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 2019  maggio 01 Mercoledì calendario

Non esiste una dose normale di illegalità

«Da calabrese ho pensato e detto spesso cose truci della terra in cui sono nato e ho scelto di rimanere. Perché è una vita che mi misuro ogni giorno con l’ottusità predatoria delle sue classi dirigenti e l’ottusità servile delle sue genti», scrive sul sito volerelaluna.it (lodando un libro di Chiara Sasso: Riace, una storia italiana) il magistrato di Catanzaro Emilio Sirianni, finito in prima pagina perché indagato dal procuratore di Locri per favoreggiamento di Mimmo Lucano, il sindaco di Riace coinvolto nell’inchiesta sulla gestione dei fondi per l’accoglienza dei migranti.
«È una vita», prosegue lo sfogo contro quella Calabria a volte insopportabile, «che assisto impotente allo sperpero feroce della sua bellezza, quella che si vede (e si vede sempre meno) e quella che non si vede e sta in luoghi remoti dell’animo, in ricordi che ci portiamo dietro e fatichiamo sempre più a tener vivi. Capirete quindi quella sorta di manata al petto quando lessi la prima volta di un’utopia realizzata proprio qui, in questa terra che è sempre stata dieci passi avanti al resto del Paese in tutto ciò che vi è di peggio. Corsi lì subito e non potei più smettere di continuare a farlo, con le gambe e con il cuore». 
È difficile, per chi ha visto troppi esempi di canagliume intorno allo sfruttamento del business immigrazione, come l’affidamento di rifugiati a società specializzate in «derattizzazione» o ad albergatori che si vantavano d’essere ostili agli «altri» ma invocavano le prefetture al grido di «ridateci i nostri profughi!», non capire lo spirito, la generosità, la disponibilità di Mimmo Lucano. Preso a modello anche da registi come Wim Wenders. Ma è difficile anche comprendere certe «scorciatoie» illegali («sono un fuorilegge») che gli sono imputate. Men che meno, però, se è vero quanto scrive il procuratore di Locri Luigi D’Alessio, è comprensibile che un magistrato non si limiti a una generica solidarietà ideale ma consigli un imputato sulle mosse da fare, lo solleciti a «cancellare le mail che si scambiava con lui», lo allerti «a parlare di persona evitando comunicazioni telefoniche» e via così. Per sostenere le buone ragioni e contrastare le norme sbagliate chi maneggia la giustizia deve credere un po’ di più nella legalità. O esiste una dose omeopatica di illegalità accettabile?