La Stampa, 1 maggio 2019
Gli ingegneri del caos. L’ultimo libro di Giuliano Da Empoli
Uscito con ottime recensioni in Francia, segnalato sul Financial Times e poi sui giornali in Germania e in televisione in Gran Bretagna, dove presto sarà tradotto, il nuovo libro di Giuliano Da Empoli, Gli ingegneri del caos, arriva domani in Italia edito da Marsilio. Da Empoli, presidente del Centro studi Volta ed ex consigliere di Matteo Renzi, da tempo riflette sulle origini del nazional sovranismo contemporaneo ed è l’autore della fortunata espressione secondo cui l’Italia è «la Silicon Valley del populismo globale», ovvero il paese capace di sperimentarne ogni forma possibile e prima di chiunque altro, come ha scritto nel saggio precedente La rabbia e l’algoritmo, «dal populismo regionalista della Lega a quello giudiziario di Antonio Di Pietro, fino all’apoteosi catodica del populismo plutocratico del Cavaliere». Gli ingegneri del caos è l’osservazione globale del fenomeno che Da Empoli compie raccontando i personaggi chiave della rivoluzione populista, non solo i Casaleggio padre e figlio e i Matteo Salvini e i Luca Morisi, ma anche l’americano Steve Bannon che è stato il visionario artefice del successo di Trump e oggi è impegnato a organizzare la prima internazionale populista in Europa e non solo, e poi l’ebreo americano Arthur Finkelstein che ha aiutato l’ungherese Viktor Orban, assieme al locale Árpád Habony, a diventare uno dei leader di questa stagione e, infine, l’ideologo del Cremlino Vladislav Surkov. Da Empoli usa un’immagine formidabile per inquadrare l’avanzata del populismo e la prende in prestito da Goethe. L’immagine è quella del carnevale, osservato dal poeta tedesco da una finestra della sua abitazione di Roma, nel 1787. L’allegria, la baruffa, la foga, l’astio, la rabbia e il narcisismo fanno del carnevale, secondo Goethe, «la festa che il popolo offre a sé stesso». Scrive Da Empoli che «del carnevale e del suo spirito sovversivo nessun potere è mai riuscito a liberarsi del tutto». Non solo, la celebrazione del caos «nel corso dei secoli ha cessato di percorrere le strade per trasferirsi nei pamphlet e nelle vignette dei giornali popolari, fino a riemergere in tempi più recenti nella satira dei comici televisivi e nelle invettive dei troll digitali». Continua l’autore: «Ma è solo oggi che il carnevale ha finalmente abbandonato la sua collocazione periferica, ai margini della coscienza dell’uomo occidentale, per assumere un’inedita centralità, posizionandosi come il nuovo paradigma della vita politica contemporanea». Dietro questo divertimento chiassoso e grottesco che stiamo vivendo, e dietro i tanti Pulcinella che lo popolano, in realtà si nasconde il lavoro puntuale e tecnico degli ingegnerei del caos, di quegli ideologi e spin doctor che reinventano la propaganda al tempo dei selfie, alimentano le paure degli elettori e trasformano la democrazia in un «game da consolle», grazie anche all’aiuto della disintermediazione sociale causata dalla rivoluzione digitale e del modello di business dei social network. Il caos odierno è un videogame cui restare incollati, creato in condivisione dagli ingegneri politici e dai «coders» della Silicon Valley, frutto di un impulso estroso e fantastico tra pubblico e privato, tra ideologia e commercio, e con l’obiettivo di demolire l’opinione pubblica, grazie anche ai troll, ai reality e agli algoritmi che si sostituiscono a pensiero politico per catturare il sentimento prevalente sulla rete. E dunque, come nel carnevale, lo spettatore diventa attore, l’elettore diventa politico, Pulcinella va al governo ma alla prova dei fatti resta un travestimento, una contraffazione, una parodia. Il caos di questi anni è La fattoria degli animali che incontra Black Mirror, una realtà surreale dove l’opinione del primo passante vale più di quella degli esperti e l’anonimato produce lo stesso effetto di disinibizione garantito nelle carnevalate dal costume burlesco. Chi prova a ragionare, a studiare, a distinguere il vero dalla bufala, scrive da Empoli, ha il ruolo ingrato del guastafeste e per questo è ricoperto di insulti, smorfie e boccacce (che ora si chiamano «meme»). Da Empoli svela i trucchi tecnici di questa epoca, quelli usati per manipolare l’opinione britannica sulla Brexit e quelli escogitati dal team Trump per screditare Hillary Clinton. Spiega anche la nuova religione dell’«engagement» digitale e la trasformazione della politica da centripeta in centrifuga, perché le estreme provocano emozioni forti, maggiore indignazione e più coinvolgimento rispetto alle noiose posizioni sensate e moderate. A leggere il saggio di Da Empoli c’è poco da essere ottimisti: quando le maschere di questo tempo falliranno, e saranno a loro volta oggetto di sberleffo e bersaglio di rancore, è possibile che ne arriveranno di peggiori, perché «è assai improbabile che gli elettori, assuefatti alle droghe pesanti del nazional-populismo, tornino a invocare la camomilla dei partiti tradizionali. Chiederanno qualcosa di nuovo e, forse, di ancora più forte». Considera il carnevale.