il Fatto Quotidiano, 30 aprile 2019
Intervista al ministro Tria
“Vi confesso che il mio rapporto in privato con Di Maio e Salvini è buono, anche se, a volte, da alcune dichiarazioni pubbliche sembra teso. Niente drammi sull’Iva: il bilancio dello Stato è di circa 800 miliardi di euro, la politica decida come usarli”. Tradotto: l’aumento non si evita col deficit. Giovanni Tria racconta il suo primo anno al ministero dell’Economia. Ha una flemma dura, ogni tanto tamburella con le dita nello studio protetto da un mezzobusto di Quintino Sella.
Chi è Tria?
Mi sento un professore di Economia e non un tecnico. Chi fa parte di un governo è un politico. Il ministro tecnico non esiste.
Chi l’ha chiamata per l’incarico il 31 maggio 2018?
Paolo Savona. Ero all’università, stavo per finire una riunione, mi telefona e mi chiede un incontro. Ho conosciuto il premier Conte e i vice Di Maio e Salvini il giorno prima del giuramento al Quirinale.
Rivendica un profilo apolitico, accetta l’etichetta di “savoniano”?
C’è stima tra di noi, siamo amici, ci sentiamo spesso. Entrambi abbiamo criticato le politiche di austerità dell’Europa.
Perché Savona non è qui dove siede Tria?
S’era creata una discussione intorno a Savona contrario all’euro, ma era una discussione fuorviante. Savona contesta l’architettura dell’euro e auspica una funzione più ampia della Banca centrale europea, temi che condivido.
“Se continua così può tornare a casa”, cit. Di Maio. “Più coraggio o faccia il panettiere”, cit. Salvini. Quando legge simili attestati di stima, come reagisce?
Non mi fa piacere. All’inizio telefonavo per capire e ogni volta mi smentivano di aver espresso questi apprezzamenti. Poi ho smesso, non ci faccio caso. Si tratta di dichiarazioni pubbliche, forse pensano di incentivare il consenso politico, non credo serva. L’importante è che in privato – come accade – si vada molto più d’accordo e ci sia molta più armonia. Un dubbio mi è rimasto: perché panettiere?
Ci ha riflettuto?
Forse Salvini ha letto Adam Smith che dice “non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo”.
Quante volte ha minacciato le dimissioni?
Mai. Le dimissioni si danno, non si minacciano. Questo giochino politico e giornalistico fa danni all’Italia. Io non ho niente da perdere, ero all’università, stavo per andare in pensione. Resto finché sono utile. Certo, spesso la notte non dormo perché il peso del mio ruolo è enorme, condiziona milioni di persone, ma sono fedele al giuramento sulla Costituzione. Mi ha convocato la politica.
Il premier Giuseppe Conte ha in tasca sempre un santino di Padre Pio, Tria ha una foto di Mario Draghi?
Non porto con me immagini di santi laici o cattolici, ma Draghi è un ottimo presidente della Bce e va annoverato tra i protettori dell’Europa perché con la frase “faremo tutto il necessario per la moneta unica” ha salvato l’Europa e aiutato molto l’Italia, anche se la sua intenzione era più estesa.
Il mandato di Draghi scade in autunno, un giorno potrà aiutare l’Italia dall’Italia?
Sì, può dare un grande contributo, se ne ha voglia. Non farà il pensionato, suppongo. Ha di fronte tante carriere, vedremo se sceglie di impegnarsi in Italia.
L’errore più grosso che si imputa?
In Consiglio dei ministri, quando s’è deciso il deficit in manovra, potevo resistere di più e convincere i colleghi.
I Cinque Stelle con Di Maio hanno celebrato dal balcone di Palazzo Chigi il temporaneo 2,4 per cento di deficit, dov’era lei in quel momento?
Ero lì, non molto lontano, però molto preoccupato. Non mi aspettavo l’uscita sul balcone. Rispetto a una severa reazione dei mercati finanziari, ammetto che mi ha angosciato più l’esultanza che il deficit al 2,4. Il deficit va fatto, ma non è un fine: è un mezzo per raggiungere un fine.
