Libero, 29 aprile 2019
Intervista a Tiziana Panella
Tiziana Panella, giornalista, è nata a Napoli.
Il suo segreto? Non prendersi mai sul serio. Eppure Tiziana Panella da quasi tre decenni si occupa di cronaca, attualità e politica in maniera serissima, con competenza e professionalità. E non a caso Umberto Cairo ha pensato proprio a lei quando, quattro anni fa, ha voluto un programma quotidiano nella fascia pomeridiana della sua La7, Tagadà. Si può dire che è una scommessa vinta? «Sì, quando siamo partiti, la rete a quell’ora faceva lo 0.9%, ora abbiamo il 3.5% di share media e punte del 5-6%. Era una sfida impossibile, ma ci abbiamo creduto. E abbiamo fatto un piccolo miracolo». Qual è la carta vincente? «Sicuramente il fatto di andare in onda sempre in diretta. Ma con un linguaggio un pochino alternativo, scanzonato, “pop”. Anche gli argomenti seri si possono trattare con il sorriso sulle labbra, il tono austero non dà autorevolezza. Ed è un grande lavoro di squadra, siamo tutte donne e abbiamo una grande sintonia». I principali competitor, in quella fascia oraria, puntano sull’intrattenimento puro: Rai1 Vieni via con me, Canale 5 Uomini e donne. «Siamo mondi completamente diversi e di conseguenza anche il pubblico è diverso. La7 è una rete “malata” di politica e gli spettatori sono spesso informati perché hanno seguito i programmi di approfondimento del mattino. Per questo abbiamo deciso di aprire con un’intervista lunga». Ci sono temi politici sui quali tornate spesso e volentieri. «Sì, per vederne l’evoluzione. Il governo, ad esempio, stiamo provando a raccontarlo come fosse una serie tv, episodio dopo episodio, a partire dal famoso bacio tra Salvini e Di Maio. Le continue liti, le graffiature sono pane quotidiano per noi». Che idea si è fatta della situazione politica odierna? «Trovo che le opposizioni, fondamentali per lo stato di salute della democrazia, siano oggi afone. Sono in affanno, vorrei sentire non solo le loro critiche ma anche quello che propongono, capire chi sono e cosa vogliono fare. Invece da una parte c’è l’afonia di Forza Italia, che non vuole inimicarsi la Lega, dall’altra quella del Pd, per la compresenza perenne di mille voci». Come vede Zingaretti a capo del Pd? «All’inizio del mandato ha voluto far sentire la propria voce sulla Tav a Torino, ma ora lo sento meno. Gioca di rimessa, probabilmente deve prendere le misure del partito. Non ha ancora trovato la chiave, siamo lontani dalla rinascita del Pd». Tra poco ci saranno le Europee: cosa si aspetta? «Quelle passate sono state un referendum pro o contro Renzi, questa volta forse sarà un voto più consapevole: mi sembra che gli italiani stiano ragionando di più sul ruolo dell’Europa, sulla volontà di cambiare le cose o proteggerla dai sovranismi spinti». E del governo giallo-verde che ne pensa? «Mi sembra che abbia conquistato più per demerito altrui che per meriti propri. Noi riceviamo molte lettere e mail, da quello che sento mi pare che la gente sia un po’ sospesa, nel senso che non critica il governo, non ha rinunciato alle aspettative che aveva. Tutti quelli che prima del 4 marzo erano arrabbiati, che con il loro voto hanno cercato una via di uscita, oggi pensano che comunque quelli che ci sono oggi sono meglio di quelli che c’erano prima». C’è qualcuno che non ha accettato il suo invito in trasmissione? «Non ho mai avuto Renzi, ma credo semplicemente che non ci sia mai stata una buona coincidenza di agende. C’è un invito aperto, prima o poi verrà». Lei ha iniziato a lavorare in televisione giovanissima, prima in reti tv locali e poi in Rai: ha sempre voluto fare la giornalista? «Avevo due sogni: fare la ballerina, perché ho fatto danza classica per tanti anni, e la giornalista televisiva. Anche se la mia insegnante delle medie, la professoressa Morelli che considero il mio mentore, mi diceva che sarei comunque tornata alla fine alla scrittura, la mia vera natura». Un libro lo ha già scritto, Le parole della fame. «Sì, dopo un’esperienza pazzesca in Mozambico. Ma prima o poi mi dedicherò esclusivamente alla scrittura, ho delle storie in testa per dei romanzi.» Ha avuto modelli di riferimento, negli anni della formazione? «Sicuramente, quando ero in Rai, Michele Santoro è stato un grande maestro e passavo le giornate a vedere come montava Iacona. Ma io sono un piccolo parassita, traggo il più possibile dagli incontri che faccio e tutte le persone mi hanno passato qualcosa. Lavorare a Chi l’ha visto?, ad esempio, mi ha consentito di entrare in sintonia con la vita degli altri, con quel programma ti arriva addosso un’onda di disperazione, bisogna riorganizzare i sentimenti per raccontare storie che ti restano addosso per sempre». Dopo la Rai è approdata alla neonata La7, nel 2001. Come è cambiata la rete in questi 18 anni? «Trovo che sia cresciuta bene, oggi è un riferimento per molti, rispetto a Rai e Mediaset è una realtà piccola ma con una grande credibilità. E quando è arrivato Mentana ha fatto la differenza, per me è stata un’epifania, è il numero uno». Nella prossima stagione la rivedremo al timone di Tagadà? «Sì, sarò pazza ma sogno di farlo diventare il primo programma del pomeriggio. Stiamo già immaginando cose nuove che ci piacerebbe fare per renderlo ancora più appetibile, per arricchirlo, perché non bisogna mai essere uguali a se stessi». Non le piacerebbe fare anche qualcosa di diverso? «Sì, dopo tanta cronaca e politica, mi divertirebbe sperimentarmi su un terreno diverso, un serale di infotainmente vero, spinto. Mi è arrivato qualcosa all’orecchio e devo dire che mi piacerebbe». riproduzione riservata