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 2019  maggio 03 Venerdì calendario

Nicola Dioguardi, il pioniere dell’epatologia che ha creato l’Istituto Humanitas

Nicola Dioguardi (1921-2019), medico, è nato a Bari.

Apparteneva all’ultima generazione dei grandi clinici medici italiani, con una specialità: quelle delle malattie di fegato. Nicola Dioguardi, classe 1921, è morto ieri a Milano.
«Era un secondo padre per me – ci racconta al telefono da Lima Massimo Colombo, uno della sua scuola che si è specializzato nella ricerca e nella cura delle infezioni del fegato, in primis l’epatite C, alla ribalta negli ultimi tempi.
Nicola Dioguardi, il prossimo luglio avrebbe compiuto 98 anni. Pugliese, con metà sangue friulano, era nato a Bari il 13 luglio 1921 e dopo la laurea in Medicina presa a Bologna si era trasferito a Milano, sua città di adozione, nel 1949. Da lì ha intrapreso una grande carriera. E ha creato una scuola. Ha lavorato con personalità di grande calibro come Pier Mannuccio Mannucci, specialista nelle malattie della coagulazione del sangue, dipendenti dal fegato, e ha lasciato molti eredi fra cui Gaetano Ideo, Mauro Podda, Massimo Colombo, appunto. E, dopo essere stato professore universitario, è diventato direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano di cui è stato anche l’ideatore.
«Erano gli anni Settanta – racconta Massimo Colombo, professore dell’Università di Milano, ora all’Humanitas —. E lui, Dioguardi, ha cambiato il volto degli ospedali in Europa. Ha contribuito a creare ambulatori per i pazienti che soffrivano di malattie croniche del fegato». Prima, cioè, che per loro si aprissero le porte degli ospedali. Ma non è tutto.
«Dioguardi non solo credeva nel metodo scientifico e promuoveva le carriere universitarie basate sui meriti, ma rifuggiva dal potere politico. E stimolava noi tutti a approfondire la conoscenza con la ricerca», dice Colombo.
Rapporto umano
Diceva che un medico dovrebbe sempre guardare negli occhi i propri pazienti
Un personaggio indipendente da tutto. Che però riconosceva i suoi mentori. Armando Businco, professore di Anatomia patologica all’Università di Bologna dove si è laureato, che gli ha insegnato il rigore nell’analisi dei casi clinici. E Luigi Villa, internista all’Università di Milano da cui ha imparato l’approccio al paziente non paternalistico ma cordiale.
Diceva Dioguardi che un paziente va guardato negli occhi, gli vanno poste domande precise e rigorose in modo da ricevere il più possibile informazioni utili per formulare una diagnosi.
Un approccio ben lontano dalla nostra epoca fatta da chat in Internet, Facebook, Instagram dove i pazienti cercano informazioni e pretendono di dialogare con i medici con i social network.
Ma Dioguardi riconosceva anche l’aiuto ricevuto, nella sua carriera, non solo dai suoi maestri, ma anche da suo moglie Magda, che se n’è andata prima di lui. In occasione di un’intervista rilasciata qualche tempo fa affermava: «Mia moglie Magda mi sopporta da tanti anni e non fa più caso se vado a letto alle nove e mi alzo alle quattro del mattino per studiare».