull' argomento col ministro dell'Interno. Ecco come sono andate le cose. Lei partecipava a un forum con altri immigrazionisti e contemporaneamente, su Rete 4, l'anchorman, Nicola Porro, discuteva dell'argomento con Salvini. L'inviato di Porro al forum ha allora avvicinato Murgia e l'ha invitata a dire la sua nel talk show di Mediaset. La signora ha sorriso e pareva disponibile. «Che trasmissione è?», ha chiesto.

«Quella di Nicola Porro», gli ha risposto l'inviato. Al solo udire, Michela ha fatto un balzo indietro agitando il braccio in segno di no, col gesto di un esorcista che scaccia Belzebù. Il mite Porro dal ciuffo sbarazzino, showman tra i più cordiali e aperti, ci è rimasto male. Tanto che Salvini, per risollevarlo, ha detto: «Posso darti un consiglio? Hai sbagliato a dire Porro, devi dire Fabio Fazio così ti rilasciano tutte le interviste del mondo».

Il giorno dopo, sentendosi in dovere di un chiarimento, Murgia ha twittato: «Quelli come Porro sono disonesti intellettualmente, quindi non mi presto al gioco». Non ha spiegato quale fosse la disonestà porresca, dando per scontato che basti divergere da lei per meritare insulti. Porro ci ha rimuginato su, poi è sbottato perfido: «Sia io che lavoro per Mediaset, sia Murgia che pubblica per Einaudi (galassia Mondadori, ndr), siamo pagati da Silvio Berlusconi. Non si capisce allora, perché io non possa essere considerato altrettanto libero quanto Murgia ritiene di esserlo lei». Così, Murgia si è beccata l'epiteto di prezzolata berlusconiana.

LA CONQUISTA DEL CAMPIELLO La fama di Michela come scrittrice ha toccato l' apice nel 2009 con il romanzo Accabadora che fece incetta di premi letterari: il Dessì, il Mondello, il Campiello. È un racconto potente per l'evocazione dell'antica consuetudine sarda all'eutanasia. Esistevano nell' isola, specie in Gallura, donne che andavano dai moribondi per propiziarne la morte attraverso riti misteriosi, nei casi in cui un ultimo attaccamento alla vita ritardava il trapasso. Queste macabre donnine di nero vestite sono le accabadore. Una di loro, Bonaria Urrai, uscita dalla penna della nostra Murgia, è la protagonista della sua pluripremiata fatica. Michela aveva pubblicato opere letterarie prima e ne ha pubblicate altre dopo. Nessuna ha però avuto l'eco del suo premio Campiello.

L'OSSESSIONE PER IL FASCISMO L' anno scorso ha invece dato alle stampe, sempre col Berlusca, un pamphlet, che di letterario non ha nulla ma con il quale ha raggiunto una vasta platea di lettori rozzetti. Istruzione per diventare fascisti, titolo ironico, è infatti il prodotto abborracciato dell'antisalvinismo di Michela e della sua lotta al populismo, ritenuto incubatrice di un mondo in orbace.

Il testo è trascurabile ma il successo è stato assicurato dall'allegato Fascistometro, appendice di 65 domande che dovrebbero rivelare in chi legge una celata inclinazione mussoliniana. Se rispondi sì a uno o più interrogativi sei criptofascista e ti toccano delle abluzioni purificatrici.

Il problema è che Murgia ha incluso nel test frasi di tale buon senso - tipo, «non ricordo tutta questa solidarietà per i nostri terremotati» - che non puoi che dirti d'accordo finendo tra i reprobi di Casa Pound anche se sei un fan di Winston Churchill. Neppure si salvano dai quiz fior di comunistoni. Per esempio, se dici «lo stupro è più inaccettabile se commesso da chi chiede accoglienza», per Michela sei fascista. Però, è l'esatta frase che uscì di bocca alla piddina Deborah Serracchiani di fronte alla violenza di un extracomunitario nel Friuli che allora governava.

Oppure, se ti scappa, pensando al duce: «Non ha ucciso nessuno, al massimo mandava al confino», sei certo un neraccio coi fiocchi. Però, il concetto è lo stesso che usa tuttora il comunistissimo Andrea Cammilleri, in difesa dell'Urss contro i nazi. Testuale: «I gulag non furono campi di sterminio, Solgenitsin con i nazisti non sarebbe sopravvissuto».

Mancano infine tra le furbesche domande ideate per scovare il gerarca che è in noi, i noti slogan dei centri sociali, «10, 100, 1000 Nassiria», «uccidere un fascista non è reato», ecc. Chi li usa come va classificato?

L'INFANZIA DIFFICILE Murgia è una donna frustrata da una vita difficile, che ha superato i complessi col talento e l'aggressività. 47 anni a giugno, Michela ha avuto un' infanzia di peste. Nata a Cabras, paesone di 9.000 anime sul mare del Sinis, fu in rotta col padre e si attaccò alla mamma che gestiva un ristorantino da 4 soldi sulla spiaggia.

La ragazza dovette arrabattarsi sia per conquistare un modesto diploma tecnico, lavorando come cameriera per mantenersi agli studi, sia dopo per mettere insieme il pranzo con la cena. Ha fatto una girandola di mestieri. Iscritta all' Azione cattolica, fu insegnante di religione, venditrice immobiliare, portiere di notte all'Ala Birdi, lussuoso resort equestre, operatrice di call center, esperienza che le ispirò il primo libro, Il mondo deve sapere (2006), satira puntuta dello sfruttamento di questi infelici lavoratori della cornetta che ci entrano sgraditi in casa, accolti dalla nostra malagrazia.

L'EXPLOIT ALLE REGIONALI Suscitò scandalo nel paesotto la convivenza col fidanzato, poi sposato solo civilmente (altro scandalo) e infine, quando già aveva fatto il pieno di biasimi, impalmato in chiesa per devozione. Michela ha militato nell' indipendentismo sardo. Nel 2014, si presentò alle amministrative puntando alla presidenza della Regione. Raccolse il 10 per cento dei voti: un exploit. Per un soffio, fu esclusa dal Consiglio regionale. Ora fa politica in proprio, con la lingua e con la penna. Coi sardisti, attuali alleati di Salvini, ha chiuso. Resta aperto il conto con Matteo, l' intruso.