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 2019  aprile 30 Martedì calendario

Tutti in fila per il condono fiscale

Più che una maggiore spesa pubblica e ulteriori dosi di assistenzialismo, gli italiani chiedono di pagare meno tasse, che è una cosa molto diversa. La conferma è appena arrivata dai numeri delle adesioni a due provvedimenti simbolo del governo gialloverde: il reddito di cittadinanza, di marca grillina, e la «pace fiscale», nome politicamente corretto che è stato dato al surrogato di condono disegnato dalla Lega. Bene: sinora, in meno di due mesi, per la prebenda voluta da Luigi Di Maio sono state avanzate 950.000 richieste. Stimando un tasso di rigetto pari al 25% (ci sono sempre quelli che ci provano senza averne il diritto), le domande valide sono state circa 750.000, secondo quanto detto a Il Fatto dal presidente dell’Inps. Tante, anche perché aumenteranno nelle prossime settimane. Meno, però, di quelle presentate dai contribuenti per aderire alla rottamazione e al “saldo e stralcio” delle cartelle esattoriali, che superano il milione. Operazione, quest’ultima, per la quale dovrebbe esserci tempo sino ad oggi, ma che ha interessato talmente tanti contribuenti da spingere i commercialisti a chiedere una proroga di almeno un mese, proprio a causa dell’«eccesso di domande», e Salvini a rispondere in modo affremativo: «Lo strumento più veloce – ha spiegato il vicepremier leghista – è chiedere una proroga come emendamento del decreto crescita. Lo chiede l’ordine dei commercialisti, un governo amico deve dire di sì. Non sono questi i grandi evasori: hanno cartelle da trenta, quarantamila euro».

FURBI E FESSI
Italiani popolo di evasori? Certamente popolo di furbi e di fessi, come li chiamava Giuseppe Prezzolini. Dove il fesso è colui che «paga il biglietto intero in ferrovia; non entra gratis a teatro; dichiara all’agente delle imposte il suo vero reddito» e così via. Gli altri, quelli interessati non alla produzione della ricchezza, bensì alla sua redistribuzione, sono i furbi. Inutile aggiungere che se il Paese tira avanti è merito dei fessi, che dal punto di vista fiscale sono una quota minoritaria della popolazione, giacché i contribuenti “attivi”, quelli che presentano dichiarazione dei redditi e hanno un’imposta netta superiore allo zero, sono 28,9 milioni, e va da sé pure che anche tra costoro c’è chi dichiara meno del dovuto. Secondo le stime del ministero dell’Economia, ogni anno nelle casse dello Stato mancano all’appello 108 miliardi di euro, di cui 97 miliardi di tasse e 11 di contributi. Come se ogni connazionale, neonati inclusi, negasse all’erario o all’Inps 1.800 euro. L’accoglienza tiepida riservata al reddito di cittadinanza e la corsa per venire a patti con il fisco sono due storie diverse che però raccontano lo stesso rapporto, quello degli italiani con il fisco. A conti fatti, i più onesti sono quelli che stanno facendo la fila per trovare la pace con Agenzia delle entrate-Riscossione, l’ente che un tempo si chiamava Equitalia, e sono disposti a mettere mano al portafogli per azzerare le pendenze e ricominciare da capo. Tra loro c’è chi lavora e crea ricchezza anche per il prossimo. Molti avrebbero voluto pagare prima, ma non hanno potuto farlo, complici la crisi economica e una pressione fiscale ai livelli più alti della classifica mondiale.

LA STESSA MORALE
Chi frena all’idea di presentare richiesta per il sussidio grillino, anche se la sua dichiarazione dei redditi e il suo Isee glielo consentirebbero, fa un calcolo molto diverso. Preferisce rinunciare a un assegno che si è rivelato assai inferiore alle promesse, tanto che in certi casi ammonta ad appena 40 euro, e in cambio continua a lavorare in nero e a tenersi lontano dai controlli fiscali e da uno Stato che un giorno, fosse mai, potrebbe persino proporgli un impiego regolare, di quelli con i contributi e le ritenute alla fonte. In ambedue i casi, la morale è la stessa: quando la mano pubblica vuole investire, il modo più intelligente in cui può farlo è tagliare le tasse, perché così riduce l’interesse all’evasione e lascia più soldi in tasca a chi produce. Il peggiore è lasciare le imposte alte e ridistribuire miliardi in progetti assistenziali così bislacchi che anche chi dovrebbe approfittarne preferisce tenersi alla larga.