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 2019  maggio 01 Mercoledì calendario

Osvaldo ballerino, seconda vita

Ci vuole coraggio a scendere da un treno che corre verso la sua destinazione. Eppure, secondo Daniel Osvaldo, ce ne vuole ancora di più a stare a bordo quando realizzi di voler andare da un’altra parte. Ecco perché, se meno di tre anni fa era nei campi di Serie A – ha giocato, tra le altre, con le maglie di Roma, Juventus e Inter —, oggi si ritrova al centro della pista di «Ballando con le stelle», lui che alla musica ha deciso di dedicare la vita. 
Messe da parte le scarpe col tacchetto a 30 anni, nel pieno della carriera di calciatore, ha poi formato una band, i Barrio Viejo, con cui ha inciso un disco e fa concerti (in Argentina e ora anche in Italia, prossime date Pisa e Bergamo). «Mi sembra di aver già vissuto tante vite... ma spero di viverne altrettante in futuro. Sempre legate alla musica però: voglio morire sul palco, voglio fare questo per sempre, e magari imparare altro». Tipo ballare. «Quando mi hanno proposto di partecipare a “Ballando” non ero convinto, poi mi sono detto che era una nuova sfida». Parola per lui irresistibile: «Sono competitivo e ce la metto tutta. Ma vincere non è il primo obiettivo qui. Lo è più superare la paura di fare figuracce. Le difficoltà più grandi sono sempre nella mia testa». 
Si definisce «libero, anche nel compiere scelte che diventano più facili quando fai quello che ti dice il cuore... solo così non si hanno rimpianti». 
Per anni il calcio sembrava la strada, «ma poi ho capito che avevo altri interessi, senza considerare quanto mi dava fastidio quell’ambiente... Così mi sono detto: mi butto nella musica, un mio sogno da sempre. Alla fine è semplice». Anche perché «sarebbe stato più difficile continuare con qualcosa che non volevo fare più. Non ho avuto mai rimpianti». Non si è mai detto: che ho fatto? «Se le cose vanno in un modo c’è sempre un motivo. E un errore lo puoi sistemare, un rammarico no». Non ne ha, lui che da calciatore si sentiva «solo un numero. È un mondo un po’ frivolo e freddo, dove se giochi bene sei un dio e se giochi male uno zero». 
Non che l’ambiente dello spettacolo goda di ottima fama, «ma è diverso, perché se ti piace la mia musica vieni al mio concerto, se no stai a casa, non vieni a insultarmi. I tifosi spesso non capiscono che in campo stai lavorando. Il mondo della musica, come lo vivo io, mi pare più sano». 
E come lo vive lui è nei locali, nei club, nel contatto dal vivo. «Abbiamo voluto iniziare da zero, le cose che devono succedere succedono, nessuno le forza». E se con la vetrina dello show di Rai1 dovesse farsi avanti una major? «Eh speriamo. Ma se non capita stiamo bene così. Nei concerti in Argentina ho visto gente cantare cose che magari avevo scritto in camera mia alle 4 di notte. E quelle parole le sentivano loro. Quella è magia pura». Meglio di fare gol? «Sono due sensazioni bellissime e hanno qualcosa di simile: quando fai un gol hai creato qualcosa di speciale, solo che dura quel che dura, invece la musica è eterna». Del passato non gli manca nemmeno il denaro: «Non ho bisogno di niente, il segreto è questo. Con meno soldi, vivi più tranquillo e rilassato. Ci sono due situazioni dove hai grossi problemi: quando non ne hai proprio o quando nei hai troppi, perché la testa si perde. Meglio una via di mezzo». 
Cosa le manca di più dell’essere calciatore? «Lo spogliatoio, la vita con i compagni, i viaggi, i ritiri. Anche se somiglia un po’ a quello che faccio con la band». Nessuno dei suoi musicisti le dice che è stato pazzo? «Tutti, non ci piove. Pure mio padre, un ex musicista, ogni tanto se ne esce con la frase: “Però a me manca vederti in campo”. Mi spezza il cuore. Per fortuna c’è mia mamma che mi ripete: “Basta che tu sia felice”».