Corriere della Sera, 29 aprile 2019
Crac bancari, rimborsi anche agli speculatori?
Era stata una promessa elettorale di Lega e Cinquestelle, quella dei rimborsi ai risparmiatori travolti dal crac delle banche. Il problema è che l’Europa vieta rimborsi a pioggia. Così, dopo mesi di discussioni e confronti con le associazioni dei risparmiatori e con Bruxelles, il governo Conte ha varato mercoledì 24 la seconda versione della norma che introduce i ristori a favore di chi aveva investito in azioni e obbligazioni subordinate delle quattro banche saltate – Etruria, Marche, Ferrara, Chieti – e di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. La decisione è quella di procedere con i rimborsi automatici per chi ha un reddito fino a 35 mila euro o fino a 100 mila euro di investimenti in titoli (o addirittura fino a 200 mila se l’Europa darà l’ok). Per i pochi altri che non ci rientreranno, ci sarà un «arbitrato semplificato».
Agli azionisti andrà il 30% della somma investita, agli obbligazionisti subordinati il 95%, e comunque non oltre i 100 mila euro di investimento.
Ma con quali soldi? E soprattutto: è giusto rimborsare tutti, azionisti compresi? E perché solo i risparmiatori di queste banche, e non anche le vittime di altre frodi finanziarie?
Partiamo dai numeri. Secondo la stima del sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, Cinquestelle, ne beneficeranno 300 mila «vittime». Vediamole. Dalle ultime assemblee risultavano 62 mila azionisti in Banca Etruria, 43 mila in Banca Marche, 28 mila in CariFerrara, 6 mila in CariChieti. Non tutte sono persone fisiche. Per quanto riguarda Popolare di Vicenza, i singoli soci erano 94 mila (su 119 mila azionisti totali) e 75 mila in Veneto Banca (su 87 mila).
Poi ci sono gli obbligazionisti: quelli delle 4 banche erano complessivamente 10.559, e avevano sottoscritto bond subordinati per 329 milioni di euro. Altre duemila persone avevano invece comprato i bond presso altri istituti. Anche le due venete avevano piazzato 200 milioni di bond subordinati a singoli risparmiatori, ma non si sa quante siano le persone coinvolte. Si sa invece che tutti i risparmiatori coinvolti hanno cercato, o cercano, di recuperare i soldi. Molti denunciano di essere stati ingannati dalla banca, che avrebbe suggerito loro l’acquisto dei bond o delle azioni pur non avendo un profilo di rischio adeguato.
Lo Stato è intervenuto più volte in loro aiuto. Si è cominciato con i titolari di bond delle 4 banche saltate a novembre 2015. Il meccanismo è stato poi esteso anche agli obbligazionisti delle banche venete. Due le strade percorribili: chi aveva un reddito inferiore a 35 mila euro e patrimonio mobiliare sotto i 100 mila euro poteva chiedere il rimborso forfettario dell’80% dell’investimento; in alternativa c’era il ricorso all’arbitrato dell’autorità anticorruzione. In quest’ultimo caso, l’Anac valuta ogni singola «truffa» e decide in base al grado di raggiro o di consapevolezza del risparmiatore. Dove viene accertata la violazione delle norme sul risparmio, il risparmiatore può ottenere fino al 100%.
A fine 2018, per quanto riguarda gli obbligazionisti subordinati delle 4 banche, su 16.038 domande di indennizzo forfettario, ne sono state liquidate 15.443, per un totale di 180,85 milioni di euro. Per quanto riguarda le venete, su 8.504 istanze, ne sono state liquidate 2.183, per complessivi 8,67 milioni. A rivolgersi alla Camera Arbitrale presso l’Anac sono stati invece in 1.768. I ricorsi accettati 1.455, con 32 milioni riconosciuti. Il totale rimborsato, quindi, ammonta a 221,52 milioni di euro. In entrambi i casi, a pagare è stato il Fondo Interbancario di tutela dei depositi (Fitd), cioè tutte le banche italiane, attingendo ad un tesoretto versato ad hoc e chiamato «Fondo di solidarietà». Va sottolineato che i dati dell’Anac – che è un giudice – mostrano anche che a nessuno degli obbligazionisti subordinati di PopVi e Veneto Banca (in totale 20 richiedenti) gli arbitri hanno riconosciuto che c’è stata una truffa. Si potrebbe dire che questi signori «ci hanno provato».
