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 2019  aprile 29 Lunedì calendario

Allegri-Adani: signor critico, mi dia la patente

Ho apprezzato e scritto positivamente su Allegri dal primo giorno in cui è venuto alla Juve: anche se le strade dovessero separarsi per stanchezza i risultati parlano da soli. Ho scritto che comprare Cr7 non è uguale a vincere la Champions. Basta questo per essere un critico di calcio? No. Mi scuserete un’incursione “colta”, ma la paradossale scena Allegri-Adani-Sky può essere d’aiuto per mettere le cose in ordine. Allegri, che era l’oggetto della critica, ha accusato il “critico” Adani di essere un teorico e di leggere libri (che è, infatti, quello che un vero critico dovrebbe fare); Adani “critico” senza esserlo, si è difeso dicendo che lui non ha studiato (paradossale per un critico); Sky che, come tutti non dovrebbe fare incontrare critico e oggetto della critica, ma affidare a giornalisti-cronisti dotati di terzietà l’onere dei fatti e delle domande, li ha fatti scontrare. Tre errori paradossali.
La figura del critico nasce nel XVIII secolo come soggetto di mediazione e valutazione tra pubblico e oggetto di studio (arte, letteratura, spettacoli, manifestazioni). La sua fondatezza si basa o sulla consapevolezza che esista una Teoria di ciò che valuta (Diderot) o sulla base di una vasta conoscenza di ciò che valuta (Caylus), ovvero sull’osservazione e lo studio (proprio i libri). Il critico non è l’artista, non è il letterato e non è il musicista: se svolgesse i due ruoli sarebbe in conflitto. Non esiste un critico di musica lirica che fa anche il sovrintendente o il direttore d’orchestra e male quando uno scrittore si mette a fare il critico letterario.
Diventano critici perché sono dei falliti? La tesi contro i “critici-teorici” di Allegri è una tesi molto popolare la cui paternità va al filosofo Nietzsche (anche qui il cognome è difficile, come Szczesny), che scrive: “Si immaginino le nature debolmente artistiche… contro chi volgeranno le loro armi? Contro i loro nemici secolari, gli spiriti artistici forti… A costoro viene sbarrata la via… In apparenza questo sciame danzante possiede perfino il privilegio del buon gusto: colui che crea è, infatti, sempre svantaggiato rispetto a colui che sta solo a guardare e non pone mano all’opera lui stesso… Così sono conoscitori dell’arte perché vorrebbero eliminare l’arte in genere…” (“Considerazioni inattuali”, 1873-74). Parafrasando nell’allegrese: i critici sono calciatori o allenatori di seconda tacca che sparano contro chi lavora.
Adani è un critico? Direi di no, è un opinionista che partecipa all’avanspettacolo del calcio dando “pareri” non “giudizi critici” formulati sulla base di strumenti critici e una preparazione specifica: ma non è “poco ferrato” (Allegri su Adani) perché è un teorico che legge i libri, bensì proprio per il suo contrario! Non è che se uno ha fatto il pittore poi smette e diventa critico d’arte! Nemmeno se è stato Picasso! La faccio breve: un critico di calcio (per ora mai esistito) potrebbe essere una figura simile a quella di Giorgio Tosatti: cronista sportivo, direttore di giornale, studioso, scrittore di libri, in possesso del patentino di Direttore Tecnico della Figc, non allenatore e non giocatore. Magari ci sarà un giorno un professore di Sociologia dello sport, con patentino di allenatore, giornalista sportivo, studioso della materia di livello internazionale, ex giocatore: sarebbe un critico.
A cosa serve la critica? A mediare tra il parere non informato della società (doxa) e l’oggetto di interesse: signor critico che romanzo mi consiglia di leggere? In una società corretta la sua funzione è poi quella di evidenziare le possibile carenze dell’oggetto di studio (non lodare) per portare a un continuo miglioramento di ciò che è sottoposto a critica.
La libertà della critica si esercita se il critico è libero: per questo è sbagliato che i “media” facciano incontrare critico e calciatore / giocatore: le due figure non dovrebbero mai aver pranzato insieme o darsi del tu! E’ il giornalista-cronista, non il critico-commentatore, che deve porre le domande! Per stare nei paradossi, il critico è colui che, a inizio anno o inizio partita, sulla base delle sue conoscenze, ipotizza un risultato (ad uso degli scommettitori, poniamo!). E’ come il “perito d’arte” del tribunale che ti dice, sulla base di criteri non scientifici ma oggettivi, quanto vale un quadro e se è vero o falso. Se sbaglia, viene escluso dal circolo peritale. Dunque, signor critico di calcio, ora lei mi dice quanto vale Icardi e poi vediamo se la cifra alla quale viene venduto corrisponde a quella da lei ipotizzata. Se lei continua a sbagliare il prezzo o il risultato delle partire o il nome del giocatore che serve, lei, signor critico, cade nel discredito, guadagna meno e finisce ai giardinetti. Se questo non si può fare, non può esistere un “critico di calcio”. Parlare dopo la partita, o parlare perché si è stati calciatori, allenatori… è solo “opinionismo” da bar, non critica, che si fa, invece, anche sui libri (che fanno acquisire “coscienza critica”, il contrario del conformismo), oltreché osservando, studiando e informandosi (anche presso gli allenatori, di ciò di cui non si è imparato).