Corriere della Sera, 30 aprile 2019
Ritratto della Finlandia
Costume da bagno e cappello di lana: «Venire qui mi rasserena», dice Valentina mentre la sua voce va in fumo. Sono le 9 di un giorno di aprile, a Helsinki nevischia, la temperatura appena sotto lo zero indica che sta arrivando la primavera. L’Allas Seapool è nel cuore della città, in uno spicchio di Mar Baltico su cui si affaccia Piazza del Mercato con il palazzo presidenziale da cui abitualmente il presidente esce accompagnato da una discreta guardia del corpo per comperare il pesce o la verdura. Prima della sauna, il rito collettivo di una nuotata all’aperto. La vasca con l’acqua a quattro gradi è per chi pratica il vero «avanto», il nuoto invernale. La seconda è quella dove ci fiondiamo noi. L’acqua sembra bollente rispetto all’aria gelida: 27 gradi, il vapore che si disperde come il fiato delle persone. Valentina è originaria della Siberia, Alina è nata dietro la fila di case che danno sul porto. Nuotano lentamente. Alla domanda importuna sulla Finlandia che per il secondo anno consecutivo (oltre a vincere il campionato mondiale di Cheerleader sconfiggendo gli Usa) risulta il Paese più felice della Terra in base al World Happiness Index dell’Onu, la prima reazione delle due signore è alzare lo scudo di un imbarazzato sorriso. «Chissà se poi è vero», si schermisce Valentina. «Ci sarebbero molti motivi di insoddisfazione», dice perplessa Alina. Ma cosa vi rende felici? «Cose semplici: leggere, camminare nei boschi, nuotare all’aperto d’inverno», dice la cinquantenne dal cappello di lana grigio e il volto senza rughe, prima di aggiungere con un filo di commozione: «Venire qui ogni mattina mi aiuta. Ho perso mio marito tre settimane fa».
La felicità è qualcosa di personale e sfuggente, a ogni latitudine. Ma a parlarne si rischia un passo falso nel Paese di Kimi Raikkonen famoso per il suo minimalismo, 5,5 milioni di abitanti sparsi su un territorio poco più vasto dell’Italia. Dove, come racconterà Tania Huttunen sul treno che da Helsinki porta in Lapponia, «le persone introverse sono quelle che ti parlano guardando le proprie scarpe, mentre le estroverse ti parlano guardando le tue». Alina, ex docente di scienze sociali, mentre nevischia ti guarda in faccia raccontando cosa la rende felice: la famiglia, il nipotino autistico che fa cose belle a scuola, stare nella natura, collaborare ancora con le colleghe più giovani all’università, specie sui temi della parità di genere. Ma non è già una conquista assodata da queste parti? Metà dei 200 parlamentari è donna, i genitori si dividono la cura dei figli, il salario femminile è pari al 90% di quello maschile… «E perché non il 100%?», risponde dolce Alina. Ecco. Allora non è del tutto vero, come ci dirà lassù nell’immacolato Nord Alessandro Maccari, per 17 anni manager Nokia prima di essere licenziato e di mettere in piedi l’agenzia viaggi LappOne, che l’alta «felicità percepita» dei finlandesi derivi dal fatto che «sono stati abituati ad aspettarsi poco dalla vita». Alina ha 65 anni e si aspetta molto. Per esempio che non vengano messe in discussione le conquiste sociali di una nazione «che si prende cura di tutti i cittadini». Il riferimento è alla politica. In Finlandia si è appena votato. I socialdemocratici hanno vinto di poco (6.800 voti) sui nazionalisti del partito dei Finnici, con l’avanzata dei Verdi e la sconfitta del centro-destra che ha guidato il Paese per quattro anni. Le trattative per il nuovo governo di coalizione ruotano su due punti: riscaldamento globale e servizi per gli anziani. I socialdemocratici vogliono contenere il riscaldamento globale entro il limite prescritto dall’Onu (1,5 gradi), mentre i Finnici sostengono che il Paese ha già dato sul fronte ambientale e si fermano sulla soglia dei 2 gradi. In quale altra capitale la nascita di un governo si giocherebbe su mezzo grado di global warming?
