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 2019  maggio 01 Mercoledì calendario

Un giorno in pretura, Le Iene e la giustizia-spettacolo

Raitre processa «Le Iene»? Detta così sarebbe un bel programma, anche coraggioso, ma la realtà è più sfumata. Domenica scorsa, «Un giorno in pretura» ha dedicato la puntata all’omicidio di Marco Vannini. Com’è noto, Vannini morì il 15 maggio 2015, per un colpo d’arma da fuoco esploso all’interno della villetta della famiglia della sua fidanzata Martina. 
Prima ancora della messa in onda, la giornalista e conduttrice Roberta Petrelluzzi ha pubblicato un post di sostegno alla famiglia Ciontoli, contro il cui comportamento, invece, aveva sollevato molti dubbi Giulio Golia, in una recente puntata delle «Iene». Era già successo in passato. Franca Leosini era intervenuta sul delitto di Erba per difendere la famiglia Castagna dalle insinuazioni di un servizio delle «Iene».
Da quando «Un giorno in pretura» è andato in onda la prima volta (18 gennaio 1988), ho sempre manifestato forti perplessità nei suoi confronti (e verso tutti quei programmi che nel tempo si sono sostituiti ai tribunali) perché così si è data la stura alla trasformazione della giustizia in spettacolo.
Come sosteneva anche Umberto Eco, la trasmissione non rappresentava (rappresenta) un prolungamento tecnologico del concetto di «pubblicizzazione» insito nel processo, ma era (è) una sua trasformazione radicale: «non vediamo la Giustizia in azione, ma la Tv che interpreta la giustizia». E la conversione linguistica che la tv opera ha spesso voluto dire gogna, berlina: conseguenze estranee al nostro ordinamento giuridico. La tv non è solo regolata dalle leggi del Codice, ma soprattutto dalle «leggi di trasmettibilità». Le quali intendono il termine «pubblico» come sostantivo e non come aggettivo: il pubblico è l’audience. Tutto quello che la tv fa nel nome del pubblico, nel nome del popolo italiano o di qualunque altra nazione, lo fa sempre e soltanto in termini di audience.