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 2019  aprile 29 Lunedì calendario

Biografia di Barbara Lezzi

Barbara Lezzi, nata a Lecce il 24 aprile 1972 (47 anni). Politico (Movimento 5 stelle). Ministro per il Sud (dal 1° giugno 2018). Senatrice (dal 15 marzo 2013). «Anche lei appartiene alla generazione politica di più evanescente personalità che abbiamo mai avuto – ce la siamo meritata, la Lezzi –, e quindi scriverne resta impresa improba: non puoi descrivere dei chiaroscuri e delle sfumature, se non ci sono; non puoi trascrivere la partitura di una musica, se c’è solo casino» (Filippo Facci) • «Barbara Lezzi si è diplomata nel 1991 all’istituto tecnico Deledda per periti aziendali e corrispondenti in lingue estere; l’anno dopo è stata assunta in un’azienda commerciale come impiegata di III livello: è tutto quello che c’è da sapere prima che il firmamento a Cinque stelle la baciasse in fronte. […] È stata eletta senatrice nel 2013 (circoscrizione Puglia) ed è entrata in commissione Bilancio e programmazione economica, divenendone vicepresidente. È stata anche membro della commissione permanente per le Politiche europee. […] La prima cosa per cui si fa notare, nel 2013, è perché porta a Palazzo Madama un apriscatole a ricordo di quando Beppe Grillo voleva “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”. […] Nel novembre successivo una spiata dei suoi compagni grillini fa scoprire che la senatrice, come assistente parlamentare, ha assunto la figlia del suo compagno: al che l’ortodossia grillina la crocefigge, ma lei tira fuori che non ha violato il regolamento (il Senato vieta di assumere collaboratori fino al quarto grado di parentela, ma lei non è sposata), e però la nota discrezionalità grillina prima s’incazza e poi gliela lascia correre. Però la ragazza assunta perde il contratto. La Lezzi intanto furoreggia in tv, dove si scaraventa volentieri con gli appoggi che servono. Bruno Vespa la celebra e se la cucina (lei si presenta con una gonna sopra al ginocchio) e insomma passa di qua e di là, viene addirittura invitata al Forum Ambrosetti e soprattutto pronuncia anche una serie di memorabili cazzate. […] Per esempio, pubblica un video su Facebook per spiegare perché c’è stato un aumento del Pil nel secondo trimestre del 2017: mica per meriti governativi, ma “perché ha fatto molto caldo”. Cioè: il Pil è cresciuto grazie all’acquisto e all’uso dei condizionatori, e lo dice una senatrice che peraltro è in commissione Bilancio. A parte che il Pil era cresciuto anche nelle stagioni fredde del primo 2017 e dell’ultimo 2016, la Lezzi mostra comunque un certo talento: alza i toni, parla sopra l’interlocutore, perfeziona la sua specialità – il casino –, e ci sono nientologi come Andrea Scanzi (il Fatto Quotidiano) che arrivano a candidarla come ministro dell’Economia. Una visione riduttiva: l’impiegata Lezzi mostra una certa confidenza pure con l’ingegneria costituzionale nel giorno in cui in tv – i grillini impazziscono per l’odiata e defunta tv, appena ci mettono piede – giunge a teorizzare che per ridurre il numero dei parlamentari bastava un decreto da approntare in pochi giorni. In realtà è una modifica costituzionale bella e buona, ci sono da riformulare gli articoli 56 e 57 mediante i dettami dell’articolo 138 sulle procedure di revisione costituzionale: ma in televisione una scemenza basta dirla, e possibilmente con la presupponenza e la spocchia e la sicumera di chi straparla senza sapere un accidente: esattamente come il pubblico che l’applaude e si identifica. È una di noi, dice il popolo, che ci capisce ancora meno. Così le perdonano tutto, anche il caso “rimborsopoli” (un’inchiesta delle Iene), da cui risulta un suo mancato bonifico di circa 3.500 euro al Movimento. Complotto, errore, svista, dimenticanza: allora corre a Otto e mezzo da Lilli Gruber e spiega una complicata dinamica che però ha già brillantemente risolto, evviva. Sicché viene perdonata dai sommi giudici grillini» (Facci). «Alle ultime elezioni ha ottenuto nel collegio uninominale n. 6 di Puglia 107 mila voti, sopravanzando nello stesso collegio due candidati al Senato di rilievo, Massimo D’Alema e Teresa Bellanova, viceministra al ministero dello Sviluppo economico del governo Gentiloni. Nominata alla prima riunione del nuovo governo ministra senza portafogli, vale a dire ministra senza un dicastero, senza personale, uffici, senza una sede che non sia la presidenza del Consiglio, […] Barbara Lezzi è tuttavia l’unica tra i 6 ministri nominati senza portafogli che è anche parlamentare (senatrice), e ciò le fornisce un radicamento territoriale, perciò l’ascolto e la risposta ai cittadini del suo territorio, la Puglia, come del resto del Mezzogiorno. Per