Il Sole 24 Ore, 1 maggio 2019
Allarme amianto nei cantieri navali di Taranto
Non è facile scrivere di un tema così doloroso. Tra le malattie professionali la più pericolosa – il cancro – in Italia è in calo leggero di quasi l’1% l’anno (per l’esattezza, -0,9% nel 2018 rispetto al 2017) e tra i fattori più ricorrenti nello scatenare i tumori legati al lavoro il più feroce è l’amianto, come rileva il nuovo rapporto dell’Osservatorio sulla sicurezza del lavoro presentato nei giorni scorsi dai consulenti del lavoro. E Taranto – nei cui cantieri navali per un secolo l’amianto è stato usato con generosità incosciente – ne è la vittima più colpita.
L’amianto e le navi
I più esposti al terribile cancro da amianto sono stati i marinai e le persone vicine ai cantieri navali, nei quali il materiale è stato usato e disperso nell’aria in grandissime quantità per un secolo prima che se ne scoprisse la pericolosità e venisse vietato. Ecco Taranto (la prima causa di tumore non è legata all’Ilva: il terribile mesotelioma pleurico è prodotto dalle fibre diffuse su tutta la città fino ai primi anni ’90 dai cantieri della Marina), ma ecco i cantieri di Monfalcone (Gorizia) e di Marghera a Venezia e così via. E vi sono stati esposti per gli stessi motivi anche i lavoratori del settore della Difesa, come rilevano i dati del registro Renam dell’Inail che arrivano al 2015.
Al bando dal ’92
La legge 257 del 1992 ha messo al bando l’amianto i tutti i suoi usi, poiché le sue fibre invisibili e minutissime s’infiltrano nei polmoni e, come spine, provocano una malattia grave (l’asbestosi) e, nei casi più sfortunati, il mesotelioma pleurico, la cui diagnosi non lascia speranza.
Il tempo in cui questo cancro può incubare prima di manifestarsi si misura in decenni, e per questo motivo il picco di malattie dovrebbe essere raggiunto nei prossimi anni.
Le malattie professionali
Ma ecco altri dati dell’Osservatorio dei consulenti del lavoro. Tra le malattie professionali, la più pericolosa è il cancro. I tumori rappresentano la malattia professionale maggiormente correlata al rischio della vita e, sebbene in lieve calo rispetto al 2017 (-0,9%), nel 2018 sono comunque un numero preoccupante (2.461 denunce, pari al 4,1% del totale). Più in generale non cala il tasso degli incidenti sul lavoro in Italia nel 2018, subiti da 641mila lavoratori mentre a causa della tragedia del ponte Morandi aumentano i morti, a quota 1143. L’84,6% degli incidenti sono accaduti durante il lavoro mentre il 15,4% è avvenuto nel tragitto casa-lavoro.
Per il tumore, il motivo principale è rappresentato dalle fibre di amianto (oltre il 70% dei casi determinati negli ultimi due anni) e interessa in prevalenza coloro che furono addetti all’industria cantieristica e alla carpenteria metallica delle navi, i marittimi, le attività della Difesa, le attività di produzione di tessuti di fibra di amianto.
Le province più interessate da questo fenomeno drammatico sono quelle legate alla costruzione e alla riparazione di navi come Taranto, dove il 70% dei tumori denunciati è correlato al settore metalmeccanico, quota che supera l’80% nelle province di Genova (83%), Venezia (87%) e Gorizia (93%), ma anche Brescia.
Il caso di Taranto
Secondo il sesto Rapporto Renam dell’Inail,i casi di mesotelioma pleurico registrati in Puglia sono stati 1.191 nel periodo tra il 1993 e il 2015. Sono 121 morti solo di mesotelioma, di cui 99 uomini e 22 donne e a Taranto ci sono 25 casi di mesotelioma l’anno.
Secondo un’altra associazione, l’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona), «i numeri della strage sono particolarmente agghiaccianti: 472 casi di mesotelioma, registrati nella sola città di Taranto nel periodo dal 1993 al 2015 (complessivamente in Puglia negli ultimi vent’anni sono stati censiti 1.191 mesotelioma e di questi il 40% sono a Taranto)».
Secondo i dati dell’Ona, «si rileva il 500% di cancri in più rispetto alla media della popolazione generale, della città di Taranto, non impiegata nello stabilimento»; ne sono colpiti, anche se in misura minore, i dipendenti dell’acciaieria Ilva («il 400% in più di casi di cancro tra i lavoratori impiegati nelle fonderie»).
Gettato sul bordo dei fossi
In Italia sono pochissimi e non bastano gli impianti per smaltire l’enorme quantità di amiantocemento (l’Eternit, il Fibronit e gli altri prodotti simili) che deriva dalla demolizione di tetti, tettoie, cisterne, condotte, gronde, caditoie, tubi. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha istituito una commissione che scriverà un “testo unico” sull’amianto, e ne ha affidato la presidenza a un magistrato, Raffaele Guariniello, che coordinò l’inchiesta d’accusa nel discusso “processo Eternit” sull’amianto di Casale Monferrato (Alessandria).
Ma intanto, in assenza di soluzioni, le parti demolite di Eternit troppo spesso vengono smaltite con sciagurata e criminale leggerezza sul bordo dei fossi e oltre il ciglio delle strade.