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 2019  maggio 01 Mercoledì calendario

Il Chievo (retrocesso) è la squadra che corre di più in A

I chilometri percorsi da una squadra di calcio sono un dato da maneggiare con cura. Sono spesso utilizzati dagli appassionati come indice di una buona forma fisica dei giocatori – a logica, se corri di più vuol dire che sei ben allenato – e quindi, per esteso, testimonierebbero l’ottimo lavoro dei tecnici e dei preparatori atletici. Così però si osserva il dito e si perde di vista la luna. La quantità non è sinonimo di qualità, anzi, nella maggior parte dei casi il rapporto è inversamente proporzionale: in molti casi, le squadre che macinano più chilometri sono anche quelle che devono rimediare ad alcuni scompensi di natura tecnica o tattica. In sostanza, chi corre tanto, con ogni probabilità, lo fa soprattutto perché corre male. Inoltre i chilometri possono essere condizionati dall’idea di gioco: una squadra che tende a rimanere corta, con i reparti stretti e le distanze minime tra i giocatori, e ad aggredire in avanti per la riconquista immediata del pallone correrà meno rispetto ad una che difende con il baricentro basso, vicino alla propria area di rigore e dovrà percorrere tutto il campo per arrivare al tiro verso la porta avversaria.

LA CONTRADDIZIONE
Non è un caso, quindi, che nel campionato italiano due squadre iper-organizzate dal punto di vista tattico e abili nel pressing offensivo come il Torino e la Sampdoria siano penultima e terzultima in quanto a chilometri percorsi ogni partita (105,7 e 105,8 in media, solo l’Udinese corre meno di loro con 105,4), mentre il Chievo, incline a difendersi e privo di un’organizzazione precisa (per via del turnover di tecnici: D’Anna, Ventura e poi Di Carlo) sia invece quella che ne macina di più. Il Chievo dimostra la contraddizione del dato sulla corsa: è la peggior formazione della serie A sotto tutti i punti di vista (ultima in classifica con il minor numero di gol fatti e il maggior numero di gol subiti) ma è anche quella apparentemente più in forma, con 112,1 in media a partita, più di uno in media rispetto al Bologna, secondo in graduatoria. La società veronese, che quest’anno ha scritto il manuale per la retrocessione assicurata, suggerisce quindi che correre non basta per salvarsi. È una tesi sottolineata anche da Frosinone ed Empoli, che mantengono una corsa nella media (107 chilometri complessivi a gara) ma sono ad un passo dall’oblio. Se per l’Empoli si può fare un ragionamento diverso, perché sotto la guida di Andreazzoli propone un gioco ambizioso, di palleggio e ritmo, con il Frosinone e il Chievo è spontaneo associare la mole di corsa ad una filosofia antica e ormai perdente.

ESEMPIO SPAL
Tradotto: il calcio vecchio stampo di fatica e sacrificio, storicamente applicato dalle squadre meno attrezzate, non è più un percorso sicuro verso la salvezza. Non basta applicarsi, in sostanza, per strappare punti. Nel calcio contemporaneo serve ormai una proposta di gioco anche – o meglio: soprattutto – alle squadre che difettano in qualità, che quindi secondo la vecchia teoria dovrebbero sullo spirito per compensare i difetti tecnici. Ne è un esempio positivo la Spal, che si è arrampicata verso la salvezza perseverando su principi di gioco che non sembravano pagare nella prima metà di stagione: l’identità costruita nel tempo vale più della condizione atletica. Fosse chiaro a tutti, avremmo un campionato più affascinante e competitivo.