https://www.lettera43.it/it/articoli/cronaca/2019/05/04/viterbo-omicidio-negoziante/231742/, 4 maggio 2019
IL DECRETONE FA TUTTI CRETINI - IL BONUS DA 600 EURO PROMESSO DALL'INPS? ANNUNCIATO TRE SETTIMANE FA, SI POTRÀ RICHIEDERE DAL 1 APRILE. QUANDO ARRIVERÀ? A FINE MESE? INTANTO AZIENDE E OPERAI NON HANNO VISTO UN EURO - NELLE PARTITE IVA C'È UN MARE DI PRECARI SENZA PARACADUTE, ASSUNTI CON LO STRATAGEMMA DELL'''AUTONOMO'' MA IN REALTÀ DIPENDENTI MASCHERATI -
entra nel sito INPS e prova a richiedere il bonus da 600 euro. Si apre una pagina nella quale si trova scritto che le domande potranno essere effettuate dal 1 aprile... secondo te, possiamo fidarci o è un pesce? Moby
1. IL CURA ITALIA È TUTTO UN BLUFF AZIENDE E OPERAI SENZA SOLDI Giuseppe Marino per “il Giornale”
I soldi del decreto non arrivano alle imprese. Il segnale più chiaro che il Cura Italia non sta funzionando? Il ministero dell' Economia istituisce una task force e il Pd propone un comitato parlamentare.
«La situazione è imballata - conferma al Giornale il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti - la nostra pa è allenata a ragionare secondo vecchie logiche, non quelle imposte dal coronavirus. E i soldi non escono dalle banche».
Già, perché il decreto affronta la questione centrale, la liquidità a disposizione delle imprese, soprattutto quelle piccole, ma demanda la distribuzione delle risorse agli istituti di credito, fornendo la copertura attraverso il Fondo di garanzia per le Pmi la cui dotazione è stata incrementata. Il decreto prevede l' automatico prolungamento delle linee di credito già in essere fino a fine settembre e una garanzia statale dell' 80 per cento su nuove linee di credito fino a 500mila euro, oltre a un' erogazione immediata di 3.000 euro per le necessità di sopravvivenza del piccolo imprenditore senza verifica bancaria delle garanzie personali, sempre con garanzia pubblica. Ma è la teoria.
«Nella pratica - spiega Gianluca Timpone, commercialista e docente di Politica economica all' Università europea di Roma - le banche avviano comunque l' istruttoria per verificare la solvibilità, nonostante la garanzia pubblica». Timpone segnala addirittura qualche caso di vero e proprio tradimento dello spirito del decreto, come è capitato a un imprenditore che ha chiesto di sospendere le rate di un mutuo da 3,2 milioni per sei mesi e si è visto calcolare gli interessi non solo sulle rate sospese da 20mila euro ciascuna, ma sull' intero importo residuo.
«Gli interessi pagati su quelle rate così lievitano a un tasso del 30%», denuncia Timpone. Ma al di là di singoli comportamenti discutibili, le banche in questo momento sono in difficoltà sull' operatività concreta.
Il Confidi di Confartigianato ha visto scendere la percentuale di pratiche accolte dall' 80 al 35%. «Al di là della buona volontà degli istituti di credito - spiega Merletti - le banche hanno le stesse difficoltà pratiche delle altre aziende. In più restano i dubbi sulle regole europee che impongono requisiti di solvibilità dei crediti concessi». La Bce ha riconosciuto la straordinarietà del momento, ma concretamente le banche sembrano non avere istruzioni chiare per muoversi. Servirebbero automatismi che al momento non ci sono, come denuncia il capogruppo di Fratelli d' Italia alla Camera Francesco Lollobrigida: «Va garantita liquidità a famiglie e imprese subito, poi vedremo se si tratta di prestito o donazione dello Stato».
A rischiare sono soprattutto le piccole imprese che, denuncia Confartigianato, rischiano di fare da bancomat per le grandi: l' associazione ha già raccolto segnalazioni di mancati pagamenti ai fornitori.
C' è poi il problema della cassa integrazione. Il decreto l' ha estesa, senza obbligo di accordo con i sindacati, alle aziende con meno di sei dipendenti. Ma ha centralizzato il meccanismo: tutte le istruttorie dovranno essere fatte dall' Inps.
Molti dipendenti delle Pmi rischiano una Pasqua senza salario o peggio, se le imprese chiudono i battenti. Ecco perché l' istituto presieduto da Pasquale Tridico ha deciso di semplificare le procedure per l' accredito della pensione e di altre prestazioni: dal 10 aprile per ricevere l' assegno su conto corrente, libretti di risparmio e carte prepagate basterà affidarsi alla banca o alla società emittente della carta per presentare in automatico la richiesta. In questo modo gli sportelli Inps saranno meno affollati e ci si potrà concentrare sulle nuove priorità.
Servono soluzioni semplici. Come il piano Bridge proposto da un gruppo di economisti guidato dall' ex alto funzionario del Mef Fabrizio Pagani: prestiti senza interessi garantiti dallo Stato subito. Senza aspettare task force e comitati.
2. QUELL'ESERCITO DI PRECARI TRAVESTITI DA PARTITE IVA Sergio Rizzo per “Affari & Finanza - la Repubblica”
Difficile dire quanti siano esattamente. L' unica certezza è che saranno loro a pagare il prezzo più alto della pandemia. Sono i figli del dio minore, le partite Iva che non dovrebbero essere partite Iva. Ma che un mercato dell' occupazione elusivo e ipocrita costringe per poter lavorare a travestirsi da professionisti, se non addirittura da imprenditori, invece che accettare onestamente quel che sono: semplici lavoratori, precari e spesso sottopagati.
