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 2019  aprile 29 Lunedì calendario

Biografia di Roberto Calderoli

Roberto Calderoli, nato a Bergamo il 17 aprile 1956 (63 anni). Politico (Lega). Vicepresidente del Senato (dal 21 marzo 2013; già dal 2001 al 2004 e dal 2006 al 2008). Già ministro per la Semplificazione normativa (2008-2011) e per le Riforme istituzionali (2004-2006). Senatore (dal 30 maggio 2001). Ex deputato (1992-2001). Dentista. «Non sono xenofobo, ma dico cose xenofobe» • «Calderoli, che è dentista – con specializzazione in chirurgia maxillo-facciale –, appartiene a un clan che monopolizza il settore nel bergamasco dal dopoguerra. Dei suoi otto fratelli, quattro sono dentisti, come il nonno, il papà, gli zii materni Carlo, Gianni, Anna. Dentisti sono pure i nove fratelli del padre e i figli di un fratello. Quelli che non sono dentisti sono odontotecnici. A Bergamo si dice: “Se il tuo dente g’à il coroel (vermiciattolo, ndr), devi andare da Calderoel”» (Giancarlo Perna) • «Più identitario di me non c’è nessuno. Mio nonno negli anni ’40 fondò il Mab, Movimento per l’autonomia di Bergamo, passato alla storia per lo slogan “Bergamo nazione, tutto il resto Meridione”. […] Aveva uno studio dentistico in centro a Bergamo. Lì, quando avevo sei-sette anni e andavo a trovarlo, spesso incontravo quelli della Stella alpina, i terroristi autonomisti che mettevano le bombe» (a Pietro Senaldi). «“Mio padre era un dipendente dell’Asl, poi ha fatto la libera professione, ma otto figli non li cresci con leggerezza. Mi ricordo che al mare ci era concesso bere la Spuma, perché d’inverno il massimo era l’acqua gassata con la bustina di idrolitina. Però la Spuma andava diluita, sennò otto bicchieri non li riempivi”. Da bambino le faceva, le ferie. “Soltanto se nostro zio ci prestava la casa a Lignano. Io, il mare, l’ho visto la prima volta che avevo più di dieci anni”. […] “Era al liceo classico: c’era un picchetto, e non mi facevano entrare a scuola. Io mi consideravo e mi considero un anarchico. Superai il blocco per sfida, non per altro: volevo solo fare casino. E allora un ragazzo mi diede una martellata”. Studente monello. “Nella mia vita ho fatto bravate che non posso confessare perché sono penalmente rilevanti. Mi sono diplomato e laureato con il massimo dei voti, però non sono mai stato un secchione. E facevo tanto sport: discesa libera di sci, poi la moto enduro, le macchine da rally. Ho vinto anche dei premi: lo facevo a livelli professionisti. Spesso le cose mal si conciliavano, ma la mia famiglia mi sosteneva”. Sportivi? “Eccome. Una volta mia mamma supplicò la professoressa di giustificarmi per un compito di greco, perché avevo una gara di moto”. E la professoressa? “Mi mise zero: rimandato a settembre. Così decisi di prendermi un biennio per accorciare i cinque anni in una scuola privata”» (Carlo Tecce). Nel 1982 la laurea in Medicina e chirurgia, seguita dalla specializzazione in Chirurgia maxillofacciale. «Come conobbe Bossi? “A casa di mia sorella, a una festa di Carnevale in maschera, a metà anni Ottanta. Lei alla fine sposò Giacomo Bianchi, il primo leghista eletto in consiglio provinciale insieme al senatore Leoni. Ai tempi, Umberto non lo conosceva nessuno: era semplicemente uno di Varese che andava in giro ripetendo ‘Passerò alla storia’. Lo prendevano per matto: in realtà ha anticipato i tempi, è arrivato troppo presto”. Ci andò d’accordo subito? “Non mi filò molto, io ero un semplice militante. Quando mi rivide nella sede della Lega di Bergamo, mi salutò con un ‘Ma va’ a cagher’. Poi però mi invitò per una pizza a Dalmine. La Lega in consiglio comunale si stava spaccando, e tanti gli facevano la fronda. Cercava uno di fiducia”» (Senaldi). «Così, per scherzo, ci ho provato. Il primo discorso era in dialetto stretto bergamasco, incomprensibile». «Ricorda ancora con affetto il primo comizio all’osteria Ceresole in Valle Imagna, quando giura che si fece addirittura violenza: “Quella volta dovetti superare anche l’impeachment della timidezza”» (Fabio Poletti). Consigliere comunale di Bergamo dal 1990 al 1995 e «segretario nazionale» (cioè regionale) della Lega Lombarda dal 1995 al 2002, Calderoli giunse in Parlamento nel 