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 2019  maggio 01 Mercoledì calendario

All’asta gli abiti di Claudia Cardinale

Correvano gli Anni 60 e 70: Parigi s’illudeva di conservare all’infinito il suo primato nella moda ma i couturier italiani, insidiosi, cominciavano a decollare con un’energia nuova. Negli Anni 80 arriveranno a condividere il piedistallo con i francesi, ma prima, chi se lo sarebbe immaginato? In quella fase Claudia Cardinale (probabilmente in modo inconsapevole) diventò con i suoi abiti una sorta di «manifesto» del made in Italy più glamour.
Lo si capisce osservando i 130 capi di alta moda e di prêt-à-porter indossati tra il 1959 (quando aveva 21 anni) e il 1980, che andranno all’asta online a Parigi dal 28 giugno al 9 luglio e per pochi giorni saranno anche esposti nella sede francese di Sotheby’s. 
La vita dell’italiana di Tunisi si divideva allora tra Roma, Parigi e gli Usa. Lei, però, «vestiva prevalentemente italiano», osserva Julia Guillon, che per Sotheby’s ha passato ore e ore con Claudia Squitieri, la figlia dell’attrice, e con la Cardinale per ricostruire l’origine di ognuno di quegli abiti. «Una delle rare eccezioni - continua l’esperta - è Nina Ricci. All’inizio degli Anni 60 la Cardinale assistette a una sfilata della maison a Parigi. E per lei scoccò un vero colpo di fulmine».
Come si vestiva negli anni 60 e 70? «Elegante e sobria. Uno degli stilisti da lei preferiti era Roberto Capucci, dai tagli geometrici. Ci sono anche tailleur-pantaloni, che all’epoca erano assai moderni - aggiunge Guillon -. In ogni caso, essendo così bruna, il suo guardaroba era molto colorato». 
Nel film I professionisti (1966) di Richard Brooks, Claudia interpretava la moglie di un messicano. E in La pantera rosa (1963) Dala, una principessa indiana. La sua era considerata una bellezza esotica e i vestiti si adattavano anche a quello. «La sua bellezza era davvero particolare. Come la sua voce, così roca - continua Guillon -: gli abiti si ritrovavano in secondo piano». Altra caratteristica: i capi dovevano essere confortevoli, comodi da indossare. Come lo saranno quelli di Giorgio Armani, quando diventerà praticamente il suo stilista esclusivo, dall’inizio degli Anni 80 a oggi. L’attrice ne capì subito la modernità e tra loro nacque anche un rapporto umano.
Prima, invece, la scelta era varia e comprendeva, oltre a quelli già citati, nomi come Barocco e Balestra. O altri oggi meno noti, vedi Emilio Schuberth, erede dell’alta sartoria napoletana, ma stravagante e onirico, e Irene Galitzine, principessa russa che nel suo atelier romano (frequentato pure da Jackie Kennedy) inventò il mitico pigiama palazzo. Ecco, fra i capi all’asta ce n’è uno, in shantung avorio, ricamato con perline d’argento: è molto simile a un altro della stessa stilista che Claudia indossava in La Pantera rosa. Una decina dei capi all’asta sono stati indossati dalla Cardinale non solo sul set ma anche nella «vita vissuta», come l’abito da cocktail con petali neri di Nina Ricci, visto la prima volta nel finale di Il magnifico cornuto (1964), di Antonio Pietrangeli. In Ruba al prossimo tuo… (1968), di Francesco Maselli, invece, indossava un cappotto di pelle, al fianco del coprotagonista, Rock Hudson, di cui, fino alla tragica fine, fu molto amica. Si finse perfino la sua fidanzata per difenderlo dall’omofobia di Hollywood, che non voleva farlo più lavorare.