La Stampa, 1 maggio 2019
I segreti scientifici del fantasy
Tredici cervicali, 12 toraciche, sette lombari, 36 caudali. Sono le vertebre di cui è dotato un vero drago. Che precisione, considerando che si parla di un essere che neppure esiste. Nelle avventure sovrannaturali il rigore scientifico può essere a suo modo estremo. Lo racconta Michele Bellone, biologo 39enne, oltre che appassionatissimo di fantasy, autore del libro «Incanto. Storie di draghi, stregoni e scienziati» (Codice).
«Volevo vedere quanta scienza e quale vive dietro alcuni archetipi della narrativa fantastica, dai romanzi alle serie, dai giochi ai fumetti», ci spiega. E così si è messo a passare al setaccio racconti di incantesimi, maghi ed eroi, guardandoli con gli occhi del ricercatore. «Non mi interessava usare il fantasy per fare divulgazione, ma scavare un po’ più a fondo e cercare il punto d’incontro fra linguaggi e mondi che vengono ritenuti molto distanti. Più spesso di quanto si creda, invece, si utilizzano spunti scientifici per creare storie fantastiche. E il senso di meraviglia è motore comune sia nel fantastico sia nella scienza. Lo dimostrano i lavori di molti autori. Mi viene in mente “Mondo Disco” di Terry Pratchett (grande appassionato di scienze naturali e astronomia, fu tra i primi a scrivere usando un computer, ndr), anche se lui lo fa in chiave umoristica. Oppure, più recentemente, Nora Jemisin, che parte da teorie geologiche per la sua trilogia della Terra spezzata».
Astrofisica e romanzi
Che scienza e fantasia, in un certo senso, si attraggano lo dimostra anche l’italiana Licia Troisi: autrice della prefazione di «Incanto», oltre che astrofisica, è autrice premiatissima di fantasy. Se un tempo le storie di folletti e orchi erano soprattutto roba per «nerd», oggi sono sdoganate e anzi «mainstream». Vedere il successo dell’ultimo film degli «Avengers: Endgame» (1,2 miliardi di dollari di incassi nel weekend del debutto) o i 17,4 milioni di spettatori per l’ultima stagione (in onda su Sky in contemporanea con gli Usa) di «Trono di Spade». Dove ad appassionare sono, sì, gli intrighi di potere, ma molto fanno pure i draghi.
«Il drago è una delle figure più classiche di questo genere letterario. E la scienza ci ha aiutati a capire da dove viene. Interpretando erroneamente i primi ritrovamenti fossili, nel folclore ha preso piede l’esistenza di questa creatura. Soprattutto in Oriente c’è una forte connessione lessicale oltre che culturale fra draghi e dinosauri, tant’è che i nomi di molti dinosauri scoperti in Cina contengono la parola drago. È ragionevole pensare che in passato le ossa di animali diversi siano state attribuite allo stesso esemplare, il che spiegherebbe l’esistenza nella mitologia di così tanti mostri ibridi come chimere, grifoni e ovviamente i draghi».
Vale anche il discorso al rovescio. «Notevole come certi scrittori hanno usato elementi scientifici per rendere più vicini a noi i loro draghi. L’esempio migliore è ancora “Il Trono di spade”. George R.R. Martin, l’autore dei romanzi da cui è tratta la serie, ha voluto che i suoi draghi avessero due zampe e due ali, in tutto quattro arti, con lo scopo dichiarato di essere più simili ad animali che conosciamo», dice Bellone, da cui apprendiamo che il drago, invece, dovrebbe avere sei arti, ma in natura non esistono vertebrati tetrapodi. Mentre gli esperti di effetti speciali per rendere più realistici i vari draghi cinematografici, a cominciare dallo Smaug dello “Hobbit”, si sono documentati studiando l’anatomia dei rettili e le dinamiche del volo di alcuni uccelli.
La geomitologia
Insomma, lo scopo era creare mostri che avessero qualcosa di contiguo a quello che siamo in grado di immaginare. Gli esempi degli intrecci scienza e fantasy, da Harry Potter al martello di Thor (che diventerebbe più pesante emettendo gravitoni, secondo il fisico James Kakalios), sono parecchi. «E dallo studio di miti e folclore sono anche spuntate vere discipline come la geomitologia (che indaga sulle possibili radici geologiche di storie leggendarie, ndr) e la criptozoologia (lo studio di animali la cui esistenza è ipotizzata su basi indiziarie, ndr). Le leggende nascono da un substrato di verità: erano tentativi di interpretare il mondo quando non esisteva il metodo scientifico».
«Così - conclude Bellone - la figura del mago e quella dello scienziato si confondono e hanno spessissimo tratti comuni. Del resto quante volte chiamiamo magia qualsiasi cosa non capiamo veramente. Oppure, per dirla come Arthur Clarke, l’autore di “2001 Odissea nello spazio”: ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia». E in alcuni casi pure da un vero miracolo.