Le regole di mercato europee fissano un principio netto: l’azionista quando compra sa di assumersi un rischio di impresa; se lo ha fatto perché vittima di truffa, deve risarcirlo innanzitutto la banca. Se non è possibile, perché la banca non c’è più, lo Stato può intervenire solo con «misure eccezionali» in casi singoli, per ragioni sociali. Gli azionisti delle 4 banche possono provare a fare causa alle banche subentrate, ovvero Bper e Ubi Banca. Non possono farlo invece i 169 mila azionisti di Popolare di Vicenza e Veneto Banca crollate nel 2017. Dopo aver fatto vendite fraudolente di massa, le 2 banche venete sono state rilevate, con una legge fatta apposta, da Intesa Sanpaolo. Però nella legge una norma specifica che Intesa non deve rispondere degli illeciti pregressi ai danni dei risparmiatori. I danneggiati però possono costituirsi parte civile nei processi contro gli ex amministratori, o fare causa alle società di revisione (KPMG e PwC) e a Consob e Bankitalia per mancata vigilanza.
Intanto a inizio 2018, il governo Gentiloni istituisce un fondo pubblico di 100 milioni per i «risparmiatori» spalmato su 4 anni. Per la prima volta, anche chi aveva inconsapevolmente acquistato un titolo di rischio può avere un risarcimento, ma tocca all’Arbitro delle Controversie Finanziarie presso la Consob valutare caso per caso. Su 976 ricorsi, che andavano presentati entro settembre 2018 (in gran parte delle venete), ne sono stati accolti 854, riconoscendo un danno di 36 milioni di euro. Alla fine la cifra liquidata sarà di 12 milioni di euro, poiché la legge stabiliva un rimborso pari al 30% dell’importo riconosciuto dall’Arbitro, fino a un massimo di 100 mila euro. Un intervento quindi eccezionale e in linea con le norme Ue sul mis-selling.
Ora Lega e M5S allargano quel fondo da 100 milioni a 1,5 miliardi, attingendo ai «conti dormienti». Cioè soldi che lo Stato ha incamerato dai depositi dimenticati da altri risparmiatori, ribattezzato «Fir» (Fondo indennizzo risparmiatori). Possono accedere tutti, anche coloro che sono stati già esclusi dagli arbitrati per mancanza di requisiti, e chi ha speculato in piena coscienza. Potrebbero per esempio andare a risarcire anche quel signore che a maggio 2017, un mese prima che Vicenza saltasse per aria, comprò per 72 mila euro bond subordinati pari a 150 mila euro. Gli fosse andata bene, avrebbe guadagnato il 100%. Invece gli è andata male e allora si è rivolto alla Consob per il ristoro, che però ha rigettato la domanda, perché si è scoperto che era laureato in Economia e commercio, aveva lavorato in finanza e aveva chiesto espressamente di comprare quei titoli. Ora questo signore può sperare nei rimborsi automatici di Di Maio e Salvini. Se verrà ammesso, recupererà il 95%. Inoltre, se il tetto della soglia di povertà sarà alzato fino a comprendere chi oggi possiede titoli e fondi fino a 200 mila euro, vuol dire che verrà rimborsato anche chi non si può definire né povero e tantomeno sprovveduto. Il bacino elettorale veneto apprezzerà. Ma ancora una volta si stanno facendo i conti senza l’oste: il Commissario Ue Margrethe Vestager.