il Fatto Quotidiano, 29 aprile 2019
Il far west dei test del Dna
“Non è che sei un po’ francese? Forse spagnolo? Parente di un vichingo? Scoprilo adesso!”. La scatola bianca campeggia su Amazon alla voce “test del dna”. Il pacchetto si chiama “Test DNA Salute + Antenati”, è fornito dall’azienda TellmeGen e, oltre ad un’indagine sui propri antenati, sulla predisposizione a obesità e calvizie e sui farmaci personalizzati, promette, per soli 169 euro, grandi cose: “Ti aiutiamo ad aumentare la tua aspettativa di vita (…) aiutandoti a prevenire più di 125 malattie e rallentandone lo sviluppo”. L’azienda in questione non è la sola – ce ne sono a decine – a proporre pacchetti di esami del Dna, che puntano sul fascino della parola, da cui ricavare ogni genere di informazioni. Anche 24Genetics, pure presente su Amazon, vola alto: il test del “Dna 6 in 1”, 399 euro, include analisi sul profilo metabolico a su quello cardiovascolare, sul rischio di infortunio, fino alle influenze genetiche sulla salute della pelle e alla predisposizione genetica per 200 malattie. L’azienda MyHeritage, invece, vende, per appena 69 euro, l’analisi genetica del Dna per la ricerca di etnia e parenti, con tanto di “bellissima mappa in 3D interattiva insieme alle relative percentuali e a musiche originali dalle regioni dei tuoi antenati, (…) perfetta per essere condivisa sui social media”. Mentre Allelica sponsorizza un pacchetto per scoprire come “il tuo corpo metabolizza gli alimenti per poter vivere a lungo e al meglio” e se sei predisposto a “diabete, tumori ereditari, ipertensione, trombofilia”, per poi fornire un piano alimentare personalizzato a pagamento.
Ce n’è abbastanza per chiedersi se questo tipo di kit fai da te siano utili e soprattutto esaudiscano ciò che promettono, nonostante recensioni tanto entusiastiche quanto generiche sulle pagine Facebook aziendali (“Era il mio sogno conoscere il mio genoma”, “Mi sono fatta un regalo e che regalo”, “Che cosa fantastica la scienza!”).
Gli esperti di genetica, però, sono assai meno ottimisti. “Dobbiamo abbandonare l’idea deterministica, infondata e infantile, che dati certi geni saremo per forza fatti in un certo modo. Oggi la genetica è, al contrario, probabilistica”, dice Guido Barbujani, professore di Genetica a Ferrara. Il problema, come spiega Paolo Peterlongo, biologo genetista dell’Ifom (Istituto Firc di Oncologia Molecolare) “non è avere risultati ma interpretarli dal punto di vista clinico. In ogni gene si possono trovare mutazioni diverse e non è semplice sapere qual è il rischio connesso alla mutazione identificata. È la differenza tra fare una radiografia e leggerla”. Gli esperti si pronunciano anche sulla delicata previsione di malattie, promessa da questi test. “La genetica ha fatto passi da gigante nella diagnosi delle malattie semplici, come la fibrosi cistica, dove è mutato uno specifico gene che determina la malattia”, spiega Bruno Dallapiccola, Direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù. “Del tutto diverso è quando si tratta di analizzare malattie complesse come allergie, malattie autoimmuni, diabete, malattie cardiovascolari. Conosciamo mutazioni specifiche che possiamo aggredire attraverso la terapia genica, ma dire cosa sia una persona dal punto di vista genetico è difficile, altro che medicina personalizzata. Il 95% dei tumori non sono ereditari, sono conseguenze di mutazioni somatiche sfortunate”. “Molte malattie, come quelle neurodegenerative, dipendono da tanti geni, e anche da tanti fattori nell’ambiente: dieta, stile di vita e così via. Non c’è alcuna certezza che quella persona sviluppi quella patologia”, conferma Guido Barbujani.
L’altro problema reale di questi test fai da te, che tra l’altro “dovrebbero informare i pazienti nel tempo se la disponibilità di nuovi dati determina una variazione della stima del rischio” (Peterlengo) è la gestione delle informazioni. “Fare un test genetico non è come fare la glicemia, implica entrare in possesso di un’informazione permanente”, spiega Myriam Alcalay, del Comitato Scientifico di Fondazione Veronesi e professore al Dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia di Milano. “Cosa posso fare se so di essere predisposto all’Alzheimer? Figuriamoci che non c’è consenso scientifico neanche su cosa fare se una donna scopre la variante al gene Brca1 (quello di Angelina Jolie)”. Altrettanta prudenza, e un certo scetticismo, gli esperti lo manifestano verso i test del dna per malattie metaboliche: “Ti studio un set di geni metabolici per poi consigliarti una dieta, senza neanche conoscerti? Non mi sembra onesto”, dice Alcalay. “Molte delle diete consigliate su base genetica non hanno alcun fondamento scientifico”, chiosa Barbujani. Per non parlare dei test sulla resistenza sportiva: “È oroscopo genetico, come si fa a predire la capacità di eccellere nello sport? Fake news, per non dire di peggio”.
Sui test che riguardano la parentela, invece, interviene Antonio Torroni, professore di Genetica all’Università di Pavia. “Conoscere l’origine ancestrale della nostra linea materna o paterna ci fornisce solo un ‘pezzetto’ limitato dell’origine ancestrale del nostro genoma”, tanto “che la stessa persona potrebbe ritrovarsi con origini diverse a seconda delle ditte scelte”, precisa Barbujani. Poi c’è la questione non secondaria della privacy, visto che, come nota sempre Alcalay, “le compagnie hanno interesse a ottenere di inserire il campione del Dna nella loro banca dati”. La comunità scientifica, insomma, ha molti dubbi: “Decidere di effettuare dei test genetici inviando materiale biologico alle aziende può essere pericoloso: in molti casi più che dare risposte apre solo nuove domande”, spiega Lucia Del Mastro, coordinatore Centro di Senologia, Policlinico San Martino-Università di Genova e membro del Comitato Scientifico di Fondazione Veronesi. I test genetici utili sono quelli fatti in ambito medico-ospedaliero, “dove si viene preparati a ricevere un risultato e magari ad accedere a protocolli di screening migliori”, dice Alcalay. Si fanno su suggerimento di un genetista e se si ci sono in famiglia due o più persone che si sono ammalate (specie se da giovani).
Tutto ciò non significa che la genetica non serva. “In Italia c’è carenza di genetisti preparati. Altrove cominciano a fare test genetici sulla popolazione giovanile sana”, commenta Peterlongo. “Si fa poca genetica all’Università, privando di conseguenza i pazienti di preziose opportunità”, dice Dallapiccola. In ogni caso, prima di acquistare un test, dice Alcalay, ricordate “che lo stesso James Watson, ‘padre del Dna’, ha donato il suo Dna alla ricerca ma non ha mai voluto sapere tutti i risultati”.
Insomma, conclude Barbujani, “meglio investire quei soldi in una bicicletta: un po’ di attività fisica aiuta molto più di tanti test fatti a caso”.