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 2019  aprile 28 Domenica calendario

Cremonini sulle orme di Gaber

«No, non ho mai avuto modo di incontrarlo o di vederlo a teatro. Questione di anagrafe. Però mi è capitato nella vita, Giorgio Gaber, in un momento cruciale, dopo la sbornia del successo dei Lùnapop, quando ero uno stordito che non capiva se quello che gli era successo fosse dovuto più alla fortuna o più al talento». Cesare Cremonini se lo ascoltava di notte, «con le cuffiette, ossessivamente, uscito dall’ubriacatura: quando ho preso in mano me stesso e ho capito che, da cantautore italiano, dovevo fare i conti con una tradizione inarrivabile. Con Pasolini è stato, da allora, una figura sorvegliante, un angelo custode». Capitava anche, aggiunge, che lo proponesse alle numerose fidanzate, «dopo aver fatto l’amore, con insistenza: diciamo, dieci minuti di me e due ore di Gaber». Non stupisce che molte ne rimanessero stranite. 
Il senso del gesto
Sul palco del Piccolo Teatro, davanti a un affollato pubblico intergenerazionale, per la rassegna «Milano per Gaber» che stavolta, alla dodicesima edizione, è ancora più decisiva perché celebra gli ottant’anni di Giorgio, Cremonini ricorda «quello che aveva capito tutto e con tanto anticipo». E le affinità elettive fra il giovanotto bolognese che conquista i palasport e il profeta del Teatro Canzone si dipanano a poco a poco, sotto le domande della nostra Marinella Venegoni. 
La teatralità, innanzitutto: «Il senso del gesto, la capacità di comunicare in maniera intima con il pubblico anche in un grande spazio», che per esempio a Cesare riesce benissimo anche nel catinone di San Siro, con Al tuo matrimonio: e poi basta vedere una clip molto ben confezionata per l’occasione per accorgersi di come i due ragazzi Gaber e Jagger, tutti e due figli della guerra e delle rivolte Anni Sessanta, possano ancora insegnare moltissimo al neanche quarantenne Cremonini su come si possa usare il corpo, oltre alla voce, per esprimere idee ed emozioni. «Con Freddie Mercury, l’altro mio angelo custode».
Ma siccome certe volte gli angeli custodi rompono le scatole e le convenzioni, c’è anche il Gaber che metteva il dito nell’occhio al pubblico, proprio quel pubblico che si era costruito su misura, amorevolmente, ma che gli rimaneva fedele perché, dopo essersi sentito provocato e magari anche offeso, cominciava a riflettere. 
Ecco i 
Polli di allevamento
, che erano per l’appunto quelli seduti ad ascoltarlo, «coi vostri stivaletti gialli e le vostre canzoni, nutriti a colpi di musica e di rivoluzioni», e si era nel mezzo dei fiammeggianti e ideologici Settanta; o ancora, in 
Chiedo scusa se parlo di Maria
, lo scandalo di occuparsi di sentimenti e non di politica.
«Niente lo fermava»
«Lo contestavano, e mi fa impressione», commenta Cremonini. «A me quello oggi non succede, ma è poi peggio essere criticato dal pubblico o sentire che alla fine del concerto pensano solo a dove andare a mangiare la pizza? Il guaio è l’ascolto distratto, da Spotify, con la musica che diventa sottofondo». Come autorizzato da Gaber «la mia entità sorvegliante, uno che non si fermava davanti a niente e che mi dà coraggio», Cesare lancia qualche strale. Contro la disinformazione e la perdita di potere delle parole: «Mi manca il Novecento, mi manca perfino il fatto che fossimo tutti lì davanti al Tg1 e potessimo crederci, oggi che siamo soffocati da milioni di informazioni inutili. Leggeteli i giornali, l’approfondimento serve». 
La verità a tutti i costi
E ancora: «Dire e ascoltare cose intelligenti sembra diventato fuori moda». Oppure: «Trovo distruttivo che, nelle classifiche di vendita, si tenga conto dello streaming: sulla base dell’ascolto dei ragazzini, l’industria discografica finisce per emarginare molti talenti, occorrerebbe diversificare, non proclamare il disco più venduto ma riconoscere chi fa bene nei settori più diversi. E poi: ti pare che, siccome adesso c’è Netflix, dobbiamo lasciar perdere il cinema?».
Verso la fine dell’incontro, ammette che un Sandro Luporini, inteso come il complice nella vita di Gaber, il suo alter ego artistico, gli manca «eccome. Qualcuno che ti dica la verità, con cui confrontarti. Non smetterò mai di cercarlo». Poi passa all’omaggio più istintivo, che è quello cantato. Sullo schermo arriva L’orgia, un Gaber beffardo che porta in tour fin dai tempi di Maggese. E dal vivo, a cappella, un pezzetto dell’Uomo che perde i pezzi. Presto in concerto?