Libero, 29 aprile 2019
I 50 anni di Pier Silvio, l’erede senza eredità
Pier Silvio Berlusconi ha compiuto 50 anni, e lascia un po’ attoniti averlo appreso solo perché Maria De Filippi, in un suo programma, ha chiesto ai suoi cantanti di cantare «tanti auguri» senza dapprima svelare il destinatario: bensì dicendo, solamente, «se c’è questa trasmissione è anche grazie a lui». Con tutta la simpatia per la De Filippi, giornalisticamente, chi se ne frega: a lasciare attoniti non è lei, che appunto è stata simpatica, ma il fatto che l’intera stampa online abbia avuto bisogno di un pretesto del genere per dare una notizia che, da sola, senza bisogno di pretesti, poteva essere a sua volta un buon pretesto per scrivere un ritratto finalmente decente di questo rampollo che non è più un rampollo: mica catalogare la cosa sotto «gossip» o «spettacoli». Ma forse siamo solo dei malfidenti: oggi, probabilmente, la stampa di carta rimedierà, magari il Corriere avrà già incaricato quel Daniele Manca che da anni, con Pier Silvio e Marina Berlusconi, figura un po’ come un Emilio Fede 2.0: anche qui, sia detto senza sarcasmo od offesa per nessuno; anzi, la sottolineatura è importante per evidenziare un limite nostro (della categoria giornalistica) e un eccellente lavoro di Mediaset: interviste perfette, forse troppo, tanto che distinguere le interviste fatte a Pier Silvio da quelle fatte a Marina talvolta pare complicato.
LO CHIAMAVANO DUDY
Comunque noi non siamo meglio. C’è qualche remotissimo ricordo personale dello scrivente, poi basta: come tutti gli altri, si scivola nei «si dice» e nelle indiscrezioni che assomigliano ai luoghi comuni. Personalmente conobbi Pier Silvio quando avevo 17-18 anni e lui 15-16, a Monza, dove c’era una compagnia di giro (si chiamavano proprio «compagnie», ai tempi) dove ogni tanto arrivava Pier Silvio soprattutto in centro, all’Arengario, anni 1984-85, pieno periodo paninaro con donne abbruttite da vestiario maschile e ragazzotti che si mettevano la terra sulla faccia (un fard) per accentuare l’abbronzatura da lampada. Pier Silvio no, niente particolari appariscenze tranne quella che era la sua condanna: la scorta. Era giustificata, benché fosse la coda lunga della prudenza del padre Silvio negli anni Settanta, periodo di rapimenti: nel 1976 la famiglia si era trasferita in Spagna proprio per questo. Per il resto, Pier Silvio appariva come una persona umile, semplice, simpatica senza strafare, tranquilla. Lo chiamavano già Dudy, anche se non ho mai capito perché. Nella compagnia c’era anche Carlo Gorla, che oggi è dirigente Mediaset ma, dal 1992 – stesso anno in cui Pier Silvio comincia a lavorare nel marketing di Publitalia – si è fatto tutta la gavetta partendo dallo sport. Dudy era un bel ragazzo, e ricordo una sua storiella con una mia amica che poi si confidava con me, Costanza. Un capodanno ci invitò tutti ad Arcore, in una taverna, presumo quella celebrata come sede dei baccanali paterni. Ricordo che si favoleggiava che al piano superiore, intanto, ci fosse un’altra festa con Craxi e varia gente famosa. Poi basta. Non ricordo altro, perché, paradossalmente, non lo vedetti mai più nonostante, una quindicina d’anni dopo, per tutt’altre strade, approdai a Mediaset. So che alcuni ragazzi gli sono rimasti amici, forse lui ha dato loro una mano, magari li ha intruppati in Publitalia: io, davvero, non l’ho rivisto mai più – conobbi e vidi cento volte il padre, per dire, o mi ritrovai a discutere di musica classica con Fedele Confalonieri – ma Pier Silvio mai-più-visto. Questo dice più di me che di lui, quindi chi se ne frega.
SPUNTI INTERESSANTI
Torniamo al cinquantenne e ai ritratti che non ci sono, questo compreso. Non improvviseremo, ora, delle valutazione economiche sul passato e futuro di Mediaset: incompetenze a parte, sarebbe un altro modo di eludere il protagonista di questo scritto. Si sa poco, di Pier Silvio, ma la verità è che è stata la stampa a snobbare un personaggio che spunti interessanti tuttavia ne offriva e ne offre: forse più della sorella, ci pare. Va bene, il signorino ha il culto del corpo e della palestra. Va bene, ha una collezione di auto da paura. D’accordo, a 21 anni ha avuto una storia con una modella, Emanuela Mussida, da cui è nata una bambina (1990) che si chiama Lucrezia Vittoria. Poi, dal 2002, la relazione con la conduttrice Silvia Toffanin da cui nel 2010 ha avuto il figlio Lorenzo Mattia e nel 2015 la figlia Sofia Valentina. Ecco, l’abbiamo scritto. Per il resto, di Pier Silvio, si sa poco essenzialmente per due ragioni: la prima è che se, anche tu fossi uno dei migliori calciatori italiani, ma tuo padre è Pelè, tu resterai il figlio di Pelè. La seconda ragione è che Pier Silvio oggi è azionista, vicepresidente e amministratore delegato di Mediaset, e insomma, il capo è davvero lui, decide lui da un pezzo benché non ami certo attardarsi in ufficio: ma, indipendentemente dalle cariche, non è sempre stato così, diciamo che in 25 anni è stata un’ascesa quasi impercettibile: e in questo senso è rimasto un po’ un fantasma. Ad accentuare la confusione di vertice c’è la straordinaria capacità dei vertici Mediaset, secondo circostanza, di lasciar intendere che loro personalmente non contano nulla – le decisioni sono sempre di qualcun altro – oppure che no, che ti credi, il vero capo sono io. Questo senza contare il jolly eternamente valido, «sai, ha deciso Silvio». La verità è che il ragazzo, Dudy, da tempo stra-decide da solo un sacco di cose, e non è più un ragazzo. Noi giornalisti ce lo siamo filato poco (ossessionati dal padre, a torto o a ragione) e a Dudy andava benissimo. Così compie cinquant’anni e il nostro pro-memoria è Maria De Filippi. Pare giusto. È un complimento per lei, ma non per noi.