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 2019  aprile 29 Lunedì calendario

Record di film ma botteghino in crisi

Al cinema andiamo meno di francesi, spagnoli e britannici. Eppure - in media - produciamo più film, che arrivano sul grande schermo concentrati in pochi mesi. Per risollevare il botteghino (nel 2018 si è registrato un altro calo, di quasi il 5%) non bastano partecipazioni a festival internazionali e nemmeno premi (tra l’altro non pochi, tra gli ultimi l’Orso d’argento a Berlino per la miglior sceneggiatura a La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi). 
Pluralità di voci, riconoscimenti, tradizione consolidata: «Eppure i risultati in sala rimangono scoraggianti, ed è curioso che il cinema produca più film in anni di crisi del botteghino» osserva Marco Cucco, ricercatore dell’Università di Bologna esperto di industria del cinema. Ma quali sono i motivi? E quali gli interventi per invertire la rotta? 
Il confronto
Il 2019 promette di essere un anno di cambiamenti. Sui finanziamenti si dovrebbero finalmente vedere i risultati della legge Cinema targata Franceschini (2016). Ma non solo: dovrebbe partire il piano per la ristrutturazione delle sale e soprattutto, in ritardo, si dovrebbe firmare il delicato accordo con tv e piattaforme digitali sulle quote di programmazione del cinema e sugli investimenti per finanziarlo. Inoltre, ha da poco esordito la multiprogrammazione (la possibilità per i cinema monoschermo delle città monosala di proiettare nella stessa giornata film diversi) e a giugno si intensificherà il cinema d’estate: una «svolta», la definiscono produttori, distributori ed esercenti, che corregge un’anomalia tutta italiana, quella della sospensione dell’uscita di titoli importanti nei mesi caldi.
Basterà a far ripartire una macchina in parte legata alle fiammate di pochi titoli fortunati (si pensi ai film di Checco Zalone), che subisce la concorrenza delle piattaforme di streaming (Netflix&co) in un contesto europeo di calo degli incassi? Il box office 2018 evidenzia infatti un crollo in Germania (-16%) e contrazioni in Francia (-4%), Spagna (-2%) e Italia (-5%). Non solo. «I dati mostrano che in Francia si staccano 3,1 biglietti all’anno per abitante, nel Regno Unito 2,6, in Spagna 2,2, in Germania 1,5 e in Italia 1,6» spiega Nicola Borrelli, ex responsabile della Direzione generale Cinema del ministero dei Beni e delle Attività Culturali (Mibac). Borrelli a marzo è stato sostituito da Mario Turetta, che ha lasciato la direzione della Venaria Reale, dopo oltre due mesi di attesa che avevano fatto insorgere il mondo del cinema. 
In una situazione generale di calo dei biglietti aumentano però i film prodotti. Anche nel 2018. «I film che hanno chiesto il nullaosta per uscire in sala sono 276, di cui 93 documentari - anticipano fonti del ministero -, nel 2017 erano 235 e, nel 2016, 223». Un numero che molti giudicano sovradimensionato. «Lo è - commenta la sottosegretaria del Mibac Lucia Borgonzoni -: su questo tema voglio aprire un tavolo con tutti gli attori del settore. Bisogna evitare di penalizzare le opere prime ma è evidente che un aggiustamento va fatto anche perché di molti film dopo il ciak finale si perdono le tracce. A dicembre - continua - sono arrivate 246 richieste per il tax credit e proprio oggi si apre la nuova finestra. Ne arriveranno centinaia? Troppe». 
Un dato positivo, però, c’è: «Per la prima volta dopo anni - sottolineano dal ministero - il costo medio dei film di fiction ammissibili è aumentato. Sui film 100% italiani siamo passati dal milione e 700 mila euro ai 2,28 del 2018. Una tendenza incoraggiante che avevamo già osservato nelle serie tv italiane, che hanno fatto un salto di budget e di qualità».
«Uno dei problemi principali dell’Italia - sottolinea Francesca Cima (Indigo Film), presidente dei produttori dell’Anica - è proprio il costo medio dei film, troppo basso. E questo impatta sull’impianto visivo ma anche sull’occupazione. Con maggiori mezzi produttivi - prosegue - potremmo sperimentare di più anche verso generi come il fantasy o l’animazione. Non avremo mai il budget milionario degli Usa ma possiamo esprimere una linea europea, anche implementando le coproduzioni». La differenza, comunque, non è solo con gli Usa: «La Francia - osserva Cima - ha più titoli all’anno di alto budget, oltre i 3,5 milioni di euro». In Italia, un terzo dei film del 2017 è costato fra 200.000 e 800.000 euro, invece, aggiunge la produttrice, «forse bisognerebbe ridurre il numero di titoli per avere un maggiore impatto produttivo e creativo, con grande attenzione agli esordi. Spesso si pensa che le opere prime debbano costare poco, invece sono proprio i registi esordienti ad avere più bisogno di sostegno economico».

I giovani
L’esordio di Ciro D’Emilio, autore di Un giorno all’improvviso, premiato a Venezia, è costato 343.000 euro: «C’è voluto coraggio, e 5 anni di ricerca dei fondi - spiega il regista, 32 anni -. Gli autori devono trovare storie che valga la pena raccontare ma serve anche uno sforzo per sostenerle». D’Emilio si sente parte di una generazione che merita una chance e si dà da fare per ottenerla. Ha fondato la rivista opereprime.org e, nel 2016, «Pitch in the day» (aperte le iscrizioni per la quarta edizione), che, «sul modello degli eventi di speed date per single, fa incontrare a rotazione produttori e giovani registi. Il cinema è in crisi, ma non morirà mai: può convivere con le piattaforme di streaming».
Sulle quote di programmazione tv dei film, e il nocciolo investimenti, proprio in questi giorni si sta trovando un accordo. «Mancano gli ultimi dettagli» assicura Borgonzoni. «È un tema cruciale - osserva Cima - i broadcaster contribuiscono alla filiera e mi auguro che nel giro di pochi mesi la sosterranno ancora di più». Non è completamente d’accordo Cucco: «Se è giusto che le piattaforme di streaming contribuiscano, bisogna però sottolineare che, per quanto riguarda le tv, sarebbe un errore pretendere che tocchi a loro rimediare alle difficoltà del cinema». «Bisogna rafforzare il sistema industriale - conclude Cima - anche evitando che i colossi si comprino le nostre aziende di produzione. Non c’è mai stato un periodo storico in cui il prodotto audiovisivo fosse più richiesto, bisogna approfittarne e far capire ai giovani l’importanza del cinema per il loro futuro».