1992, dapprima alla Camera e poi, dal 2001 in poi, al Senato: subito eletto vicepresidente dell’Aula, mantenne l’incarico fino al luglio 2004, quando, in seguito al malore che aveva colpito Bossi, lo sostituì alla guida del ministero delle Riforme istituzionali con il compito di completare la riforma costituzionale federalista, che lo stesso Calderoli aveva contribuito a elaborare l’anno precedente durante alcuni giorni di «ritiro» politico in una baita del bellunese. «Lei è stato uno dei “saggi della baita”, con D’Onofrio, Pastore, Nania. Quanto siete stati nella baita? “Cinque giorni”. È stato bello? “Era uno chalet di proprietà di amici di Tremonti. Piccolo: due stanze, un vecchio fienile, lampada a gas, bagno all’esterno”. Tutti a dormire in due stanze? “Dormivamo in un albergo”. E mangiavate al ristorante? “No, Brancher faceva la polenta”. Come i ragazzi al campeggio. “Mi sono divertito tantissimo quando Bossi ha regalato i pantaloni corti di pelle alla tirolese a D’Onofrio. Ho anche le fotografie”» (Claudio Sabelli Fioretti). In quell’occasione «si buttarono giù le basi della riforma federalista. “Io sapevo poco della materia, ma mi sono messo a studiare, ho fatto la spugna. Gente come Luciano Violante e Francesco D’Onofrio mi ha insegnato molto”, dice oggi Calderoli. Tre anni dopo, il bicameralismo paritario era scomparso e i parlamentari erano stati ridotti da quasi mille a circa settecento, ma un referendum cancellò tutto: cose che è meglio ricordare quando si parla di casta» (Mattia Feltri). Nel frattempo, un mese dopo la definitiva approvazione parlamentare della riforma federalista poi bocciata dal referendum del giugno 2006, nel dicembre 2005 era stata promulgata la nuova legge elettorale, inizialmente nota come «legge Calderoli» in quanto elaborata in prima stesura dal ministro, che però nel marzo 2006, durante una puntata di Matrix (Canale 5), la definì «una porcata», guadagnandole così l’appellativo giornalistico di «Porcellum». «“Pensi”, dice, “doveva firmarla Pisanu”. E perché la firmò lei? “Perché avevo coordinato i lavori della riforma. Alla Lega quella legge non interessava”» (Vittorio Zincone). «La riforma costituzionale del 2005 la attribuiscono a Berlusconi e l’ho scritta io, mentre il Porcellum lo attribuiscono a me, e invece dovrebbe chiamarsi Casini, Follini, Berlusconi, Fini e Ciampi». «Infatti […] “porcata” fu definizione del medesimo Calderoli, il quale si lamentava di come la legge proporzionale voluta da Pierferdinando Casini (in cambio dell’ok al federalismo del 2006) fosse stata inquinata da Silvio Berlusconi (che abbassò la soglia per il premio), da Gianfranco Fini (che non volle le preferenze) e dal presidente Carlo Azeglio Ciampi (che chiese il premio per il Senato su base regionale). […] Il Porcellum non funzionò anche a causa di quel referendum, e fu Calderoli a trovare il modo di superarlo: “Una proposta di legge di due righe con cui si sarebbe tornati al Mattarellum [il precedente sistema elettorale, sostanzialmente maggioritario per il 75% dei seggi e proporzionale per il restante 25% – ndr]. Ma tutti quelli di sinistra, che inorridivano davanti al Porcellum, non la votarono mai. Solo un gran bla bla. L’unico che mi ha sempre sostenuto è stato Giorgio Napolitano”» (Feltri). All’inizio del 2006, però, Calderoli fu costretto a dimissioni anticipate: il 15 febbraio, infatti, dieci giorni dopo che don Andrea Santoro era stato ucciso in Turchia sull’onda della violenta reazione islamista alle vignette pubblicate in autunno sul quotidiano danese Jyllands-Posten, nel corso di un’intervista sulla libertà di espressione condotta in diretta sul Tg1 Calderoli si era improvvisamente sbottonato la camicia, mostrando una maglietta su cui era riprodotta una vignetta raffigurante Maometto, suscitando così innumerevoli polemiche, nazionali e internazionali. «Successivamente c’era stato un corteo davanti al consolato italiano a Bengasi, inizialmente ritenuto di protesta contro quel gesto; erano scoppiati disordini ed erano morti dei manifestanti, e, anche se poi si s’era scoperto che il corteo era nato non in funzione anti-Calderoli ma per altri motivi, in molti avevano criticato l’allora ministro, “provocatore sull’islam”, tanto