Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto
È passato dal banco alla cattedra dopo il diploma: supplenze brevi in matematica nell’istituto tecnico della sua Maturità, gli studenti erano quasi suoi coetanei («ma allora c’era più rispetto, per loro ero il prof»). Da lì non ha più smesso di insegnare: una vita da precario, il salto nella scuola pubblica nel 2007 — è docente di economia aziendale all’Isis Paolo Sarpi di San Vito al Tagliamento — la cattedra di ruolo solo quattro anni fa.
L’Inps quest’anno lo voleva pensionare d’ufficio. Ma lui ha risposto con una richiesta in senso ostinato e contrario alla fuga dalla scuola, che con quota 100 creerà una voragine negli organici a settembre: voglio rimanere. E la sua domanda di non-pensione alla fine è stata accettata, i suoi legali hanno dimostrato che ancora non aveva i 20 anni di contributi richiesti per colpa di istituti privati che non li avevano versati. Antonio Chiumiento, classe ‘49, nato a Benevento ma cresciuto a Pordenone, sorride: «La pensione può attendere». È diventato così il decano dei prof italiani alle superiori: 71 anni e un’unica passione, la scuola.
Professore, come mai si ostina a rimanere?
«Amo insegnare: semplice, no?»
Ma così non occupa un posto che potrebbe essere per un giovane?
«Non l’ho mai vista così, la mia è una passione talmente grande...mi fa paura stare lontano dai miei studenti. Ho pure intenzione di chiedere al Miur la proroga per rimanere anche a 72 anni. Se non me la concederanno continuerò a fare lezione negli istituti privati, quelli seri però».
Cosa l’ha spinta, dopo 18 anni di insegnamento nel privato, nella scuola pubblica?
«Il diplomificio alla fine mi ha disgustato, ho deciso di abilitarmi e fare i concorsi.
È stata dura, i primi anni dovendomi mantenere facevo supplenze a Pordenone e studiavo a Trieste, dove mi sono laureato in Economia. Oggi i miei studenti non sarebbero disposti a questi sacrifici».
Come sono cambiati gli studenti in così tanti anni?
«Si fa più fatica a gestirli e sono meno preparati. Si è perso nella scuola il rigore e lo spazio per la didattica, hanno tagliato ore di materie importanti come la storia e le lingue».
Ma come è nata questa sua passione per l’insegnamento?
«In classe c’è chi ha capito il mio talento, come il prof di matematica in quarta che una mattina mi disse: Chiumiento devo interrogare, vieni tu a fare lezione. Non mi spaventai, ho cominciato a leggere il libro e a spiegare».
La sua ricetta per insegnare ancora a 71 anni?
«Salute, ovvio. E passione, tanta. Non esiste un metodo giusto, ma devi fare in modo di trovare la strada per interessare i ragazzi alla tua materia. La lezione deve essere partecipata: io li stimolo, guadagno il loro rispetto creando un rapporto positivo. E non mi rassegno mai, ripeto, rendo il difficile facile da capire: non voglio lasciare nessuno indietro».
Dal ’68 in poi ha visto tutte le riforme della Maturità, come giudica quest’ultima?
«Non si doveva cambiare in corso d’anno ed è confusa, soprattutto per l’orale. In generale ai ministri consiglierei di entrare in una classe prima di fare riforme».
Lei scrive libri sugli Ufo, ne ha mai parlato a scuola?
«No, è un mio interesse personale. E non ho mai visto un Ufo».