La Stampa, 30 aprile 2019
De Blasio vuole vietare gli hot dog
Dopo i grattacieli in vetro e acciaio, Bill de Blasio vuole vietare anche gli hot dog a New York. Questa notizia, circolata con un’aggiunta di panico nei giorni scorsi, non è esattamente vera: il sindaco non ha intenzione di bandire i panini con salsiccia nella città, così appassionata a questo cibo da celebrarlo ogni anno con la competizione a chi nei ingoia di più nel minor tempo possibile.
Però è vero che intende togliere gli hot dog dai menù controllati dal comune, cioè nelle scuole pubbliche, gli uffici, gli ospedali o le carceri. Per due motivi: primo, perché contribuiscono pesantemente all’inquinamento; secondo, perché fanno male alla salute. E ciò apre un dibattito che non si può ignorare, a fronte dei gravi rischi e degli enormi costi che l’obesità sta già imponendo alla società americana.
Il 22 aprile scorso de Blasio ha annunciato il suo «Green New Deal», che ha lo scopo di continuare a combattere i cambiamenti climatici, nonostante il presidente Trump abbia ritirato gli Usa dall’accordo di Parigi. L’obiettivo è ridurre le emissioni di New York del 30% entro il 2030. Il sindaco ha lanciato questo programma perché da una parte ci crede, e dall’altra ne ha bisogno sul piano politico, tanto per fronteggiare la popolarità di parlamentari emergenti come Alexandria Ocasio Cortez, quanto per tenersi aperti spazi utili nel caso decidesse di candidarsi alla Casa Bianca. Un primo provvedimento contenuto nel piano che ha fatto discutere è stato il «bando» dei grattacieli in acciaio e cristallo, che in realtà prevede nuove regole di sostenibilità molto stringenti per costruirli.
Il secondo è stato l’attacco agli hot dog, cioè il terzo cibo più consumato a New York, dai carretti che li vendono in mezzo alla strada, alla grande competizione di abbuffata che lo storico fast food Nathan’s organizza ogni 4 di luglio a Coney Island.
La reazione dei critici è stata immediata e univoca: de Blasio è impazzito, e con questo provvedimento punta al suicidio politico. A guardare bene, però, la realtà delle cose è un po’ diversa. Il piano del sindaco nota che le «processed meat», come gli insaccati, pongono due seri problemi. Il primo sta nel fatto che la loro produzione provoca forti emissioni di nitrous oxide e metano, rispettivamente 298 e 25 volte più inquinanti del biossido di carbonio. Il secondo invece è legato alla presenza di molti grassi saturi e sodio in queste carni, che aumentano il rischio di cancro e malattie del cuore. Perciò il sindaco ha deciso di ridurre l’uso degli hot dog nelle mense comunali, lasciando però i ristoranti e i fast food liberi di conservarli nei loro menù, e naturalmente i cittadini di consumarli.
La polemica è curiosa e avrà sicuramente strascichi politici, cittadini e nazionali. Se però uno considera il problema generale dell’alimentazione americana, oltre a quello del clima, si rende subito conto che si tratta davvero di un’emergenza. Secondo i dati dei Centers for Disease Control and Prevention, l’obesità colpisce il 39,8% degli americani, ossia 93,3 milioni di adulti nel periodo tra il 2015 e il 2016. Ciò li espone al rischio di «malattie del cuore, ictus, diabete di tipo 2, e certi tipi di cancro, che sono alcune delle principali cause di morti premature prevenibili». I Cdc aggiungono che «il costo medico annuale stimato dell’obesità negli Usa è stato di 174 miliardi di dollari nel 2008; il costo per le persone obese è stato 1.429 dollari più alto di quelle con un peso normale». Ci sono poi anche implicazioni sociali e razziali, perché i gruppi più colpiti sono gli ispanici con il 47% e i neri con il 46,8%, in pratica la metà.
Naturalmente la colpa di questa crisi non sarà tutta degli hot dog, e la ragione per cui de Blasio vuole eliminarli dai menù comunali è legata anche in larga parte al loro impatto ambientale. L’emergenza però è evidente nei numeri, e non è più possibile voltare le spalle per godersi la gara di Natahan’s il 4 luglio.