che si era giunti infine alle dimissioni» (Marianna Rizzini). «“Era un disegno innocuo. C’erano tutti gli dèi delle religioni monoteiste, su una nuvola”. […] Quel gesto le costò la poltrona di ministro delle Riforme. “E nel 2008 non sono stato nominato vice-premier sempre perché non gradito a Gheddafi”» (Zincone). Dopo un biennio trascorso nuovamente alla vicepresidenza del Senato, infatti, con la vittoria del centrodestra nel 2008 Calderoli era tornato al governo, con l’inedita carica di ministro per la Semplificazione normativa. In tale veste, «nel 2009 annunciò di avere soppresso 29 mila leggi inutili che costavano ciascuna 2 mila euro l’anno, per un totale di 58 milioni di euro di risparmi. L’anno successivo, le abrogazioni raggiunsero quota 375 mila, per un risparmio complessivo – dichiarò Calderoli – di 787 milioni di euro l’anno. I reperti cartacei furono raccolti in 150 scatole. Poi organizzò un rogo simbolico in una caserma dei pompieri. […] Questa ghigliottina legislativa dalle apparenze mastodontiche, però, non ha semplificato nulla. Pastoie e cavilli restano intatti. Perché Calderoli – fondamentalmente – ha bleffato, eliminando leggi che non disturbavano, avendo già esaurito la loro funzione, come quella che autorizzava l’edificazione di Latina, senza affrontare il nodo del problema, cioè la legislazione effettivamente in vigore ma superata dai tempi» (Giancarlo Perna). Più incisiva sarebbe dovuta essere la nuova riforma-bandiera della Lega Nord, quella del federalismo fiscale, che, coordinata dallo stesso Calderoli, fu approvata sotto forma di legge-delega nel maggio 2009: anche tale provvedimento risultò però, di fatto, poco più che lettera morta, in quanto la conclusione anticipata dell’esecutivo, nel novembre 2011, interruppe l’emanazione di tutti i decreti attuativi necessari alla sua piena entrata in vigore. Dopo essere tornato all’opposizione con il varo del governo Monti e aver cooperato al passaggio di consegne da Umberto Bossi a Roberto Maroni dopo la deflagrazione dello scandalo Belsito («Fui io ad andare da Bossi a dirgli: “Umberto, devi dimetterti per il bene tuo e del partito”. Rispose con un brontolio che era un sì. Potevo chiederglielo solo io, perché lui sapeva che sono quello che gli vuole più bene»), nel 2013 Calderoli riconquistò la carica di vicepresidente del Senato, e l’anno successivo fu nominato insieme al capogruppo democratico al Senato Anna Finocchiaro relatore del nuovo disegno di legge costituzionale intestato al ministro Maria Elena Boschi: se inizialmente le sue abilità di mediatore furono fondamentali per puntellare la nuova riforma costituzionale, in seguito Calderoli, contrariato dalle modifiche introdotte dalla maggioranza («Siamo passati da una bella merda iniziale a una merdina»), sfruttò tutte le sue conoscenze in materia di regolamenti parlamentari per rendere la vita difficile al governo, presentando una quantità fino ad allora inconcepibile di emendamenti, tale da costringere il presidente del Senato Grasso a giudicarli inammissibili. «Nel 2014, il senatore Roberto Calderoli si presentò a Palazzo Madama con un carrello e varie scatole-dono contenenti 10.500 emendamenti all’Italicum. Nulla in confronto a quelli che sarebbero arrivati dopo; dagli oltre cinquecentomila presentati in commissione Affari costituzionali, durante la discussione sulla riforma Boschi, agli 82 milioni di emendamenti con l’approdo del ddl in aula. La fama di Calderoli versione castigatore o rallentatore di leggi è proverbiale. Una volta spiegò pure il metodo: “Mi sono attrezzato. Ho un programmino informatico che da un testo base è capace di ricavare decine di migliaia di varianti. Si cambia una parola, un articolo, un numero, e il giochino è fatto”» (David Allegranti). Deciso sostenitore del «no» al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, dopo qualche esitazione iniziale si convinse a supportare le ambizioni nazionali del nuovo corso leghista guidato da Matteo Salvini, che nel 2018 l’ha ricandidato tra i suoi, facendolo poi rieleggere alla vicepresidenza del Senato. «Roberto Calderoli era già l’esperto di ingegneria costituzionale ai tempi della Lega di Bossi, ma è tuttora insostituibile. […] È