il Giornale, 4 maggio 2019
Sulla casa 50 miliardi di tasse
Le tasse sugli immobili valgono 50 miliardi euro. Un euro di tasse ogni nove viene dal mattone. La casa, bene primario e tradizionale forma di investimento della classe media, dal 2012 è diventa il bancomat di governi incapaci di riformare la spesa pubblica. L’ex premier Mario Monti introdusse il grosso della tassa sulla proprietà mascherata da Imu, una stangata sul valore degli immobili che portò il gettito da 9 a 25 miliardi e distrusse il mercato delle seconde case.
Gli effetti si sentono ancora oggi come ha certificato ieri Bankitalia nel rapporto sulla stabilità finanziaria. Mentre la «fase espansiva del ciclo immobiliare prosegue in gran parte dei paesi europei» in Italia «il settore stenta a rafforzarsi: il numero delle compravendite sale, ma i prezzi continuano a ridursi sia nel comparto residenziale sia in quello non residenziale. Secondo nostre stime i prezzi delle abitazioni diminuirebbero, seppure lievemente, anche nel 2019».
Eppure ancora oggi l’ex rettore della Bocconi non perde l’occasione per spronare la sinistra affinché sposi l’idea di una «patrimoniale annuale» sul valore degli immobili. Sottinteso, un’altra patrimoniale ricorrente, magari sulla prima casa che è stata in parte esonerata.
Anche senza il contributo di Monti, il conto fiscale a carico dei proprietari di casa resta elevatissimo. Se alla patrimoniale si aggiungono le altre tasse e imposte, il gettito complessivo è poco meno di 40 miliardi di euro, tra tributi locali e quelli nazionali.
Ma se si considera anche la Tari, la tariffa rifiuti, il conto sale a 50 miliardi. «Ed è giusto considerarla parte integrante della tassazione sulla casa», spiega Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. «Negli altri paesi europei fa parte della tassa sulla proprietà ed è per questo che la patrimoniale italiana sembra più bassa».
Solo Imu e Tasi valgono 21 miliardi di euro. La Tari altri 10. Solo le imposte sul patrimonio valgono 31 miliardi. Le entrate fiscali complessive dello Stato ammontano a 460 miliardi.
Nonostante le varie dichiarazioni di non ostilità verso il mattone, la pressione sugli immobili non è destinata a calare in tempi brevi. Il governo ha concesso qualcosa (la cedolare secca sul reddito da locazione di immobili commerciali e il raddoppio della deducibilità dell’Imu sui fabbricati strumentali) ma ha lasciato mano libera ai comuni per aumentare le aliquote.
Qualche allarme lo desta anche «l’atto di indirizzo sulle politiche fiscali» del ministero dell’Economia, che contiene diversi riferimenti al catasto. Il dicastero guidato da Giovanni Tria annuncia il miglioramento della «qualità delle informazioni catastali e l’aggiornamento e sviluppo della cartografia catastale, in coerenza con le indicazioni di Organismi europei ed extraeuropei», lo sviluppo di un sistema informatico «che, per ogni immobile presente sul territorio nazionale, permetta di conoscere la posizione geografica, la rappresentazione e le caratteristiche geometriche e censuarie, nonché le quotazioni di riferimento della zona» dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate. In controluce si intravede la voglia di riprendere la revisione del catasto che il governo Renzi avviò e poi bloccò, quando il premier si accorse che si sarebbe tradotta in una stangata a danno dei contribuenti. Ora tocca al governo gialloverde fare delle scelte, a favore o contro i proprietari di casa.