Un esempio? Gli ottantamila (o novantamila, o centomila, chi lo sa?) lavoratori dello spettacolo, assunti a partita Iva perché così si risparmia sui contributi. Tutti senza paracadute. I teatri sono sbarrati, gli spettacoli dal vivo cancellati, le tournée rimandate a data da destinarsi. E loro non hanno ammortizzatori sociali che ammortizzino l' emergenza. Per non parlare della crisi devastante del turismo, del suo indotto (in tutto, dicono le stime, 4,2 milioni di addetti) e dell' immenso settore della ristorazione: per eccellenza enormi serbatoi del precariato e del lavoro stagionale.
Milioni di persone che hanno bisogno di una risposta subito. Perché subito perdono il lavoro. E siccome le aziende e le ditte presso cui prestano la propria opera rischiano di fallire, il pericolo di ritrovarsi senza occupazione una volta che tutto questo sarà finito incombe pesantemente anche su di loro. Con tutte le conseguenze del caso in termini di occupazione e di conti pubblici, tenendo presente che il mondo del lavoro autonomo contribuisce per circa il 14 per cento alle imposte sui redditi.
Dice una ricerca della Cgia (gli artigiani) di Mestre che gli autonomi pagano mediamente più Irpef dei lavoratori dipendenti e dei pensionati (ma ci vuole davvero poco, in un Paese dove i salari sono fra i più bassi d' Europa e ci sono tantissime pensioni povere). E i loro numeri sono peraltro in continua crescita.
L' introduzione da parte del governo Conte uno della flat tax per i lavoratori autonomi fino a 65 mila euro, fortemente voluta dalla Lega, ha avuto l' effetto di creare in un solo anno ben 545.700 nuove partite Iva. Che hanno più che compensato la cessazione di 403.818 posizioni. Con il risultato che nel 2019 il numero netto delle partite Iva è aumentato di circa 142 mila unità, al ritmo di 388 al giorno. In questa prospettiva il bonus di 600 euro concesso agli autonomi non potrà di certo bastare a riparare i danni economici paurosi (e i drammi umani) che il Covid-19 avrà arrecato a tutte queste vite.
Senza contare le solite difficoltà burocratiche e le classiche incongruenze che in Italia accompagnano regolarmente questo genere di provvedimenti d' urgenza. Già le proteste sono fioccate, da parte di chi lamenta l' esclusione per determinate categorie di lavoro autonomo, come quelle che fanno capo alle casse previdenziali private.
Mercoledì 25 marzo l' associazione Univendita ha denunciato che il decreto Cura Italia (nemmeno questo si è sottratto alla inspiegabile e alquanto grottesca moda di battezzare con nomignoli propagandistici ogni provvedimento del governo) escluderebbe fra l' altro i 60 mila lavoratori della vendita a domicilio. Numero che comprende i 20.800 agenti di commercio nonché i 41.600 venditori con partita Iva. Il presidente di quell' associazione, Ciro Sinatra, si è nell' occasione premurato di far sapere che per quanto desueto possa sembrare nell' era di Amazon il suo settore fa girare pur sempre 3,6 miliardi l' anno con 520 mila addetti.
Chiaro che con la situazione che si sta profilando, nella più completa incertezza di quando il coronavirus verrà sconfitto, il Cura Italia non può essere che l' antipasto. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia «un nuovo decreto che possa potenziare e rafforzare le misure economiche già adottate, sia sul fronte della liquidità, della protezione sociale e del sostegno al reddito, per le imprese, per le famiglie e per i lavoratori in particolare autonomi».
Quello del lavoro autonomo è un mondo a due facce. La prima è quella che è sempre stata osservata con il pregiudizio dell' evasione fiscale molecolare. Pregiudizio spesso non proprio infondato, a giudicare dai dati delle dichiarazioni dei redditi di certe figure professionali o artigianali. La seconda è quella di chi, dicevamo, è costretto a ricorrere a un travestimento inaccettabile per poter lavorare: un' assurdità che nessuna riforma del mercato del lavoro ha mai voluto affrontare. E che è completamente (nonché colpevolmente) sfuggita a ogni dialettica sindacale degna di tal nome. Una platea di milioni di persone, almeno un paio secondo i dati delle partite Iva che non figurano iscritte a una cassa di previdenza professionale, non tutte giovani, senza garanzie, senza tutele, senza poter chiedere un mutuo, senza la speranza di una decente pensione futura.
Esposte a ogni rovescio della sorte, il fallimento del datore di lavoro, una crisi del mercato, perfino una malattia: in questo caso senza neppure essere malati. Ecco allora un altro nodo che questa tragica esperienza della pandemia arrivata dalla Cina ha fatto venire brutalmente al pettine. Il Covid-19 lo ha messo sotto gli occhi anche di chi, nel Palazzo, ha sempre finto di non vederlo. O se l' ha guardato l' ha fatto di sfuggita, pensando sotto sotto che tutto sommato certe forme di precariato potevano essere anche un toccasana per l' economia. Meglio precari e sfruttati con partita Iva che disoccupati, è sempre stato il refrain.
Ebbene, una volta finita bisognerà rivedere tutto questo sistema. La discussione politica sul salario minimo, che lo scoppio dell' epidemia ha bruscamente interrotto facendola passare in secondo piano insieme a tutto il resto, già ci pare tremendamente anacronistica. Bisognerà andare oltre, parlare finalmente di garanzie, tutele e trasparenza. E chissà che tutto questo non ci faccia fare un altro passo avanti.