La Lettura, 28 aprile 2019
Perché la nostra mente cerca i complotti
Matteo Motterlini, filosofo ed economista dell’Università San Raffaele di Milano, studia l’irrazionalità umana e i modi in cui prendiamo le decisioni. È autore di saggi divulgativi editi da Rizzoli, fra cui Economia emotiva (2006), Trappole mentali (2008) e Psicoeconomia di Charlie Brown (2015). Gli abbiamo chiesto di spiegarci le basi cognitive della mentalità complottistica.
Le «trappole mentali» sono un retaggio dell’evoluzione. Ma non sono affatto diminuite nel tempo. Perché?
«Non c’è dubbio che l’informazione nell’era di Google, dei social network e delle fake news rappresenti un detonatore di irrazionalità e ci renda particolarmente vulnerabili alle trappole mentali. Si tratta di “virus cognitivi” per cui non ci siamo ancora dotati di anticorpi e per cui non si intravede ancora un vaccino in grado di arrestare l’epidemia».
Partiamo proprio dai vaccini, quelli veri, uno dei casi più esemplari di successo della scienza. Quale trabocchetto della mente sta dietro alla decisione irrazionale di non vaccinare i figli?
«In generale preferiamo avere ragione anziché torto. Siamo cioè bravissimi a cercare l’evidenza che confermi le nostre teorie, e siamo spesso ciechi verso l’evidenza che le smentisce. Peccato però che sia proprio l’evidenza di tipo falsificante, cioè potenzialmente in contraddizione con le nostre credenze, quella che distingue la scienza dalla pseudoscienza. Per esempio, si sa che le persone tendono a leggere il quotidiano in accordo con le proprie idee, e chi è su Facebook si circonda di “amici” che la pensano come lui. Quindi: ci formiamo un’opinione, per esempio che i vaccini causino autismo; poi cerchiamo prove a suo favore. A questo punto è difficilissimo riuscire a mostrare a qualcuno che ha torto. Si è visto sperimentalmente che se si presentano dei dati allo scopo, le persone tendono in tutti i modi a selezionare solo quei dati che “confermano” la loro opinione; dove non ci sono dati a favore, arrivano persino a inventarli di sana pianta. Il che spiega anche il pernicioso e inarrestabile successo delle fake news. Ma c’è di peggio».
A che cosa si riferisce?
«L’effetto si accentua quando alla “trappola della conferma” si aggiunge quella del “falso consenso”, per cui credo che tutti la pensino esattamente come me. La trappola del falso consenso è tipicamente indotta e sfruttata da movimenti come i No Vax, per esempio, ma anche da gruppi politici. C’è un dato interessante: negli Usa i genitori che si interrogano se vaccinare o meno il loro figlio prima che questo sia nato, hanno otto volte più probabilità di non vaccinarlo. Che cosa significa? Significa che chi ha un dubbio va su Google o Facebook, si “documenta” e rintraccia l’evidenza a favore della sua idea… sbagliata. Se la mia diagnosi cognitiva è corretta, si potrebbe dire che gli antivaccinisti inoculano innanzitutto trappole mentali».
La storia è fatta di congiure più o meno riuscite. Ma anche di teorie complottistiche. Si possono spiegare con le scienze della mente?
«Rimaniamo sul caso dei vaccini, perché istruttivo anche per spiegare il meccanismo mentale complottista. L’autismo è solitamente notato dai genitori nel primo anno di vita per un ritardo di linguaggio, oppure al terzo per mancanza di sviluppo cognitivo o ritardo di apprendimento. Ovvero nel periodo in cui si fanno i vaccini e i loro richiami. Di fronte a una simile coincidenza, la mente umana ha un talento peculiare nel raggruppare l’informazione così da vedere una relazione anche dove non c’è (cadendo così nella trappola della “correlazione illusoria” o del “pensiero magico”). Attenzione: tracciare collegamenti, produrre uno schema, cercare cause è una qualità evolutivamente utilissima per rispondere in modo dinamico all’ambiente complesso e in costante cambiamento in cui viviamo. Peccato però che la mente tenda spesso ad abusare di questa capacità. La convivenza con il caso può essere psicologicamente intollerabile. Ecco che non riusciamo a valutare con equilibrio una mera coincidenza. Lo stupore per l’occorrenza di due eventi – così pregnanti per la nostra immaginazione come vaccini e autismo – porta ad abbandonare la logica e le leggi della probabilità per rintracciare una causa e un effetto. Non possiamo farci nulla, è naturale. Deve esserci una spiegazione, deve esserci un colpevole: forse Roberto Burioni o Big Pharma! Succede nella vita di tutti i giorni. Ed è la base psicologica del complottismo. Tecnicamente si chiama agency detection (rilevazione degli agenti): una moderna caccia alle streghe che risponde all’esigenza umana di incolpare qualcuno o qualcosa: l’euro, il turbocapitalismo, Soros, i migranti. Se non ci credete, chiedetevi come sia possibile che la gente cerchi un motivo anche per i numeri ritardatari al lotto!».
Poi c’è chi cavalca queste tendenze.
«I talk show sono pieni di “tiratori scelti” e presunti opinionisti che prima sparano con il fucile vari colpi sulla porta del fienile, poi disegnano attorno un bel bersaglio colorato, quindi invitano il pubblico per vantarsi della loro mira infallibile. Ci comportiamo anche noi così tutte le volte che isoliamo un gruppo di fatti fuori dal loro contesto, e ci costruiamo intorno un bersaglio. Vedo tutti i bambini autistici vaccinati, ma ignoro tutti i bambini vaccinati non autistici (che sono ben di più). Ma ciò ha lo stesso valore nel provare un legame causale tra vaccini e autismo di quanto i fori sulla porta del fienile ne hanno nel dimostrare la buona mira del tiratore. In breve, il caso ha delle ragioni che la ragione non vuole riconoscere; e per questo inciampiamo in letture della realtà complottiste, pregiudiziali, o perfino superstiziose o mistiche».
Oggi spesso i pregiudizi cognitivi sono alimentati dai governanti. Che cosa può fare la buona politica?
«La politica potrebbe rivolgersi agli straordinari risultati delle scienze comportamentali, per una nuova arte del governo che tenga conto del reale comportamento dei cittadini e della possibilità di migliorarlo, avvicinando l’economia alle scienze che funzionano. Un’economia più umana e sperimentale e allo stesso tempo più aderente alla sua vocazione originaria di efficiente allocazione delle risorse scarse. Invece si assiste a un maldestro tentativo di servirsi delle scienze cognitive per sfruttare l’umana irrazionalità a scopi propagandistici».