questo la […] ministra per il Sud può pretendere un’organizzazione articolata di collaboratori presso i suoi uffici a Palazzo Chigi» (Mariano D’Antonio). «Ministra per caso, […] perché in realtà la maggioranza giallo-verde, il Sud, se l’era proprio dimenticato. Nella prima bozza del programma di governo, per il Meridione non c’era nulla. “Tutte le misure guardano al Sud”, era corso ai ripari Luigi Di Maio. Per poi inserire sei righe veloci e lanciare l’idea: al Sud dedicheremo un apposito ministero (che nei fatti è quello per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno guidato nel precedente governo da Claudio De Vincenti). A quel punto, si pose la domanda: a chi lo diamo? Le quote rosa del governo erano piuttosto basse, e si pensò a Laura Castelli, ma lei declinò: meglio fare la vice all’Economia e occuparsi di quel che ha sempre seguito, una volta sfumata l’ipotesi di andare ai Trasporti perché scalzata da Danilo Toninelli. Paola Taverna era una possibilità, ma passò anche lei: “Sono vicepresidente del Senato, non si passa da una poltrona a un’altra”. A quel punto, la pasionaria Lezzi – lodata per la telegenia da Bruno Vespa e per questo molto promossa dai capi comunicazione M5s – ha avuto la sua occasione. E dire che non ci sperava più. Perché, dopo i primi anni nella luce, tanto da essere scelta come "testimonial" della campagna anti-euro in una conferenza alla sede della stampa estera insieme a Beppe Grillo, ne aveva passati altri nell’ombra. In un’intervista aveva parlato della necessità di allargare il direttorio (l’organo a 5 cui Grillo e Casaleggio avevano inizialmente affidato il coordinamento del M5s) a un organismo più collegiale. Criticando il già prescelto Luigi Di Maio per non aver letto la famosa mail con cui veniva informato dell’indagine a carico dell’allora assessora all’Ambiente di Roma Paola Muraro: “Credo che abbia commesso un errore di superficialità. Ha detto che non aveva compreso la portata della mail, ma a maggior ragione doveva diffonderla agli altri”, disse Lezzi al Fatto. Suscitando le ire dei vertici, che cominciarono a estrometterla dai palchi di cui era sempre stata protagonista. Ma la senatrice pugliese si è difesa sempre. […] Ha combattuto, e ha avuto la sua chance. Senza immaginare quanto potesse essere dura» (Annalisa Cuzzocrea). «La Lezzi, alle scorse politiche, torna in Puglia e […] conquista oltre 100 mila preferenze. Come fa? Facile. Butta lì due gigantesche promesse: chiuderemo l’Ilva e impediremo la costruzione del Tap (quel fuoriclasse di Alessandro Di Battista, sceso a darle una mano, mettendo su uno sguardo piacionesco dei suoi, addirittura urla: “Lo blocchiamo in 15 giorni!”). Sapete com’è finita. L’Ilva è aperta e il Tap si farà» (Fabrizio Roncone). «La ministra per il Sud, da sempre in prima linea per bloccare l’opera della Tap, si è scontrata con la realtà e con i suoi numeri: 20 miliardi di euro, approssimando […] per difetto. Quelli che i costruttori potrebbero chiedere allo Stato italiano se l’opera del gasdotto pugliese venisse bloccata. La povera Lezzi, che proprio da Melendugno [il comune salentino presso il quale il Gasdotto trans-adriatico (Tap) dovrebbe approdare – ndr] viene, è il volto del Movimento che ammette sconsolato: “Non c’è alternativa. È impossibile fermare l’opera, lo dico con grande dolore”. Giù il sipario. A nulla vale ricordare che, “l’avevo detto, era una strada difficile”. Giochi di semantica che i suoi 100 mila elettori non si bevono. La Lezzi, alle elezioni del 2018, aveva sbaragliato Massimo D’Alema proprio per la sua battaglia ambientalista. In rete spuntano i suoi proclami, di quando giocava battagliera all’opposizione, che è sempre cosa più facile. In un incontro del 2014 a San Pietro Vernotico (Brindisi), per esempio, diceva sicura: “Il trattato internazionale (quello firmato dall’Italia per la Tap, ndr) può essere revocato dal governo. Quindi non è vero che non si può tornare indietro”. E ancora, quattro anni dopo: “Così si fa. Si denuncia che si vuole uscire dal trattato internazionale. Quindi si chiede alle forze dell’ordine di bloccare, anziché i manifestanti, gli operai”. Prometteva che avrebbe tirato fuori l’Italia dal trattato internazionale, che avrebbe avviato “tutta la diplomazia necessaria per toglierci da questa gabbia…”, mentre il “padre” Grillo prometteva di contrastare l’esercito e il compagno Dibba prometteva di sbaraccare tutto “in due settimane”. […] Prima delle elezioni, firmò una lettera di impegno con il sindaco di Melendugno, ancora presente online. Tra le altre cose, si impegnava a formalizzare entro 20 giorni dall’insediamento del governo la richiesta all’esecutivo di sospendere le attività di realizzazione del gasdotto; a inviare