La Stampa, 4 maggio 2019
Il campionato di poker
Da un ticchettio continuo di fiches, si staccano frasi incomprensibili. «Ho foldato!». Foldato? «Sono uscito, cavolo. Insomma, ho perso! Ma non escludo di pagare ancora il gettone di ingresso e riprovarci».
Hanno magliette militari, cappelli da pesca, borselli a tracolla e bottigliette d’acqua per l’arsura da stress. Hanno facce di chi sta poco al sole e riti scaramantici inconfessabili perché, come dice uno dei partecipanti più accreditati, tal Carlo Savinelli da Salerno, in questi casi è sempre meglio rifarsi al sommo Eduardo De Filippo: «Chi crede alla scaramanzia è un ignorante, ma chi non ci crede è uno str...». Sono giocatori di poker. Ognuno con la sua tecnica e il suo modo di bluffare, qualcuno ascolta canzoni nelle cuffie mentre gioca. Tutti sono identicamente convinti di poter mettere le mani sul primo premio da 300 mila euro. A tanto dovrebbe ammontare, considerando il numero finale di iscrizioni al primo torneo di poker organizzato dalla società Ipo all’interno del Casinò di Sanremo: almeno 2500 partecipanti che hanno pagato 550 euro per sedersi al tavolo. Montepremi superiore al milione.
Sono qui dalle tre di pomeriggio fra velluti e soffitti a cassettoni, nelle stanze storiche dove giocarono Vittorio De Sica e Maria Callas. Entrano dove suonò la tromba Luis Amstrong e dove Nunzio Filogamo annunciò la nascita del Festival di Sanremo, si mettono in coda con la carta di identità in mano per passare i controlli di rito. «Abbiamo chiuso il 2018 con un bilancio di 45 milioni di euro e siamo l’unica casa da gioco italiana in attivo», dice uno dei responsabili del Casinò. «Per riuscirci avevamo soltanto un modo. Da un lato prenderci cura della tradizione, dall’altro aprirci alle novità». Fino a un certo punto, comunque. Come sa bene questo giocatore russo con i capelli rasati, che proprio adesso vorrebbe andare a sedersi al tavolo vestito com’è. Non parla inglese. Gli fanno segno con le mani. Da regolamento i pantaloni devono arrivare almeno sotto il ginocchio. Lui se ne va deluso, in bermuda arancioni, giù dallo scalone monumentale.
«Il poker è come il low-cost», dice un anziano giocatore al tavolo dello chemin de fer con la faccia perplessa. Gli sfilano accanto cinque donne spagnole in completo rosso e stemma sulla divisa della “Queen of Massage”. Offrono il loro servizio per alleviare lo stress del pokerista. «Un euro e cinquanta a minuto, ci occupiamo di spalle, collo, braccia e mani», racconta Desiré Gonzales, 36 anni, da Barcellona. «In genere lavoro come osteopata nei grandi alberghi della mia città, ma questa esperienza nei tornei di poker sta andando molto bene. È la quarta volta che partecipiamo. E intendiamo continuare».
La diretta tv
Per cinque giorni e fino alla finale di domani sera, che verrà trasmessa in diretta streaming per gli appassionati, il vecchio mondo e il nuovo mondo convivono a Sanremo. Carlo Savinelli vanta in carriera vincite superiori al milione di euro, e così racconta la sua storia: «Ero laureato in giurisprudenza e stavo perfezionando i miei studi giuridici, quando ho capito che il poker poteva diventare un lavoro. Serve pazienza, studio, determinazione. Come nella vita, nel poker non c’è sempre il lieto fine. Anzi. Ma non devi abbatterti. Non è come la briscola. È una gioco più simile agli scacchi. Voglio dire: non conta solo la fortuna, puoi imparare. Puoi vincere». È quello che dicono tutti. Salvatore Bonavena, occhialoni neri in pausa meditativa, da Vibo Valentia: «Ci vuole pazienza e psicologia. Ogni mano rischi di uscire. Ti sale l’adrenalina al massimo. Voglio vincere». Abdelghani Finti, 30 anni, da Bologna: «È una sfida. Partiamo tutti alla pari È come partecipare alla Champions League».
Due saloni pieni. Sguardi fitti. Ad ogni tavolo ovale, dieci giocatori più un dealer: il mazziere. Ma tutto qui viene detto in inglese e italianizzato fino a fondare una specie di lingua del pokerista. Ho foldato. Ho tribettato. E poi c’è la bolla: la bolla che scoppia. Quando, partita dopo partita, scrematura dopo scrematura, un giocatore eliminato dopo l’altro, si entra nella fase dei premi. Da qual punto in avanti, tutti i superstiti vinceranno qualcosa. Da un minimo di 700 euro, al premio più ambito.
La moda del poker ha avuto una crescita esponenziale a partire dal 2007, quando volti di sportivi molto famosi si sono prestati a fargli pubblicità: Ronaldo, il brasiliano dell’Inter, fu uno dei primi. Vennero Buffon, Beker, Nadal e altri ancora. Adesso tutti sono qui a provarci, convinti di poter svoltare la propria vita. Nel mucchio di giocatori inesperti, si nascondono almeno un centinaio di professionisti. «Di questa vita mi piace il poter decidere tutto», racconta ancora Savinelli. «Devi mettere in conto di poter perdere. È sul lungo che ottieni risultati. E poi mi piace viaggiare. Il torneo più bello l’ho giocato in Australia».
Desiré Gonzales della “Queen of Massage” si prende un attimo di tregua. «Certo, capitano molte cose buffe in sala. Quelli che sostengono che tu gli porti fortuna. E allora continuano a chiederti un nuovo massaggio, e devi fare tutto uguale a quello di prima, come in un rituale. Quelli che dicono di essersi innamorati di me. Quelli che mi chiedono se posso fargli un massaggio anche fuori da qui».
Poco alcol, quasi niente. Pochissime donne sedute ai tavoli. Cappellini, solitudini. Un’altra mano. Vanno avanti fino alle tre del mattino. Ma hanno tempo fino all’una, in caso di eliminazione, per iscriversi ancora. Fino a quando questo ticchettio infernale di fiches si diraderà e si farà silenzio. E di 2500 giocatori di poker, ne resterà soltanto uno.