Reddito di cittadinanza Attraversiamo la città diretti a Kela, l’Agenzia della sicurezza sociale. La nostra guida è Nicola Rainò, traduttore che vive qui da oltre vent’anni. Moglie finlandese, una figlia, un’appassionata conoscenza della letteratura e della cultura. Dalla sua Punto grigia Helsinki appare miracolosamente senza traffico. Ma dove sono tutti? «Al lavoro». E le macchine? «Mezzi pubblici e bici». Le strisce pedonali sono uno spettacolo: vietato parcheggiare a più di tre metri dalle «zebre», così che pedoni e automobilisti possano «vedersi» per tempo. Davanti al centro commerciale Kamppi, Nicola segnala una costruzione in legno a forma di vaso. Boutique? Banca? È «la Cappella del silenzio»: uno spazio ecumenico dove chi vuole fa sosta. L’aspetto religioso non è centrale. Alla parete, una montagna di strani cuscini dalle forme più svariate, fatti per addolcire la seduta sulle panche. «Il silenzio e il legame con la natura sono la chiave per la felicità» mi ha detto Henri Alen, geniale chef di Ultima, il ristorante del momento. Economia circolare, chilometro zero se non metro: verdure coltivate nel ristorante stesso, funghi che crescono in speciali teche all’ingresso. Un menù completo, 96 euro, vale quasi un quinto del «reddito di cittadinanza» che duemila finlandesi hanno percepito dallo Stato per due anni. Ne ha parlato il mondo. Obiettivo del governo di centro-destra era capire se fosse uno strumento utile per ridurre la disoccupazione (all’8,1%).
Miska Simanainen è un giovane ricercatore che ha lavorato al progetto. La sede di Kela è uno splendido edificio (by Alvar Aalto) con un decoro e una cabina telefonica all’ingresso che ne fanno un capolavoro di modernariato. Dopo un’ora si capiscono alcune cose: i 560 euro di «reddito universale» sono stati versati a un gruppo di disoccupati di lungo corso, scelti a caso su un bacino di 170 mila. Hanno dovuto rinunciare all’assegno di disoccupazione che già percepivano, di importo equivalente (ma soggetto a tassazione). Nel caso avessero trovato lavoro, avrebbero continuato a incassare i 560 euro, accrescendo così il loro tenore di vita. Ma dopo un anno, con una certa delusione dei promotori, si è scoperto che l’incentivo non ha fatto crescere gli occupati rispetto al gruppo di controllo di coloro che non hanno ricevuto il «regalo». Un dato interessante, secondo Miska, è che i duemila fortunati non si sono «tolti» dai servizi dell’ufficio di collocamento: corsi di formazione, obbligo di accettare le offerte arrivate dallo Stato. Un segno che i disoccupati preferiscono usufruire dei servizi da Stato sociale tanto cari ad Alina piuttosto che ricevere denaro e gestirsi in proprio, liberi dalla burocrazia del sistema pubblico.
Scuola di Formula 1 «I finlandesi non si fanno prendere dal panico», dice Juha Äkräs, responsabile di Hintsa. Un piano di un edificio anonimo di Helsinki. All’entrata, vetrinetta di oggetti ricordo dal mondo delle corse. Chi potrebbe immaginare che più di metà dei piloti di Formula 1 sono «presi in carico» dai guru di Hintsa? «Better life, better performance» è il motto di un’azienda che offre servizi ad aziende e singoli: personal coach, medici, esperti di alimentazione, gestione del sonno, recupero energie. Tra i clienti ci sono gli ultimi tre vincitori del Mondiale (Vettel, Rosberg e Hamilton). Cosa serve per una vita migliore, da fermi o a 300 all’ora? «Salute. Sicurezza economica. Consapevolezza di quel che si è, e degli obiettivi. Affetti, relazioni solide». La competizione con gli altri? «Genera stress. Meglio concentrarsi su se stessi, su ciò che possiamo migliorare superando le difficoltà».
È la sisu, filosofia tutta finlandese su cui Katja Pantzar ha scritto un bel libro. «È la forza interiore che ti fa dire: non mi arrendo»: anche Katja si immerge alla Allas Seapool (nell’acqua gelida). Come a Oulu, cuore tecnologico della Lapponia, dove hanno inventato una competizione estrema tra start-up: ci si presenta a possibili investitori raccontando il progetto immersi in un buco nel ghiaccio. Oulu è risorta dopo la caduta di Nokia: chi è rimasto senza lavoro ha fondato imprese oggi all’avanguardia. Con un forte legame con l’università, dove in un ufficietto incontriamo Ari Pouttu, guru del futuro digitale, anima di un consorzio pubblico-privato che già immagina il futuro a 6G, anno di lancio 2030, «quando gli umani getteranno gli smartphone e potranno interagire con le infrastrutture, superfici con l’elettronica incorporata, occhiali smart». Pouttu ha un’idea chiara della felicità: «Una casetta nel bosco, il lago, le tracce di orso intorno».
Nicola Rainò ricorda un libro del grande Kari Hotakainen: «La legge di natura» parte da un incidente d’auto in cui l’autore si salva per miracolo. Comincia e finisce con la stessa frase, che un soccorritore pronuncia cercando di liberarlo dalle lamiere. «Non guardarti, guarda il cielo». In quella frase c’è qualcosa della felicità finnica. Rainò la «vede» nel momento della sauna (ce ne sono 2 milioni, una in ogni casa). «La vera sauna ha sempre in alto una finestrina, che guarda verso il cielo. Non ha una funzione di ventilazione, ma spirituale. Ed è legata a una delle parole fondamentali di questa terra. Rauha: pace. Sentirsi in pace. Con se stessi, con gli altri, guardando il cielo.