il Fatto Quotidiano, 4 maggio 2019
Nessuno vuole pubblicare le memorie di Woody Allen
La parola è “tossico”. E nessuno l’avrebbe associata a Woody Allen prima di quest’epoca a dir poco maligna, certamente ingrata, nei suoi confronti. A usarla sono i manager degli editori americani chiamati in causa sull’ultima follia che fa notizia attorno al regista di Manhattan.
A quanto riporta il New York Times, infatti, nessuno è disposto a pubblicare il mémoire di Allen al quale l’artista ha lavorato per decenni e che ora sarebbe pronto in forma di manoscritto. Qualcosa che solo alcuni anni fa avrebbe scatenato una novella corsa all’oro, e oggi, invece fa retrocedere i (non più) interessati con ritrosia e non poca vergogna perché essi sanno, in cuor loro, quello che fanno e che vanno perdendo.
Ma Woody oggi è tossico, anzi, per dirla bene, tossico è lavorare con/su di lui, prenderne in considerazione la figura artistica “inscindibilmente” legata a quella umana e proporla a un mercato internazionale pavido, così rischioso che più facile è un “No, grazie, non ci interessa”.
Il movimento del #MeToo – specie nelle frange profonde delle sue origini anglosassoni – ha fornito la definizione a questa “tossicità”, al di là di sentenze d’innocenza conclamata: è preferibile bandire (allontanare, cancellare…) chiunque sia stato accusato di molestie sessuali, per di più dalla propria figliastra che all’epoca aveva 7 anni. Punto e a capo. Per effetto domino, produttori, distributori e molte delle star con cui l’83enne cineasta ha lavorato si sono “ufficialmente pentiti” di averlo fatto, altri hanno addirittura devoluto i compensi ottenuti in beneficenza (“denaro sporco”, la mafia ha un nuovo rivale!) con l’ovvia conseguenza del “mai più con lui”: con l’estrema unzione sentenziata da Amazon Studios, che giammai distribuirà l’ormai finito A Rainy Day in New York, Woody Allen appartiene al cinema del passato, in Italia però lo vedremo in ottobre grazie a Lucky Red.
Ma il mondo dell’editoria, finora, non si era pronunciato né schierato. E pensare che – sempre a quanto riporta il Nyt – nel 2003 il grande autore stava chiudendo con Penguin una sua autobiografia per la “modica” cifra di 3 milioni di dollari e non lo fece perché “per quello voglio più soldi”.
“È molto triste apprendere che, oltre al cinema, anche l’editoria statunitense abbia fatto muro contro Woody Allen: non me l’aspettavo, anche perché in buona parte è costituita da persone molto liberal”, dichiara Gian Arturo Ferrari, ex vicedirettore di Mondadori di cui ora è consulente. “Tutti sappiamo quanto il mondo anglosassone sia puritano e poco conciliante con questo genere di peccati, ma bandire totalmente dalla pubblicazione un personaggio del peso di Allen mi pare una sciocchezza. Ammesso il sacro diritto alla libertà di stampa per cui un editore può o meno pubblicare come ritiene qualunque autore o libro, trovo che questo comportamento manifesti sostanzialmente la paura di diventare suoi complici; a questo punto dovrebbero nuovamente censurare Lolita e tanti capolavori e autori letterari. Fosse per me non aspetterei un secondo a pubblicare il manoscritto di Woody Allen che considero un grande artista”.
Con decine di libri a sua firma – Allen è anche scrittore, saggista, squisito umorista e fumettista e così ha iniziato la sua carriera – e dozzine di saggi/biografie a lui dedicati, il “caso del mémoire rifiutato” rivela un possibile paradosso. Poniamo infatti l’ipotesi che il manoscritto contenga alcuni elementi scottanti sui fatti di cui il regista è stato incriminato e, va detto, sempre assolto, con la figliastra-accusatrice Dylan Farrow addirittura in retroguardia rispetto agli strali di cui si è fatta portavoce fino a mesi fa. Se così fosse, il punto di vista del cineasta andrebbe in pasto ai lettori planetari, divenendo una “patata bollente” a cui i draghi dell’editoria non rinuncerebbero così facilmente. Ma nessuno lo sa – diversi editori si sono persino rifiutati di leggere i contenuti del libro – e chi lo sa non vuole parlare. Il fatto resta che davanti alla proposta di pubblicare il memoriale del plurimo premio Oscar nessun editore abbia fatto offerte.
Anche Stefano Mauri, presidente e ad di GeMS (Gruppo editoriale Mauri-Spagnol), pubblicherebbe senza esitazioni il mémoire di Woody Allen con una sola eccezione “se fosse un’unica excusatio non petita strumentale riguardo alle accuse dalle quali fu peraltro scagionato”. “In pratica – aggiunge Mauri – se il libro vertesse solo su quel tema e ritenessi che, pur essendo suo interesse scriverlo, non è interesse del suo pubblico leggerlo”.
Insomma, se dalle parti di Hollywood la carriera di Woody è definitivamente chiusa (“Non vedo alcun futuro nel suo lavoro”, dice Tim Gray, senior Vp di Variety, la bibbia dello showbiz) e da quelle dei publisher le porte si stanno puritanamente serrando (“Un ebook la cui cover mostra una donna rinascimentale a seno nudo non si venderebbe mai su Apple”, chiosa Mauri) ad Allen, per ora, sembra restare solo il clarinetto: i suoi concerti jazz vanno ancora a ruba.