Il Messaggero, 4 maggio 2019
Il sondaggio segreto del M5s
Due sondaggi. Su dossier differenti. Luigi Di Maio li agita entrambi, in queste ore. Il primo riguarda il caso Siri. «Il 65% degli italiani la pensa come me – si sfoga il vicepremier – e dunque come noi: il sottosegretario deve andarsene». Il 13% per la cronaca sarebbe contrario, secondo la proiezione, alla revoca del sottosegretario; il resto «non sa». Ecco perché il capo politico è convinto che alla fine Salvini non romperà «sulla questione morale: sarebbe un autogol». Ma è un altro sondaggio a preoccupare Di Maio. E riguarda le elezioni europee: il M5S balla tra una forbice compresa tra il 20 e il 22%. «Troppo poco». Perché «la nostra soglia psicologica deve essere del 25%, altrimenti con la Lega sopra il 30 il governo è a rischio», ragiona un big pentastellato.
LA MOSSA
La sensazione che la situazione precipiti è comune a tutti. Ed ecco spuntare fuori con tempismo perfetto Alessandro Di Battista: «Se dopo le elezioni europee – dice ad Accordi & Disaccordi, sul canale Nove – dovesse saltare questo governo, mi ricandiderei», un fulmine che squarcia il cielo grillino. Un’altra spina nel fianco di Di Maio. In caso di ritorno alle urne, infatti, il Capo politico non potrebbe ricandidarsi avendo già consumato tutte le fiches (due mandati elettivi) Salvo cambio delle regole in corsa, certo.
Ma di sicuro il ritorno di Dibba parte terza – dopo una rentrée non proprio brillante dalle Americhe – segna che la situazione è grave e (forse) seria. Ancora l’ex parlamentare sul caso Siri: «Il punto non è giudiziario, ma politico come ha capito bene il presidente Conte. Il sottosegretario ha utilizzato il proprio potere per piazzare degli emendamenti che erano delle marchette nei confronti di Arata». Le invettive di Di Battista però non entrano nel Gra, figurarsi in Campidoglio: «No, non è plausibile. Non sono all’altezza di essere il sindaco di Roma. Virginia Raggi è stata all’altezza sempre di più».
Dibba, che si era imposto il silenzio dopo un ritorno pieno di ombre e critiche interne, sta passando l’ultimo periodo a Viterbo, dove frequenta un corso di falegnameria. Per lavorare il legno e trasformalo in «oggetti che potrebbero servirmi nel mio prossimo viaggio in India». Ma adesso balla tutto. Compreso il nuovo viaggio – sempre con la compagna Sarah e il figlioletto Andrea – che potrebbe essere molto più corto del previsto. Il Di Maio-pensiero spera sotto sotto che Salvini non rompa: «E perché proprio adesso che l’economia sta dando risposte positive?». Ma tra i grillini monta la certezza che dopo il voto per la Ue la situazione tocchi un punto di non ritorno.
Soprattutto se la «soglia psicologica del 25% dovesse risultare un miraggio, e probabilmente sarà così perché queste non sono elezioni politiche», spiega ancora chi in queste ore condivide i dubbi e le strategie con Di Maio. Alle prese, adesso, con il ritorno di quello che pubblicamente chiama il «primo sostenitore del M5S». Un competitor interno che potrebbe spostare il Movimento su posizioni di nuovo barricadere e oltranziste, forte di un asse con Roberto Fico e con tutta l’ala più movimentista. Obiettivo: pescare a sinistra. E rimanere comunque l’ago della bilancia.
LA FOTO
Sarà pure un caso, ma proprio ieri, anche Beppe Grillo è tornato a battere un colpo. E su Instagram ha pubblicato la foto di un vecchio appunto dei tempi del Vaffa-day. Un messaggio chiaro, quello del Garante, che sembra suonare come un richiamo alle armi. O meglio: alle origini. Banali nostalgie passatiste? C’è chi dice di no. Un altro ritorno? Può darsi. Anche perché nella compagine ministeriale pentastellata la constatazione di una rottura all’orizzonte si fa sempre più forte. Con due ipotesi: si va da un forte rimpasto (con iniezioni leghiste nei dicasteri chiave) fino al reset con la messa in mora del gabinetto Conte. Ieri alla Camera e al Senato, seppur semideserti essendo venerdì, si aggiravano grillini di vario lignaggio in preda a dubbi di questo tipo: «Ci saremo ancora tra un mese? In che modo?».