Libero, 29 aprile 2019
Tanzi a quindici anni dal crac
Non saranno contenti i risparmiatori rovinati: Calisto Tanzi, il cavalier ex Parmalat, è sereno, a 80 anni. «Si incrocia abitualmente a Parma», ci raccontano. E allora ci mettiamo sulle sue tracce, parlano di una villa a Martorano, verso Reggio Emilia, ma là non si vede. Telefonata di conferma in Gazzetta di Parma e arriva l’indirizzo, a Fontanini di Vigatto, nella periferia ducale. Fermiamo un automobilista: «L’ho vista in televisione, la villa è lì, a sinistra». C’è il cancello alto, un lungo viale, è freddo, sono le 9 passate e Calisto non si vede. Suoniamo. Avevamo frequentato Calisto e il figlio Stefano al Parma calcio, dai primi anni ’90, e davvero avremmo voglia di una foto con lui, di salutarlo. Le otto coppe in dieci anni con i gialloblù, adesso crociati, la partita con la Juve finita 3-3, con due gol recuperati dal Parma, per due volte, raro anche 20 anni fa. Calisto è stato a suo modo un creativo, categoria tanto di moda oggi. Per la finanza, cioè anche per mantenere il Parma a livello mondiale, si è rovinato, dando forse il colpo di grazia ai bilanci Parmalat. Con il contabile Fausto Tonna e altri, aveva inventato una copertura finanziaria, un fondo in centro America, una scrittura falsa, e in fondo è stato accertato che i bilanci della Parmalat erano fasulli dal ’90, esattamente da quando prese il Parma, alla morte di Ernesto Ceresini, il presidente più amato, mentre stava volando verso la serie A. «Il Parma mi emoziona sempre», ci racconta di sera, «il calcio mi è sempre piaciuto e mi piace ancora. Allo stadio non posso andare». La moglie Anita lascia il numero di casa, chiamiamo, ci passa il cavaliere, un pio democristiano. «Che a un certo punto dava fastidio al sistema», garantisce Vincenzo, chef nella via dei ristoranti a Reggio, dopo 10 anni a Parma. La realtà è che Calisto inventò le sponsorizzazioni. La Parmalat nell’automobilismo, con la Brabham. Tanzi non ha mai fatto interviste, dall’arresto di 17 anni fa. «Potrei», rivela, «ma sono io che non voglio, preferisco non apparire. Invece parliamo normalmente, se vuole». Cioè privatamente, ma ci perdonerà, per avere raccontato la nostra chiacchierata affettuosa. Ricordiamo Hristo Stoitchkov, il bulgaro pallone d’oro, arrivato dal Barcellona, con berlina targata San Marino. «Curioso», gli dicemmo allora, e il trequartista bizzoso quasi ci minacciò fisicamente. Calisto segue il calcio dalla tv, dialoga magari con gli amici, ha una moglie fedelissima e tre figli. Stefano, presidente del Parma dal ’96, al posto del fido Giorgio Pedraneschi, lavorava nel Reggiano, a Casalgrande, alla ceramica Ricchetti, certo non ai forni. «Adesso è a Londra, ogni tanto torna a Parma». Si percepisce, al telefono, l’orgoglio del padre, anche nello spiegare dell’altra figlia, Laura, farmacista in città. E appena riusciamo andremo a trovarla, di certo chiederà di non essere ripresa, oltre che non intervistata, siamo abituati… Francesca era in Parmatour, divorziò da Salvatore Scaglia, dirigente del Parma e poi della Roma. Erano i tempi in cui era Juve-Parma su tutti i fronti, scudetto, coppa Italia e Uefa, magari. «Meritavamo almeno due scudetti», ci confessò Antonio Benarrivo, terzino vicecampione del mondo nel ’94. Tanzi aveva tanti nazionali e per mantenerli a Parma esasperò la creatività della sua finanza, addomesticò molti ma non gli arbitri, mai teneri, con la sua creatura. Non sono più di moda gli scudetti in provincia, dal 2002 è solo Juve, Inter e poco Milan. Calisto ci ha provato e si è scottato, aveva un universo infinito di aziende, da Collecchio al Sudamerica.
CAMPAGNA ACQUISTI
«Sono agli arresti domiciliari», ma in villa è quasi uno spasso. «Ho solo 3 ore di libertà, la mattina, e lei è venuto a suonare che ero proprio fuori». «A una visita medica», aggiunge la moglie Anita. Sennò sarebbe sceso e almeno l’avremmo rivisto, di sicuro magrissimo, tipo il figlio. «Sto discretamente, via». Calisto ha buona memoria, rammenta persino i gregari, le riserve, i nomi romantici delle sue 12 stagioni nel calcio. «Sorce arrivato dal Licata, dalla serie B, Pulga poi allenatore, del Cagliari, in A, e Matrecano. Susic, Cornelio Donati». Servirebbero ore per rievocare tutto, da Zola a Nevio Scala, alle partite della nazionale allo stadio Ennio Tardini. «Ricordo il custode dell’epoca, Corrado, e poi i dirigenti: Riccardo Sogliano, Michele Uva (vicepresidente Uefa) e Fabrizio Larini». Dalle sponsorizzazioni ai primi stranieri in maglia crociata: il portiere Taffarel dal Brasile, l’esterno Grun dal Belgio, poi diventato centrale, e l’attaccante Tomas Brolin dalla Svezia, anche per esportare il marchio Parmalat. Il centro sportivo a Collecchio, la Parmalat che fece la fine della Cirio e del suo presidente, Sergio Cragnotti. Calisto a 80 anni è sereno, neanche abbiamo il coraggio di chiedergli se rifarebbe tutto, l’ondata di odio nei confronti suoi si è placata da tempo, nessuno va a suonargli a casa, come abbiamo fatto noi. Calisto ha quel nome unico, tipo Ciriaco, De Mita, che alla Lazio aveva portato il figlio Giuseppe. Tanzi junior, Stefano, è magrissimo e garbato, era un presidente troppo educato, per questo calcio.
