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 2019  maggio 03 Venerdì calendario

La moda e L’Islam

Mercoledì prossimo le edicole di tutto il mondo accoglieranno una vecchia conoscenza, l’edizione speciale Swimsuit di Sports Illustrated, pubblicata dal 1964. Quest’anno, però, con una novità: in copertina non ci sarà la solita bellezza in bikini succinto, ma Halima Aden, modella somalo-statunitense che due anni fa è stata la prima a sfilare indossando l’hijab. Velo che, insieme al burkini, veste anche sulla cover del magazine. Un’altra signora con le stesse origini di Halima, Ilhan Omar, a gennaio è stata la prima donna a indossare il velo al Congresso degli Stati Uniti, che per consentire l’ingresso al suo nuovo membro ha modificato una norma risalente al 1837. Esordi dirompenti, in entrambi i casi: ma, dal punto di vista della moda, ennesime dimostrazioni della ormai ampia attenzione per i temi della diversità e multiculturalità. Che comporta anche un crescente interesse per il veloce sviluppo del “modest fashion”.
Altri eventi accaduti quest’anno ne sono la prova: in marzo, per la prima volta Dior ha portato la sua sfilata couture PE a Dubai, inserendo nella collezione alcune creazioni pensate per lo stile locale; e sempre a Dubai, il 24 aprile, Blumarine ha inaugurato l’Arab fashion week. Net-a-porter (che due anni fa ha aperto la sua sezione “modest”) ha appena reso noto che il numero di capsule collection (17) dedicate al Ramadan, il mese sacro per l’Islam che si apre domenica sera, non è mai stato così alto, mentre si prepara al lancio della piattaforma dedicata al Middle East entro la fine dell’anno. Sempre per il Ramadan, Tiffany ha firmato una collezione, accompagnata da una ricca campagna visuale, in collaborazione con la stilista emiratina Al Mulla e l’artista Tulip Hazbar. Swarovski ha appena presentato la sua prima brand ambassador per la stessa area geografica, l’influencer Noha Nabil.
Tanti e tali riflettori accesi sul modest fashion sono alimentati dalle previsioni di crescita di questo settore, confermate da molteplici fonti: lo «State of the Global Islamic Economy Report 2018/19», pubblicato da Thomson Reuters con DinarStandard e il Dubai International Financial Center, stima che le vendite globali di moda “halal” passeranno dai 270 miliardi di dollari del 2017 ai 361 nel 2023 (al ritmo del + 5% medio all’anno). A scorrere la lista dei Paesi con la crescita più sostenuta e costante del Pil, nell’ultimo studio “Outperformers” di McKinsey Global Institute, cinque su 11 sono a maggioranza musulmana o con una importante comunità, come l’India e l’Etiopia. E Paesi a prevalenza musulmana come il Bangladesh e il Senegal sono nella top 10 delle “tigri” del World Economic Outlook pubblicato ad aprile dal Fondo Monetario Internazionale.
Per rispondere efficacemente al conseguente aumento dei consumi, dunque anche di abbigliamento e accessori, il mondo del modest fashion si sta riorganizzando anche nella comunicazione: oltre alle quattro fashion week dedicate (Istanbul, Londra, Dubai e Jakarta) e dopo il primo Modest Fashion Summit organizzato a dicembre nella capitale indonesiana, l’Islamic Fashion and Design Council, con sede a Dubai e uffici in altri sette Paesi (fra cui l’Italia), all’inizio dell’anno ha raccolto 100 milioni di dollari di fondi per promuovere nel mondo marchi di moda religiosa. Puntando, peraltro, anche sull’e-commerce, canale naturale per i nativi digitali, i Millennials che anche nel mondo dei consumi halal sono una categoria sempre più ampia e cruciale da intercettare.
Ecco perché The Modist, piattaforma emiratina con un mix di marchi di alta gamma occidentali e “locali” lanciata nel 2017, dopo quelli di Vaultier7 e Chaloub Group, alla fine di marzo ha raccolto altri finanziamenti da Farfetch (con cui ha una partnership già dall’ottobre scorso) e da Nicola Bulgari, attraverso il suo fondo di private equity Annabel. Pochi giorni prima, la Banca Europea di Ricostruzione e Sviluppo ha comunicato di aver investito nell’e-tailer turco Modanisa.com, che vende in 130 Paesi e che è stata già finanziata da Goldman Sachs e Wamda Capital. Oltre che un impegno onorevole, la promozione della diversità è sempre di più anche un ottimo investimento.