Perché il governo s’è ravveduto?
Io ero scettico dal principio. Il governo, durante quel burrascoso novembre, ha guardato ai fatti: economia quasi in recessione, costi ricalcolati meglio, sfiducia dei mercati. Io ho tentato di spiegarmi: il debito si può utilizzare, ma per acquistare una casa, non per pagare l’affitto.
“Nulla si costruisce sulla roccia, tutto sulla sabbia, ma noi dobbiamo costruire come se la sabbia fosse roccia”, disse una volta menzionando Borges. Il governo gialloverde su cosa e con cosa costruisce?
Il programma di governo è stato adottato e sono qui per realizzarlo, ma il programma va adeguato al mondo e alla realtà che cambia, anche con troppa velocità. Il mio dovere è costruire strade sicure, avvisare se una valanga ha interrotto il percorso. In quel caso, bisogna aggirarla. A volte la politica ha l’istinto, invece, di sbattere contro la valanga.
Per alcuni analisti c’è lo stesso clima mefitico del 2011 che portò i tecnici, le misure di “sangue” e le “lacrime” di Elsa Fornero, con quale spirito s’avvicina a una scadenza ineludibile, quella sull’aumento dell’Iva nella legge di Bilancio?
Ci vuole razionalità, non spirito drammatico. Il nostro Paese ha un’economia di base forte, occorre più affidabilità. Il bilancio dello Stato è di circa 800 miliardi di euro. Queste sono le risorse e la politica deve decidere come usarle. Ridurre le tasse, tagliare la spesa e ritoccare l’Iva? Qualcosa va fatto. Non è possibile abbassare le tasse, far crescere la spesa e tenere l’Iva ferma. In passato l’hanno fatto e adesso ne facciamo i conti.
Salvini giura: “Vinciamo le Europee e nessuno ci chiederà i 23 miliardi dell’Iva”.
Il problema non sono i burocrati di Bruxelles, ma è il mercato che possiede il nostro debito.
Il leghista Siri, sottosegretario ai Trasporti, è indagato per corruzione. Deve rinunciare all’incarico?
Non saprei dire. A parte la questione specifica, io ho una regola di principio: un avviso di garanzia non basta per provocare le dimissioni.
Ha definito “spazzatura” le accuse a Claudia Bugno (vedi scheda in pagina, ndr), sua consigliere. Non c’è conflitto di interessi?
No, era soltanto un attacco politico.
Suo figlio in barca a vela è intervenuto in un salvataggio, a supporto di una nave di una Ong, nel mare Mediterraneo. “Se mio figlio andasse sui barconi, gli tirerei le orecchie”. Ha seguito il consiglio di Salvini?
No, io ammiro mio figlio e rispetto le sue idee, tutte, soprattutto quelle distanti dalle mie. Ha due lauree, è adulto, non va in giro con leggerezza. In ogni caso, non è un volontario di una Ong.
Il suo governo ha lasciato più di una notte in mare, a pochi chilometri dalla coste italiane, centinaia di migranti. Era necessario?
Ci vuole coraggio, io non so se l’avrei fatto. Però l’Italia ha interrotto l’ecatombe nel Mediterraneo, anche se chiudere i porti non risolve il fenomeno globale dell’emigrazione. Io non sono un credente, ma le uniche parole sensate le ha pronunciate papa Francesco: in Libia vanno creati i corridoi umanitari. Pure in questa circostanza l’Europa s’è dimostrata assente.
Tessere di partito?
Mai, da giovane ero maoista, di estrema sinistra, poi di idee liberali.
Cosa ricorda della convivenza accademica con Renato Brunetta?
Abbiamo scritto tanti articoli assieme, Renato è molto bravo nelle presentazioni. In conferenza stampa mi batte dieci a zero.
Quale è la prima cosa che fa appena arriva in ufficio?
Controllo lo spread perché utile a capire se abbiamo sbagliato qualcosa o qualcosa di imprevisto s’è verificato sui mercati.
Tria è un ministro precario?
Chi è stabile al giorno d’oggi?