il Fatto Quotidiano, 3 maggio 2019
Il Catania-Palermo sempre vuoto
Grandi novità per gli investimenti, che tutti chiedono a gran voce per rilanciare l’economia: non si valuta più niente, poco importa se servono o meno. Il Movimento 5 Stelle applaude non solo gli 8 miliardi per la nuova linea Palermo-Catania, ma già parla di una spesa complessiva per le ferrovie dalla Sicilia da 13 miliardi. Cioè circa 7.800 euro per famiglia siciliana. È il nuovo che avanza. Una rozza analisi costi-benefici indipendente per quella linea esisteva, ed era pubblicata dal- l’ingegner Francesco Ramella e da chi scrive, in un recente libro dal titolo Trasporti: conoscere per deliberare. I costi allora noti, probabilmente vecchi, erano di 4,5 miliardi, ma si sa che non bisogna badare a spese, soprattutto quando si tratta di soldi altrui. Anche considerando quei 4,5 miliardi i risultati di un’analisi costi-benefici erano catastrofici, a causa di una domanda insufficiente.
IL TRAFFICO. La linea Torino-Lione nota come Tav e oggetto di infinite polemiche, costa di più (11 miliardi), ma ha un traffico, pur del tutto insufficiente a giustificarla, molto maggiore di quello prevedibile sulla Palermo-Catania, che avrà solo traffico passeggeri, al contrario del Tav (che prevede treni passeggeri e merci per un totale di circa 80 treni al giorno).
La Palermo-Catania sarebbe una linea a doppio binario con una capacità minima di 220 treni al giorno. Tra le due città si può immaginare che al massimo si potrà avere un servizio di un treno ogni mezzora per le quattro ore del giorno più appetibili per spostarsi, e uno ogni ora per le altre 8 ore, su 12 ore totali di esercizio (se non si vuole vedere i vagoni completamente vuoti). Con questa generosa stima, si arriva a 16 treni al giorno per senso di marcia, 32 in tutto. L’utilizzazione della linea sarebbe meno del 15 per cento della capacità. Sarebbe quindi una linea deserta. E con un’utenza destinata a diminuire nel tempo: la popolazione italiana è in lieve calo demografico, ma quella siciliana lo è più della media.
L’ASPETTO SOCIALE. Si potrebbe obiettare (come sempre si fa nei casi di servizi deserti) che vi sono gli aspetti sociali. Ma quanti saranno i poveri che andranno spesso tra Palermo e Messina? Molto pochi, sicuramente non operai e contadini. L’utenza sarà composta per lo più da impiegati e studenti, e da molti professionisti e funzionari. Molti che oggi vanno in macchina certo sceglieranno il treno.
Ma perché mai sussidiare categorie di reddito medio-alto con un fiume di soldi pubblici? Per fargli risparmiare un po’ di tempo a spese di tutti i contribuenti?
L’AMBIENTE. Non ci si può dimenticare dell’ambiente, altro storico appiglio per grandi opere inutili. Peccato che con un traffico di queste dimensioni spostato della strada alla ferrovia, per recuperare i costi ambientali di anni di cantiere, a occhio ci vorrebbe un secolo. Soprattutto se consideriamo che i veicoli stradali inquineranno sempre di meno, stando alle previsioni più recenti per il settore.
Proviamo ora un altro conto che si può fare sul retro della busta, tanto i numeri in gioco sono clamorosi.
IL CAPITALE. Oggi si prevede un costo di 8 miliardi (poi, si sa, alla fine le opere tendono a costare un po’ di più, ma prendiamolo per buono). Stimiamo un costo del capitale basso, cioè di tipo pubblico, usando un parametro europeo: il 3% annuo (un privato per meno del 6% neanche si muove).
Vediamo i passeggeri trasportati all’anno: 32 treni al giorno con 250 passeggeri in media per treno, fanno 8.000 passeggeri al giorno, in un anno sono circa 3 milioni di passeggeri. Il 3% del costo annuo del solo capitale fanno circa 240 milioni all’anno, cioè circa 80 euro per ogni passeggero trasportato. Conviene regalare una macchina elettrica a ciascuno, o forse anche fare un servizio di elicotteri da centro a centro delle due città. O, meglio ancora, introdurre un servizio di autobus ecologici gratuiti per tutti, molto frequente, e che occuperebbe molta più gente.
L’IMPATTO. Vogliamo dimenticare gli impatti macroeconomici? Per le imprese, sono praticamente nulli (non sono prevedibili traffici merci di qualche consistenza spostabili su treno). Gli impatti occupazionali diretti nelle opere di questo tipo, per euro speso, sono oggi modestissimi e comunque temporanei. Quelli indiretti sicuramente inferiori a quelli ottenibili in settori più labour-intensive (se non forse per alcune organizzazioni molto particolari che sembrano presidiare con attenzione il settore delle opere pubbliche, e non solo in Sicilia).
Qualcuno pensa davvero di far sviluppare il Mezzogiorno con ferrovie costosissime e deserte? Certo, i conti qui presentati sono un po’ rozzi. Visti gli importi in gioco, occorrerebbe una seria analisi costi-benefici. Ma, Dio non voglia, forse l’obiettivo di questo progetto non è lo sviluppo della Sicilia, ma la raccolta di voti.
Non c’è che sperare di essere smentiti e che il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, si attenga alle sue intenzioni iniziali, valutando tutto in modo trasparente e aprendo su tali valutazioni il dibattito politico, ben prima di decidere.