la Repubblica, 4 maggio 2019
L’Ue è pronta a stangare l’Italia
Un buco da circa 5,5 miliardi nel 2018, un deterioramento dei conti nel 2019 e soprattutto il debito pubblico ancora in salita. È questa l’impietosa pagella sull’operato del governo gialloverde che la Commissione europea pubblicherà martedì prossimo a Bruxelles. I numeri saranno limati fino all’ultimo, ma di certo le previsioni economiche Ue di primavera toglieranno ogni alibi al gabinetto Conte.
Che ora rischia. Nella migliore delle ipotesi a giugno l’Europa chiederà all’Italia una maxi stangata per il 2020, ultimo tentativo per tenere in carreggiata i conti di un Paese ormai considerato un rischio per la moneta unica. Nella peggiore, invece, l’Italia sarà messa immediatamente sotto procedura sul debito: una limitazione alla sovranità economica che peserà sulla nazione per anni, a prescindere da chi la governerà in futuro.
D’altra parte i numeri sono desolanti. Si parte dallo scorso anno, con la Commissione pronta a confermare che il governo ha chiuso il 2018 con un buco strutturale da circa 5,5 miliardi (0,3% del Pil) causato dalla scelta di Salvini e Di Maio, la scorsa estate, di non rimettere mano ai conti nonostante i suggerimenti di Bruxelles. C’è poi il 2019, con la Ue pronta a tagliare ancora le previsioni di crescita per l’Italia dallo 0,2% stimato a febbraio a un misero 0,1%.
Inoltre la Commissione certificherà che il governo non ha mantenuto l’impegno preso a dicembre da Conte e Tria su un deficit nominale del 2,04% del Pil e su uno strutturale in equilibrio. Per Bruxelles infatti l’Italia quest’anno è proiettata verso un disavanzo intorno al 2,6%. Idem per lo strutturale, il vero termometro utilizzato dalla Commissione per misurare l’operato dei governi: ci sarà un deterioramento di una manciata di miliardi, intorno allo 0,2-0,3% del Pil, che non sarà possibile colmare né mantenendo congelati i 2 miliardi bloccati a dicembre su richiesta della Ue né grazie alle clausole di flessibilità che la Commissione potrebbe accordare nei prossimi mesi su richiesta italiana.
E con il deficit che sale, sale (ancora) anche il debito pubblico: se il Def per il 2019 lo proietta al 132,6%, per Bruxelles si arrampicherà fino a sfiorare il 134% del Pil. Per continuare la sua corsa nel 2020. Anno in cui anche il deficit schizzerà alle stelle, ben oltre il tetto del 3% di Maastricht, sfondando il 3,5% se in autunno il governo non onorerà le clausole di salvaguardia sull’Iva da 23 miliardi che si è autoimposto a dicembre o se non troverà misure equivalenti per sterilizzarle.
Un quadro allarmante, che Bruxelles attribuisce alle politiche e alla dialettica del governo gialloverde e destinato provocare nuove tensioni con l’Europa e sui mercati. Sulla base delle previsioni di martedì prossimo, infatti, il 5 giugno la Commissione pubblicherà le raccomandazioni per l’Italia accompagnate da un rapporto sul debito previsto dall’articolo 126,3 del Trattato imposto dallo sforamento dello scorso anno. Tecnicamente il testo dovrebbe concludere che l’Italia dovrebbe essere messa sotto procedura per violazione della regola del debito proprio nel 2018, ultimo anno già a consuntivo.
Inizialmente questa opzione non veniva presa in considerazione dai vertici della Commissione, pronti ancora una volta a graziare Roma con qualche escamotage tecnico. Tuttavia nelle ultime settimane l’ipotesi sta drammaticamente montando e ha già raggiunto diverse Cancellerie, che al momento non hanno avuto nulla da obiettare. Troppa la delusione di Bruxelles e dei governi per le promesse non rispettate del governo gialloverde e per i propositi di nuove spese, come la Flat tax, che farebbero vacillare la sostenibilità del debito mettendo a rischio la tenuta dell’intera zona euro.
Sarebbe un colpo durissimo per il Paese, una clamorosa inversione di marcia da parte di Juncker in questi 5 anni insieme a Moscovici impegnato a graziare l’Italia a dispetto dei falchi che popolano la sua stessa Commissione e le capitali del Nord. Tuttavia la decisione finale non è ancora stata presa.
Juncker e i suoi hanno scelto di non dare la linea fino alle Europee del 26 maggio per evitare di intossicare la campagna elettorale con eventuali fughe di notizie. Ma anche se alla fine Bruxelles dovesse rinnovare la fiducia a Conte e Tria, evitando la procedura, la situazione non sarebbe migliore. Il 5 giugno Bruxelles segnalerà comunque il buco nei conti 2019 e chiederà una maxi manovra per il 2020 da mettere in campo a ottobre: 23 miliardi per disinnescare (non in deficit) l’Iva più una correzione dello 0,6% del Pil sul deficit per abbattere il debito. In totale circa 33 miliardi di misure. Se non verranno messe in campo, la procedura Ue sarà inevitabile. Sembra infatti zoppa la strategia di Salvini, che punta su una nuova Commissione europea infarcita di sovranisti benevoli verso i gialloverdi: difficilmente il nuovo esecutivo Ue sarà più morbido, visto che gli alleati nazionalisti di Salvini al Parlamento europeo sono iperrigoristi. E oltretutto, causa incertezze legate alla Brexit, il team di Juncker potrebbe essere prorogato oltre la scadenza del 31 ottobre, trovandosi a decidere nuovamente sui conti italiani.