considerato indispensabile per la sua conoscenza della macchina istituzionale e il suo talento di organizzatore» (Alberto Mattioli). «Vietato chiamarlo nonno della Repubblica: si innervosisce. […] Ma con le sue otto legislature (due volte ministro), quattro vicepresidenze del Senato e la barba bianca, in mezzo ai nerd e ai neofiti di questa tornata a suo modo rivoluzionaria, Roberto Calderoli sembra il saggio della montagna» (Giorgio Gandola) • Grande rumore, nel luglio 2013, quando, durante una festa di partito a Treviglio (Bergamo), accostò a un orango l’allora ministro Cécile Kyenge, di origine congolese: denunciato, nonostante le scuse, per diffamazione aggravata dall’odio razziale, dopo un lungo iter – in cui è stato persino sollevato un conflitto di attribuzioni tra il Senato (che aveva negato con voto trasversale l’autorizzazione a procedere contro Calderoli per l’accusa di istigazione all’odio razziale, concedendo invece quella per diffamazione) e il Tribunale di Bergamo (che aveva presentato ricorso presso la Corte costituzionale, vedendo accolte le proprie ragioni) – nel gennaio 2019 Calderoli è stato condannato in primo grado a 18 mesi di reclusione, con il riconoscimento dell’aggravante dell’odio razziale • Profonda commozione in Senato, il 6 marzo 2019, per le parole con cui Calderoli ha salutato l’approvazione di un provvedimento da lui particolarmente sentito. «A Palazzo Madama si vota una mozione per la cura delle malattie oncologiche, e Calderoli prende la parola. Rivela quello che tutti conoscono. "Il caso vuole che a presiedere sia una persona che il cancro ce l’ha avuto e da sei anni e mezzo sta combattendolo’’. Finalmente i colleghi sono liberi di esprimere la loro vicinanza senza bisbigliare. Lo applaudono fragorosamente, si alzano in piedi tutti i presenti. Sanno anche che la battaglia non è finita, anzi il leghista ne ha appena combattuta un’altra poche settimane fa. Per cui ancora non si può festeggiare". Vi ringrazio – dice Calderoli – ma questo è un applauso non gradito, non lo auguro a nessuno. Però vuol dire che, toccando ferro, si può anche guarire’’. Altri applausi, e la mozione viene votata all’unanimità da 220 senatori» (Goffredo De Marchis). «“Ad oggi gli interventi sono stati sei, in mezzo una quantità di cicli di chemioterapia. E da quattro anni di immunoterapia: prima una volta alla settimana, ora una ogni tre. E riesco anche a farla a casa”. Come ha fatto a resistere? “Mi considero fortunato. Specie quando mi ritrovo in ospedale e vedo i letti vuoti di chi fino a poche ore prima era lì a lottare come me contro la malattia”. La fede l’ha aiutata? “Sì, sono molto credente. La fede mi ha aiutato tantissimo. Mi ha dato sostegno il pensiero che c’è qualcuno che veglia su di te. Che la nostra fine non è definitiva, ma c’è qualcosa oltre la morte”. […] La malattia non l’ha mai distolta dalla politica. “Ho sempre cercato di non venire mai meno ai miei impegni. Appena avevo un po’ di energie, tornavo in prima fila. Poco importa se sotto la giacca tenevo nascosti i drenaggi”. Poteva fare un passo indietro temporaneo. “No, la malattia si è presentata quando la Lega è precipitata negli scandali. Non potevo chiamarmi fuori. Era una questione di sopravvivenza. Della Lega ma anche mia, perché siamo una cosa sola”» (Cesare Zapperi) • Prime nozze con «rito celtico» e civile nel 1998 con la sceneggiatrice Sabina Negri, resa poi popolare per una breve stagione da Chiambretti in Markette (La7). Particolarmente rocambolesco il loro viaggio di nozze, organizzato in un villaggio vacanze sardo. «“Quello era il nostro viaggio di nozze e avevamo un letto matrimoniale con due materassi accatastati in orizzontale: appena ti stendevi, sprofondavi in mezzo con il sedere. Poi vado in bagno, e rompo la tavoletta del cesso; ritorno in camera e parte la musica da discoteca nei locali sotto. Un giorno, e siamo scappati; poi mi telefonò Umberto Bossi”. E che voleva? Mi chiamava con insistenza, mi voleva a Milano: e, sì, le anticipo la domanda, anche quella volta l’ho accontentato”» (Tecce). Nel 2015 ha sposato in seconde nozze, con rito cattolico e civile, la leghista Gianna Gancia (classe 1972), attuale consigliere regionale piemontese e già