CRISTIANO RONALDO
Adesso il Parma ha 7 grandi imprenditori, capeggiati da Barilla, e un cinese in causa con loro, presidente spodestato. Calisto passeggia per Parma, si svaga ripensando agli errori. Sono decine, se non centinaia, gli imprenditori andati nel pallone con il pallone, in fondo è stata la Parmalat ad affondare il Parma, a un certo punto Calisto si era fatto prendere la mano, voleva essere il numero uno al mondo nel latte e derivati e nel football. Aveva in pugno il brasiliano Rivaldo, prima che si consacrasse campione e andasse al Barcellona e il suo Parma aveva messo gli occhi anche su Cristiano Ronaldo, quando aveva 16 anni. Calisto ha e si è emozionato, con il pallone. Faceva persino l’editore, del circuito Odeon, aveva partecipazioni a Teleducato, da un anno fusa con TvParma, arrivavano nella piccola Parigi, il lunedì, i più grandi opinionisti nazionali, compreso Ivan Zazzaroni, oggi direttore del Corriere dello sport. Calisto ospitava tanti, sull’aereo privato con cui i gialloblù, oggi crociati, andavano alla conquista dell’Europa: Coppa delle Coppe e due Uefa, supercoppa europea e finale persa di Coppa delle Coppe. Invitava anche i giornalisti, magari pensionati, dopo-lavoristi, insomma piccoli personaggi di piccole testate, proiettati dalla serie D di mezzo secolo fa, magari, ai viaggi in Europa. Lo chiamavano il lattaio, con quelle sue buone maniere era arrivato a scalare il potere, la finanza, sempre restando nell’ombra. Interviste rarissime, la famiglia nel Parma e nelle aziende. «Litigai con la figlia Francesca e me andai da pr crociato», dice Giorgio Gandolfi, parmigiano, una vita fra Torino e Milano, alla Stampa, in particolare. Calisto si era preso un pr internazionale, non aveva badato a spese, a immagine, a investimenti. Aveva costruito Collecchiello, il centro sportivo gioiello, levando la squadra dagli allenamenti in cittadella, mitici, aperti ai pensionati. L’impero è crollato 16 anni fa, lui finì in manette, il figlio anche ma per meno, il padre ha sofferto tanto ma forse rifarebbe molto. La fede l’ha sempre sostenuto, anche quando girava con il sondino al naso. Magrissimo, condannato a 17 anni e fischi, come dicono nel granducato. Non ha più il sorriso degli anni d’oro, quando era alleato proprio di Cragnotti e gli trasferì Crespo, per lo scudetto biancoceleste. Questa provincia di non più di 700mila abitanti gli è fondamentalmente grata. Tanzi aveva capito a metà anni ’80 il potenziale della sponsorizzazione sportiva, condivisa anche con Zanetti, mister Segafredo, oggi alla Virtus Bologna basket, capace di portare in formula 1 Ayrton Senna. Calisto portò Parma sul tetto d’Europa, non confermò Carlo Ancelotti dopo un biennio senza trofei, scelse Malesani, si aggiudicò tre coppe in cento giorni eppure perse gli scudetti, nonostante investimenti mondiali. Cedette Buffon e il campione del mondo Thuram alla Juve, Fabio Cannavaro, poi pallone d’oro, all’Inter, ridimensionò appena si rese conto che sarebbe crollato. Il Parma si salvò per miracolo, grazie alla legge Marzano, sarebbe fallito nel 2015, con Tommaso Ghirardi («Non l’ho conosciuto», dice Calisto), che vendette il pentoolone di debiti all’albanese Rezart Taci, con tentativo finale di Manenti, ex impiegato in supermercati. Adesso Parma ha un potenziale da Champions league, con quei 7. Al centenario, nel 2013, arrivò l’Europa league, mancata per un debito di 265mila euro, che poi fece aprire il pentolone dei debiti. Oggi Calisto è lì, guarda la tv e legge i giornali, a Fontanini di Vigatto. «Faccio il giardiniere e il nonno, mi vengono a trovare i nipoti. Qui è casa di mia moglie e qui venivano a cena i campioni». Per 20 anni fu tra i più potenti d’Italia. Chissà se davvero diede fastidio a qualcuno che glielo fece pagare...