alla Bce una lettera di richiesta di sospensione del finanziamento; a formalizzare un atto parlamentare per vincolare il governo a sospendere i lavori; a nominare una commissione indipendente per verificare i lavori fatti. […] La Lezzi, che nel frattempo non ha avviato nessun “arbitrato internazionale” e nessuna richiesta di revoca, ammette la sconfitta. Ai No Tap che l’hanno assediata alla ricerca di informazioni a Italia 5 Stelle ha spiegato, solo adesso: “Quando un negozio apre, non è che tu puoi andare e dici: ‘Adesso chiudi’”. Delle due, l’una: o i 5 stelle non sapevano le conseguenze miliardarie del blocco della Tap, e quindi hanno fatto promesse senza conoscere la realtà; o le sapevano, ma le hanno ignorate a fini di propaganda elettorale. Nel primo caso, hanno manifestato evidente incompetenza; nel secondo, evidente disonestà» (Francesco Oggiano). «Il 20 luglio, le televisioni locali pugliesi la immortalano in un’immagine che racconta tutta la sua difficoltà: Lezzi, la bionda testa leonina tenuta bassa, attraversa la sala dell’università di Lecce, dove ha incontrato un gruppo di precari, prende in braccio il figlio di tre anni e va via spedita. Tutt’intorno, esponenti del Movimento No Tap urlano: “Barbara, vergogna: eri al nostro fianco prima di prendere quella poltrona, sei come la Bellanova”. Un paragone, quello con l’ex viceministra renziana allo Sviluppo, che brucia come sale su una ferita aperta. Perché non solo la senatrice M5s ha promesso l’impossibile per anni ai No Tap pugliesi, fingendo di non sapere quello che hanno ricordato sia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che il ministro degli Esteri Enzo Moavero durante la visita in Azerbaijan: ci sono degli accordi internazionali da rispettare, si tratta di un’opera già avviata dopo una valutazione di impatto ambientale positiva, in Grecia e Albania i lavori sono stati completati al 70%, in Italia siamo al 30-40. […] Il problema è che a Melendugno Barbara Lezzi vive. Le promesse gridate su tutti i muri […] se le vede rinfacciare ogni volta che torna a casa. Di qui, il suo estremo nervosismo al riguardo: quello che l’ha portata a litigare pubblicamente con il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano (che ha scritto a Conte, con prove video allegate, lamentandosi della “violenza verbale” di cui si è sentito oggetto); che l’ha spinta a dire sì, vabbè, chi lo dice che non è un’opera inquinante, “sfido chiunque a stendere un asciugamano su un gasdotto”; che l’ha portata addirittura a sostenere, il 24 luglio a In onda su La7: “Un oncologo ha detto che, essendoci nel Salento un’incidenza tumorale più alta che nel resto d’Italia, non bisogna sottoporre la popolazione ad altre emissioni, che ci sarebbero per le cabine di pressurizzazione”. […] Lei, che ha passato gli ultimi […] anni a contestare chiunque, […] si ritrova a difendersi da comitati inferociti: come a Bagnoli, dove ha il compito di coordinare la cabina di regia sul risanamento dell’area ed è stata accolta da striscioni di protesta: “Nuovo governo, vecchie usanze, basta accordi nelle stanze”. Lezzi ha invitato tutti al ministero, “il mio ufficio è grande, venite pure”, ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma ha capito a suon di fischi che passare dai “no” al governo è tutt’altro che una passeggiata» (Cuzzocrea) • Sposata dal 2015 con il commercialista concittadino Rocco Zaminga; un figlio, Cristiano Attila (2016), alla cui nascita «ha giustamente chiesto (e ottenuto) che al Senato, come alla Camera, ci fosse una nursery con l’occorrente per allattare e cambiare i pargoli» (Maria Teresa Meli) • «Anche detta dai fan su Facebook “la leonessa” (per via della chioma, del piglio e della capacità di sostenere monologhi di dieci minuti sul reddito di cittadinanza)» (Marianna Rizzini) • «Con Grillo ha un ottimo rapporto. Rivelando una singolare visione della paternità, Lezzi dice di lui: “Per noi è come un padre. Ogni tanto ci bastona. Ma, se un padre bastona un figlio, lo sta facendo per il suo bene. E quindi non è un problema”» (Meli) • «Corre su e giù per il Sud Italia a verificare, rassicurare, promettere, ma Barbara Lezzi […] è stata fulminata da una nuova consapevolezza: governare è molto più faticoso che portare in aula una scatoletta di tonno, come fece al suo arrivo. […] E occuparsi del Mezzogiorno, dei suoi problemi endemici e delle crisi in vista, se possibile lo è ancora di più» (Cuzzocrea). «Barbara Lezzi, un mito. Con quella parlata, con quei ricci, con quelle uscite: impossibile non occuparsi di lei. […] Ma è finito il tempo in cui il ridicolo poteva distruggere una reputazione. Dev’esserci qualcuno, sosteneva Flaiano, che continua a spostare la soglia del ridicolo» (Aldo Grasso).