presidente della Provincia di Cuneo, al suo fianco dal 2001. «La nostra è una bellissima storia d’amore. Io, Roberto e mio figlio siamo un tutt’uno. A casa nostra a Mozzo, sulle colline bergamasche, con il caminetto sempre acceso, i cani e i due lupi, chiudiamo fuori il mondo e siamo solo una famiglia» • «Non potrei mai lasciare Bergamo, io abito in un bosco. Non vedo tetti, macchine o persone, soltanto animali: cani, lupi, oche, galline, cinghiali, a volte dei cerbiatti» • «Infettato da qualche vanità letteraria dopo aver “letto quattro volte I promessi sposi”, è autore di un libro dal titolo Mutate mutanda (ispirato al latino “mutatis mutandis”) dall’incipit indimenticabile: […] “Questo lavoro è un sofferto dissezionamento della mia sfera cosciente e del mio iter emozionale e culturale”» (Gian Antonio Stella) • In veste di vicepresidente del Senato, «Calderoli è […] molto stimato, trasversalmente. “È la Treccani del regolamento del Senato”, dice Riccardo Mazzoni di Ala, che lo conosce bene. […] Ne parla bene Luigi Zanda, […] del Pd, ne parla bene anche qualche grillino, come il senatore Maurizio Buccarella, che una volta disse: “Noi li vedevamo in tv e ci parevano tutti orrendi, invece ce ne sono di intelligenti e preparati, gran faticatori. Per esempio, Calderoli”. Carlo Giovanardi sentenziò: “Ha una doppia personalità”. “È infatti – dice Mazzoni – un perfetto estremista e un perfetto vicepresidente. Ed è la dimostrazione vivente di come dovrebbe essere un parlamentare”. […] Insomma, quando Calderoli fa il leghista è tutt’altro che tenero, ma quando veste i panni del vicepresidente del Senato pare addirittura autorevole» (Allegranti) • «Geniale e matto lucido» (Vittorio Feltri) • Numerosissime, soprattutto nei primi anni Duemila, iniziative e prese di posizione estremamente controverse. «Per impedire la costruzione di una moschea a Lodi, passeggiò con un maiale sul terreno scelto per edificarla. La comunità islamica, ritenendo infetto il luogo, rinunciò al tempio. Visto il successo, minacciò la stessa cosa a Bologna, proponendo l’allevamento di maiali da passeggio per boicottare il culto maomettano» (Perna). «"La politica è teatro. Quando si alza il sipario, io faccio la mia parte". […] "Qualcuno, il lavoro sporco, lo deve fare". […] Non si è mai pentito di aver detto o fatto qualcosa? "La maglietta. […] Quella è stata la notte più brutta della mia vita". Come l’ha passata? "Ho pregato disperatamente". Che cosa chiedeva: aiuto, perdono, illuminazione, che cosa? "Chiedevo di poter rimediare, limitare i danni". Che cosa è cambiato in lei quella notte? "Ho capito che la mia buona fede non può assolvermi"» (Stefania Rossotti). «Quanti errori ha commesso, Calderoli? “Ho detto e fatto tante cose sbagliate. Era anche un modo per finire sui giornali o in televisione”. Diabolico. “Dài, ché lo sapete. Quando non esisti sui media, devi utilizzare certe espressioni”. Tipo: “La civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni. Qua rischiamo di diventare un popolo di ricchioni”. “Esatto, e me ne rammarico. Ognuno deve essere libero, può amare chi vuole, può donare affetto a chi vuole. Ma per le adozioni sono sempre contrario”. Sta cambiando, senatore? “Ho cercato di migliorare la mia immagine, anzi di far emergere la mia vera immagine: sono un po’ meglio di un orso, un burbero. Il rapporto tra la politica e la comunicazione è distruttivo”. […] Ha rimpianti? “Ho paura di aver costretto a rincorrermi chi mi voleva bene o chi mi voleva abbracciare. Il mio è un mondo capovolto. Però penso di aver conquistato la fiducia dei politici: mi ha impressionato la vicinanza di Giorgio Napolitano, di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi dopo la morte di mamma. Berlusconi mi ha chiamato tutti i giorni, era amico di mia mamma perché gli ricordava la sua, si scambiavano dei biglietti: tante cose mi separano da Berlusconi, ma con me è sempre stato gentile”» (Tecce). «Mi piacerebbe essere ricordato per il federalismo fiscale, la riforma costituzionale, le 430 mila leggi abrogate, le norme gratis sul web, e avrei pure abolito le province nel 2010 se Berlusconi non mi avesse detto di no; e invece sono quello della porcata. […] Mi dà un fastidio enorme».