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 2019  maggio 01 Mercoledì calendario

«Meghan come Diana proteggerà il royal baby»

Il "Royal Baby" è imminente, il mondo attende la sua venuta, le agenzie di scommesse speculano sul suo sesso e sul nome. Ma da tempo Meghan e Harry hanno steso un velo di segretezza totale sul loro bambino: nessuna foto pubblica post parto, no agli ostetrici della famiglia reale, c’è chi dice che addirittura il piccolo sia già nato. Un atteggiamento bizzarro per una coppia molto social e "cosmopolitan" e per la stessa signora Markle, ex attrice e attivista, che sin da bambina ama essere al centro dell’attenzione. Per questo il 65enne Andrew Morton, celebre biografo inglese di un’altra principessa rivoluzionaria come Lady Diana, acuto osservatore della Famiglia reale britannica e autore del recente "Meghan, la sua vera storia" (ed. Piemme), è la persona giusta per capire che cosa sta accadendo intorno al Royal Baby in queste ore di trepida attesa.

Morton, perché tanta segretezza da parte di Meghan e Harry? È un atteggiamento così diverso da William e Kate.
«Paradossalmente, anche la Regina Elisabetta e Filippo pubblicarono le foto del principe Andrea settimane dopo. Così, quasi come un ritorno al passato, Harry e Meghan hanno deciso che i loro figli non saranno figure pubbliche come quelli dei più tradizionali William e Kate. Perciò dubito fortemente che, in quest’ottica, Meghan e Harry sceglieranno un titolo nobiliare al bambino o alla bambina: un caso che potrebbe somigliare molto a quello della principessa Anna, la figlia di Elisabetta, e dei suoi Zara e Peter. Harry e Meghan non vogliono che il nuovo arrivato sia ostaggio dei media e del pubblico: il Royal Baby è il 17esimo in linea di successione reale e quindi sarà molto "ordinario", anche se sarà dura perché i duchi del Sussex sono rockstar».
Un po’ come Lady Diana, no?
«Assolutamente sì. Diana era popolare e non potette farci nulla. E, come lei, Meghan avrà un impatto fortissimo sulla famiglia reale perché è bi-etnica, americana, divorziata, attivista, femminista, in un’istituzione rigida come la Monarchia. Ma sono questi paradossi che piacciono alla gente».
Nel suo libro su Meghan lei aveva già parlato dell’infatuazione di Harry e sua moglie per l’Africa, dove ora si dice potrebbero trasferirsi per un po’. Perché?
«Era piuttosto scontato. Harry è un ambasciatore del Commonwealth e dei suoi 53 Paesi. La recente scelta di trasferirsi nella sicura e privata tenuta dei Windsor a Frogmore Cottage, lontano da William e Kate, è dovuta secondo me soprattutto alla sua vicinanza (20 minuti) all’aeroporto di Heathrow, e non tanto ai loro presunti litigi. Meghan e Harry cercano tranquillità, anche in Africa».
Ma se ne sono dette tante: la Regina non sopporterebbe Meghan, i litigi con William e Kate, la fuga delle collaboratrici dell’americana. Quanto c’è di vero?
«La realtà è ben diversa. Anche quando lavorava in ufficio Meghan è sempre stata un "team player", una persona che si faceva valere per il bene del gruppo. E alla Regina piacciono molto queste persone in ottica "team Windsor". Elisabetta raramente ride in pubblico, Meghan invece è riuscita anche in quest’impresa. La stessa Famiglia reale è incuriosita e affascinata da Meghan, perché l’americana ha donato nuova forza e vitalità ai Windsor».
Ma allora perché continuano questi rumour?
«Anche Diana aveva lo stesso problema di Meghan, come quando il bodyguard o i servitori di Carlo si licenziavano. Se Diana fosse ancora viva oggi scuoterebbe la testa, pensando al suo stesso destino. Ma sia Diana sia Meghan, nei loro distanti destini, sono donne forti: l’assenza del padre al matrimonio è stata un colpo durissimo per Meghan, eppure lei l’ha gestito benissimo».
Anche per questo, Carlo, è un po’ un padre per Meghan?
«Sì. Pure Carlo è un ribelle e i due condividono persino l’amore per la teologia. Il principe ha un lato spirituale, filosofico, global, che si sposa benissimo con Meghan».
E poi Carlo forse vive la stessa esperienza di Harry: entrambi oscurati dalla potenza mediatica delle loro mogli.
«Ma questo è molto comune nella famiglia reale inglese: si tratta di un’istituzione femminile, soprattutto in pubblico. La gente parla delle donne della famiglia reale, non degli uomini».
Possiamo dire che Meghan è il sequel della fiaba spezzata di Diana?
«Assolutamente sì. C’è un momento "sliding doors", molto spirituale. Meghan, con le sue varie qualità intellettuali e sociali, ha fatto irruzione nella Famiglia reale a 36 anni, la stessa età di quando Diana morì. Allora, il testimone è passato a lei. E così la fiaba continuerà».