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 2019  maggio 04 Sabato calendario

Il ritorno della tuta

Le tute sono tornate. Oggi non c’è negozio di moda che non ne offra una nuova versione femminile e maschile. Tute per ogni uso e stile: dalle mimetiche alle monocolore, per il mattino e per la sera. La tuta è senza dubbio uno dei simboli della modernità, una modernità che non sembra mai finire, non solo nella moda. Ha un inventore: l’artista post-futurista Ernesto Michahelles, uomo dagli innumerevoli talenti. Il nome viene da tout-de-même, dal fatto che in origine questo capo si ricavava da un solo pezzo di stoffa. Ernesto Michahelles la realizza insieme al fratello Ruggero Alfonso nel 1920. L’idea è di offrire un vestito valido in ogni situazione, pratico, semplice e antiborghese. Vestire in tuta dà più libertà nei movimenti.
Ernesto sceglie per sé il nome d’arte di Thayaht, mentre il fratello quello di Ram. Rampolli di una famiglia agiata d’origine svizzero-inglese, i due esercitano la loro attività a Firenze. Sostenuto da Filippo Tommaso, Thayaht aderisce al Fascismo e diviene ammiratore di Mussolini. Anticipatore delle future firme della moda, lo stilista studia a Harvard e si specializza nell’uso del colore. Dopo la Seconda guerra mondiale si dedicherà agli Ufo. Propiziata dalle vicende seguite alla Prima guerra, dalla crisi economica e sociale, la tuta è subito sostenuta dalla campagna di stampa de La Nazione di Firenze. Tuta viene da Tutta, scrive il giornale, perché veste tutta la persona, basterà solo abolire una T. In realtà questo capo d’abbigliamento è il primo passo verso l’abolizione delle differenze tra abiti maschili e femminili. Gli anni Venti sono l’epoca in cui lo stile androgino si diffonde nell’Europa, ed è il periodo che precede l’avvento dei regimi dittatoriali. Uno dei messaggi che comunica è: l’abito uniforma e rende tutti uguali. In questo senso la tuta è il perfetto capo della società di massa diventata dominante nel Vecchio come nel Nuovo mondo.
Indossandola si aboliscono, almeno visivamente, le differenze di classe. In seguito diventerà il vestito del lavoro, sia operaio come contadino. Le tute blu sono i lavoratori della grande industria meccanica in Europa e in America. Oggi, che il lavoro manuale è quasi scomparso, almeno in Europa, la tuta torna come memoria del passato, indispensabile elemento vintage. Nel ventennio appena trascorso la versione sportiva ha connotato l’abbigliamento per il tempo libero, poi trasmigrato negli altri momenti della vita individuale e collettiva. Come non ricordare le tute indossate da Silvio Berlusconi, divisa della nuova democrazia postmoderna? L’abolizione della distinzione tra tempo di lavoro e tempo libero ha nella tuta il suo simbolo. Vestendola indossiamo, senza che ce ne accorgiamo, un’uniforme, lavorando o oziando, non importa poi molto.