Libero, 29 aprile 2019
Intervista a Vincenzo Sofo
Vincenzo Sofo, di sangue calabrese, nato a Milano.
Dal pensatoio del grattacielo futurista della Regione Lombardia, di stanza all’assessorato leghista alla Cultura, ai seicento chilometri al giorno di campagna elettorale “strapaesana” interrotti nella strada statale Jonica. «Per fortuna l’autovettura è andata in panne all’altezza di Bovalino, il mio paese di origine...». Vincenzo Sofo, classe ‘86, calabrese nato a Milano e animatore del think tank destro-leghista Il Talebano, è una delle scommesse politiche di Matteo Salvini per le Europee del 26 maggio. La missione che gli è stata assegnata? «Replicare il modello di permeabilità territoriale della Lega anche nel Meridione e portare San Francesco di Paola a Bruxelles...». Sofo, il “talebano” della Lega, il milanese di nascita ma calabrese di sangue, spedito nella circoscrizione Sud. Il cortocircuito è servito. «È una radice che ho sempre rivendicato. Fin dal 2009, l’anno nel quale ho aderito alla Lega e la Lega era quella di Bossi. In realtà per me più che un cortocircuito rappresenta la coerenza ideologica: ho sempre ritenuto la Lega il movimento più identitario e più territoriale presente nel panorama politico e quindi non c’è nulla di più naturale che rivendicare la propria origine soprattutto per chi è un fervente sostenitore dello ius sanguinis...». Un tocco glamour è arrivato dalla sua relazione con Marion Maréchal. Ossia la giovane Le Pen. Sarà al suo fianco? «Sicuramente. Ci unisce, oltre che un sentimento, proprio una visione politica, una visione di società e di Europa. Lei la porta avanti in Francia, io in Italia. Vedremo se scenderà anche lei per qualche evento ma la sintonia in ogni caso è al 100%». Dalla Milano simbolo del terzo millennio si ritrova catapultato in un Sud a tratti ancora arcaico. «Nei giorni scorsi ero in un paese ai piedi dell’Aspromonte, Caraffa del Bianco. Si tratta di un borgo di neanche seicento anime dove la globalizzazione e la standardizzazione non sono ancora arrivate. Un borgo che incarna la Calabria profonda e che è in contrasto totale con la vita iper moderna, progressista e tecnologica di metropoli come Milano». La sua è una sorta di “reimmigrazione”... «Già. Credo per questo che la Lega di Salvini rappresenti un’occasione per il Sud. L’occasione di fare in modo che in futuro non ci debba più essere la necessità di emigrare, e parlo sia delle eccellenze che delle maestranze. Come sto spiegando in giro per il Sud, se ci fosse stata una politica normale, io non sarei nato a Milano, non sarei cresciuto in Lombardia, non lavorerei al Nord ma sarei nato, cresciuto e sviluppato professionalmente in Calabria». In questa esperienza c’entra pure il reddito di cittadinanza? «Dopo anni di esecutivi che hanno pensato esclusivamente alle classi più agiate, la novità è che oggi ne abbiamo uno che ha messo come punto fondamentale l’intervento verso chi sta soffrendo. Dopodiché il reddito di cittadinanza serve per intervenire in una situazione emergenziale ma non può essere il destino dell’Italia e del Sud. Il destino dell’Italia e del Sud è quello di tornare ad avere una vitalità sociale ed economica che la faccia evolvere». Portiamo la Tav in Calabria allora. «Questo è un punto fondamentale. Quando si parla di Tav quasi tutti si concentrano sul pezzo che riguarda la Torino-Lione. Al M5S rilancio dicendo che il problema non è non fare la Torino-Lione ma completare questa rete di sviluppo e di trasporti, che tra l’altro è una rete europea che già nel progetto dovrebbe arrivare al Sud. Bisogna andare in Europa a dire: va bene la tratta in val di Susa ma anche il Sud fa parte dell’Europa e quindi merita tutti i corridoi di comunicazione che gli permettano di sentirsi e di vivere in Europa». Arrivare al Sud con l’alta velocità, giustissimo. Ma dal Sud si entra anche in Europa. Non solo con i barconi. «Le vicende che stanno coinvolgendo il Mediterraneo, dalle crisi migratorie alle nuove vie della Seta, stanno restituendo l’occasione all’Europa di essere al centro del mondo. Per l’Italia e per il Sud in particolare questa è una grande occasione perché a nostra volta siamo centrali nel Mare Nostrum. Abbiamo quindi un’opportunità storica, ma per sfruttarla è necessario riappropriarci della sovranità, ossia del potere di determinare il nostro destino. Questo destino va inteso come un’Italia capace di difendere i confini ma di essere anche protagonista nelle dinamiche internazionali, capace cioè di sfruttare la sua posizione per dare un programma di sviluppo al Sud che non sia più assistenzialistico ma strategico e geopolitico. Il Sud come porta d’Europa e come porto d’Europa verso il mondo». Cinque anni fa tifava per l’alleanza strategica della Lega con il Front National sostenendo le invettive anti-mondialiste di Alain de Benoist. Oggi questo network si candida a stravolgere l’Ue. «Le forze sovraniste hanno la possibilità di incidere e di contare davvero nel prossimo consesso europeo. Soprattutto se oltre l’exploit dei partiti sovranisti seguirà l’avvento di governi sovranisti che andranno a sedersi al consiglio d’Europa. Questo combinato potrebbe essere davvero la svolta per un cambiamento da un’Ue che ha sottratto sovranità nazionale senza creare una vera unione a una “comunità europea”: una comunità di Stati sovrani che decidono autonomamente le proprie politiche interne e poi si siedono al tavolo per cooperare sul destino comune». Obiezione: molti sovranisti dell’Est e del Nord bacchettanno le nazioni del Sud in nome del rigore finanziario... «L’Europa ha bisogno di una scossa che passi anche dal rideterminare il peso degli Stati membri. Questa scossa non può che arrivare dagli Stati della cosiddetta Europa latina: Italia, Francia e Spagna. Guarda caso gli stessi che propongono un modello diverso dall’austerity dei Paesi dell’Est e del nord-Europa». Lei ha contribuito non poco in questi anni a portare il pensiero nazionale in Lega e il federalismo a destra. Non deve essere stato facile: “talebano” per i leghisti conservatori, leghista per tanti destrorsi... «Il Talebano nasce con un intento avanguardista, anche nei metodi. Lo stesso nome è una provocazione e l’intenzione è stata sempre quella di fare da stimolo, di punzecchiare sia il mondo leghista che il mondo della destra, spingere queste realtà a dialogare fra loro e a fare sintesi. La Lega è e resta il miglior movimento possibile per osare un progetto del genere perché nasce proprio dal famoso superamento della destra e della sinistra». A Notre Dame che cosa è avvenuto? «Simbolicamente tantissimo. È giunto un monito: preservare, salvaguardare, valorizzare, coltivare la nostra civiltà prima che sia troppo tardi». Una proposta “talebana” da portare a Bruxelles gliela faccio io: spostare la capitale d’Europa. «Magari! Se vogliamo ricostruire l’Europa occorre ripartire dalla sua identità e quindi anche dalle tante città che l’hanno plasmata. E il Sud e i suoi uomini hanno dato un contributo determinante alla storia d’Europa». riproduzione riservata